Starting Point N. 10: “And the winner is…”

Pubblicato il 2 Maggio 2011 alle 19:46

Una ventina di giorni fa MangaForever vi aveva annunciato la lista dei candidati per gli “Eisner Awards” del 2011, presentando una lunga lista di opere in gran parte inedite e/o poco conosciute in Italia. Questa puntata di Starting Point, di impostazione diversa rispetto alle altre apparse fin’ora, vuole essere una sorta di “guida” per permettervi di farvi un’idea riguardo alle opere e agli autori candidati nelle principali categorie, al fine di poter valutare al meglio quale lavoro ritenete più meritevole o quale fumetto potrebbe interessarvi maggiormente.

Prima di tuffarci nella nostra disamina riassumiamo brevemente la storia di quello che è forse il premio più importante dell’industria fumettistica americana: tutto ha inizio nel 1987 quando una disputa tra la casa editrice “Fantagraphics” e David Olbrich (suo dipendente) riguardo la paternità dei “Kirby Awards” (nati appena due anni prima) determina la nascita di due nuovi premi, da un lato gli “Harvey Awards”, patrocinati dalla “Fantagraphics” e dedicati ad Harvey Kurtzman, geniale creatore di “Little Annie Fanny” e fondatore della seminale “Mad”, dall’altro gli “Eisner Award”, promossi da Olbrich e dedicati ad una delle figure più importanti per lo sviluppo del fumetto in generale: Will Eisner, tanto per ricordare alcune (pochissime) sue opere: “The Spirit” (serie in grado di travalicare i confini del fumetto pulp e supereroistico, capace di fornire spunti creativi per intere generazioni di autori), “Contratto con Dio”, “Il Palazzo”, “Il Sognatore” (lavori in cui il vero protagonista è la quotidianità che irrompe prepotentemente sulla scena e si mostra capace di appassionare il lettore quanto e più delle avventure di uomini fuori dal comune, il tutto racchiuso da una cornice che diventa parte integrante della vicenda: la Città).

I candidati agli “Eisner Awards” vengono stabiliti da una giuria di esperti e poi votati da professionisti del settore (da scrittori e disegnatori a “fumettari” di tutto il mondo, fatta eccezione per giornalisti, critici e “fans”), per il 2011 sono state individuate 28 categorie, più un premio “Alla carriera” assegnato a 4 autori che hanno fatto la storia del genere. Il premio viene assegnato al “San Diego Comicon” e negli anni ha incoronato autori ed opere quali: Neil Gaiman (“Sandman”, “Miracle Man”, “Books of Magic”), Alan Moore (“Watchmen”, “From Hell”, “The Killing Joke”, “Promethea”, “Top Ten”), Frank Miller (“Sin City”, “300”), Ed Brubaker (“Capitan America”, “Criminal”, “Daredevil”), Bill Willingham (“Fables”), Jeff Smith (“Bone”), Chris Ware (“Acme Novelty Library”), Brian Michael Bendis (“Powers”, “Daredevil”, “Alias”, “Ultimate Spider-Man”) .

Partiamo quindi dai premi già assegnati, quelli alla carriera, che quest’anno hanno segnato l’ingresso nella “Hall of Fame” di autori come: Lynd Ward (incisore attivo negli anni trenta e tra i primi a creare veri e propri Graphic Novels senza parole, per ulteriori informazioni vi rimando all’articolo di Starting Point dedicato proprio a questo genere narrativo); Ernie Bushmiller (prima ghost-writer della serie “Fritzi Riz” di Larry Whittington e poi creatore di “Nancy”, famosa in Italia col nome di “Arturo e Zoe”, pubblicata negli anni ’60 su “Il Monello” e “L’Intrepido”); Jack Jackson (aka Jaxon, uno dei primi autori del fumetto “underground”, co-fondatore della seminale “Rip Off Press”, che diede alle stampe le storie dei “Freak Brothers” di Gilbert Shelton, ed autore di importanti fumetti di denuncia rispetto allo sterminio degli indiani perpetrato dai coloni americani) e Martin Nodell (creatore grafico di Alan Scott, la “Lanterna Verde” della golden age, firmatosi per gran parte della carriera come Mart Dellon, poiché secondo lui in quegli anni fare fumetti “non era una cosa di cui andare fieri”, fonte wikipedia).

Veniamo subito ai riconoscimenti principali, per il titolo di “Miglior Scrittore” troviamo candidati:

– Ian Boothby per “Comic Book Guy: The Comic Book” e per alcuni numeri di “Futurama” e di “Simpsons Comics” della “Bongo Comics” (“Comic Book Guy: The Comic Book” è candidata anche come “Miglior Pubblicazione di Genere Comico”, personalmente non ho mai trovato particolarmente divertenti queste versioni a fumetti delle creature di Matt Groening, il “Tizio del Negozio dei Fumetti” è però uno dei personaggi che trovo più riusciti dal punto di vista parodistico, ancor più che da quello comico, capace di rappresentare efficacemente un mondo pieno di idiosincrasie e di dispute su dettagli marginali come quello degli iper-appassionati di fumetti; Boothby è anche il responsabile del cross-over tra “Futurama” e “I Simpson” che trova una candidatura come “Miglior Ristampa”, altra storia che per me non dovrebbe essere in lista);

Joe Hill per “Locke & Key” della “IDW” (la serie, candidata anche come “Miglior Serie Ongoing” e “Miglior Numero Singolo”, racconta la storia dei fratelli Locke che, rimasti orfani di padre, si trasferiscono a vivere con la madre a Lovercraft, in Massachusetts, mentre forze antiche tramano nell’ombra. Ancora una volta l’immaginario dello scrittore di Providence la fa da padrone e torna a popolare le pagine di un fumetto dopo l’ottimo “Lovecraft” di Hans Rodionoff, Keith Giffen ed Enrique Breccia, a metà tra horror, dramma psicologico e storia autobiografica, edito in Italia da “Magic Press”; “The Strange Adventure of H.P. Lovecraft” di Mac Carter, Adam Byrne e Tony Salmons edito da “Image” e i racconti della raccolta “Incubi” di Michele Penco, autore completo dal tratto estremamente evocativo e dettagliato che ricorda i lavori a penna di Greg Ruth, ma che deve ancora migliorare a livello narrativo, edita da “Double Shot”, per citare soltanto alcune delle ultime uscite. Di “Locke & Key” in italiano trovate il primo volume con l’inizio della prima story line per i tipi della “Magic Press”);

John Layman per “Chew” della “Image” (la serie, in Italia grazie a “Bao Publishing”, è incentrata sulle investigazioni della “Food and Drug Administration”, divisione della polizia americana nata in seguito ad una pandemia di aviaria responsabile della morte di più di 20 milioni di cittadini statunitensi ed incaricata di vigilare sui reati legati alle sofisticazioni alimentari ed in particolare al commercio illegale di pollame. Il protagonista è Tony Chu, detective “cibopatico”, in grado cioè di scoprire la storia di ogni pietanza semplicemente mangiandola. Layman imbastisce una trama appassionante con ritmi rapidi e continue provocazioni che costringono il lettore ad interrogarsi sul proprio rapporto con il cibo, sulle implicazioni sociali dell’alimentazione e su temi quali il proibizionismo e la paura come strumento di controllo);

Jim McCann per “Return of the Dapper Men” della “Archaia” (McCann, conosciuto soprattutto per le sue run su “New Avengers: The Reunion” e “Hawkeye and Mockingbird”, recentemente pubblicata in Italia da Panini, ci porta ad Anorev, città popolata da soli bambini in cui, riprendendo la presentazione del volume, “i bambini giocano così tanto da averlo fatto diventare un lavoro, le macchine lavorano così tanto da averlo fatto diventare un gioco e gli orologi si sono inspiegabilmente fermati”. E’ in questo contesto che all’improvviso, in una sorta di fiabesca “Golconda”, iniziano a piovere dal cielo uomini con la bombetta incaricati di riportare le cose alla normalità. I disegni che ricordano le illustrazioni in tinte pastello di certi libri per bambini sono dell’ottima Janet Lee, anch’essa candidata ad un Eisner come “Miglior Pittrice/Artista Multimediale”, al fianco di un talento come Juan Guarnido, candidato per l’ottimo lavoro su “Blacksad”);

Nick Spencer per Morning Glories”, “Shuddertown”, “Forgetless” e “Existence 3.0” tutte della “Image” (“Morning Glories”, candidata anche come “Miglior Serie Ongoing” e “Miglior Nuova Serie”, ci mostra la vita di sei studenti della “Morning Glory Academy”, prestigiosa scuola privata che nasconde terribili segreti. L’idea non è certo nuova e sul web si sprecano gli accostamenti a “Il Prigioniero” o ai “Runaways”, Spencer però è capace di imbastire una trama che non concede respiro al lettore, travolto da continui colpi di scena e costretto a voltare una pagina dietro l’altra senza riuscire a smettere. I disegni di Joe Eisma, invece, non paiono all’altezza e finiscono con l’inficiare la riconoscibilità dei vari personaggi. “Shuddertown”, invece, è un thriller venato di horror, in cui una catena di omicidi sembra riconducibile a colpevoli già defunti).

Come “Miglior Artista Completo” la sestina comprende:

Daniel Clowes per “Wilson” della “Drawn & Quarterly” (l’opera dell’acclamato autore di “Ghost Stories”, “David Boring” e “Ice Haven” è disponibile in italiano grazie alla “Coconino” e racconta la storia di un uomo comune, in parte modellato sull’esperienza di vita dell’autore stesso, alle prese con un quotidiano “normalmente” noioso e con relazioni sociali che, per quanto si sforzi, finiscono sempre col risultargli pesanti. In “Wilson” Clowes usa una ricca varietà di stili grafici, dai più caricaturali ai più realistici, adattando il disegno alla narrazione ed omaggiando sia i grandi del fumetto underground americano che le strisce comiche dei quotidiani);

Darwyn Cooke per Richard Stark’s Parker: The Outfit della “IDW” (continuano gli adattamenti dei romanzi di Richard Stark, aka Donald E. Westlake, con protagonista Parker, criminale tradito dal socio e dalla moglie, sopravvissuto alla morte e deciso a recuperare i suoi soldi ed ottenere vendetta. Cooke ancora una volta si dimostra a suo agio con le atmosfere hard boiled, già esplorate nella serie di “Catwoman” scritta da Ed Brubaker, riuscendo a trascinare il lettore in un mondo squallido e freddo in cui non ci si può fidare di nessuno, nemmeno del protagonista, un mondo in cui è il “blue” a farla da padrone. In Italia la serie che consterà di quattro uscite è pubblicata da “BD”);

Joe Kubert per Dong Xoai, Vietnam 1965” della “DC” (l’ottantacinquenne Kubert è uno dei mostri sacri del fumetto supereroistico americano, nel corso di tutta la carriera ha però dimostrato di trovarsi perfettamente a suo agio anche con storie realistiche, vedi “Yossel” o “Fax da Sarajevo”, e, soprattutto, con storie di guerra come quelle di “Enemy Ace”, “Sgt. Rock”, “Il Soldato Fantasma” o questa “Dong Xoai” dedicata alla guerra del Vietnam. “Dong Xoai” racconta la storia, ispirata a fatti realmente accaduti, di un’unità speciale dell’esercito americano inviata in Vietnam prima dello scoppio del conflitto con compiti umanitari e il divieto di aprire il fuoco se non attaccati. La vicenda diventa il pretesto per mostrare la capacità, da un lato, di conservare la propria umanità e, dall’altro, di andare oltre i propri limiti in situazioni estreme. I soldati di Kubert sembrano seguire una logica a metà tra quella del super-eroe e quella dell’anti-eroe dei romanzi pulp, diventando superuomini immuni al dolore, alle frustrazioni e agli orrori della guerra, cercando sempre di rispettare gli ordini e mettendo il bene dei compagni sopra al proprio. Graficamente l’opera assomiglia più ad una sceneggiatura che ad un fumetto, Kubert decide, infatti, di eliminare qualsiasi confine, sia esso il bordo di una vignetta o il baloon di un dialogo, è la pagina nella sua interezza, quindi, a fare da sfondo ad un’azione caratterizzata da unità di tempo e spazio, proprio come nelle opere dell’italiano Sergio Toppi);

Terry Moore per “Echo” della “Abstract Studio” (per farvi un’idea sull’opera fantascientifica, giunta in Italia al quarto volume sotto etichetta “Free Books”, dell’autore di “Strangers in Paradise” vi rimando direttamente alle interessanti recensioni presenti su Mangaforever);

James Sturm per “Market Day” della “Drawn & Quarterly” (conosciuto in Italia quasi esclusivamente per la raccolta di racconti “Americana”, edita da “Coconino”, Sturm con “Market Day” torna a presentarci la vita degli ebrei d’America, partendo questa volta dai primi del novecento e percorrendo tutta la vita di un artigiano del tessile alle prese con l’evoluzione dei sistemi produttivi e commerciali e con la propria vita. In quest’opera l’autore mostra di aver fatto propria la lezione di Eisner, autore tra i primi in America a comprendere la grande forza narrativa della vita comune e l’importanza del contesto, assurto a vero e proprio co-protagonista);

Naoki Urasawa per “20th Century Boys” della “VIZ Media” (questo lavoro, candidato anche al premio come “Miglior Edizione Americana di Materiale Asiatico” ed edito in Italia da Panini, narra le gesta di un gruppo di amici delle elementari che, ormai adulti, si trovano a doversi riunire per fermare i piani de “L’Amico”, personaggio a metà tra divinità, santone e dittatore, creato nel corso di uno dei loro giochi e divenuto inspiegabilmente e terribilmente reale. La storia tocca temi scottanti come quello delle sette religiose e del condizionamento psicologico, oltre che valori universali come l’amicizia o la lotta per la libertà, con sensibilità e profondità, ma la vicenda, a mio avviso, finisce col risultare ripetitiva col susseguirsi dei tankobon).

La categoria “Miglior Serie Ongoing” vede tra le proposte, oltre alle già presentate “Chew”, “Echo”, “Locke & Key”, “Morning Glories” e “20th Century Boys”, “Scalped”, serie “Vertigo” scritta da Jason Aaron ed ambientata in una riserva indiana.

In “Scalped” il mondo degli indiani d’America dei giorni nostri ci viene mostrato in tutta la sua crudezza e squallore, senza cedere a buonismi o suggestioni new age, ma, come dice Sergio L. Duma nella sua recensione per MangafFrever, attraverso un “mix di thriller e denuncia sociale” che non disdegna di affrontare drammi quali l’alcolismo dilagante o le lotte legate al business dei casinò.

Per altre informazioni, anche sulla buona edizione italiana made in “Planeta”, vi rimando proprio alle recensioni che trovate su MangaForever.

La categoria “Miglior Nuova Serie” è forse quella con le nomination che mi hanno convinto di meno, insieme al pluricandidato “Morning Glories” troviamo infatti: “Superboy” (“DC”) di Jeff Lemire e Pier Gallo, serie supereroistica su cui mi ero già espresso in una precedente puntata di “Starting Point”; “American Vampire” (“Vertigo”) di Scott Sneyder, Steven King e Raphael Albuquerque, opera che, complice il mio scarso amore per le storie di vampiri, non ha saputo appassionarmi (qui trovate maggiori info a riguardo); “iZombie” (“Vertigo”) di Chris Roberson e Michael Allred, il mio voto va proprio a questa serie che, nonostante si inserisca nel filone che dal successo di “The Walking Dead” in poi ci ha sottoposti ad un bombardamento di non-morti in tutte le salse (en passant vi consiglio la lettura di “Fragile” di Stefano Raffaele pubblicata da “Saldapress”), mantiene comunque una certa originalità (la vicenda è quella di Gwen, ragazza zombie che ha conservato la propria intelligenza ed è motivata a condurre una vita “normale”, per sua sfortuna però è costretta a cibarsi di un cervello umano al mese, pratica che le consente di mantenere la sanità mentale ma la costringe a rivivere i ricordi dell’ex-proprietario del suo pasto.

A lei si affianca una “fantasmessa” dal gusto retrò ed un cane-mannaro e ben presto la combriccola, simile a quella di “Being Human” per chi segue il telefilm, si trova a dover investigare su un misterioso omicidio); ultima candidata è, invece, “Marineman” di Ian Churchill (“Image”), un mix tra biologia marina e Aquaman raccontato con leggerezza ed intelligenza.

Chiudo questa spero esaustiva panoramica dando uno sguardo alle categorie “Miglior Serie Limitata” e “Miglior Nuovo Romanzo Grafico”. Nella prima si scontrano il nuovo spin-off in salsa spionistica di “Fables”: “Cinderella: From Fabletown with Love” (“Vertigo”) di Chris Roberson e Shawn McManus (qui ne trovate una recensione); Baltimore: The Plague Ships(“Dark Horse”), horror ambientato durante la prima guerra mondiale e realizzato da Mike Mignola, Christopher Golden e Ben Stenbeck (già disegnatore di “Witchfinder”); “Joe the Barbarian” (“Vertigo”), storia meta-fumettistica in cui Grant Morrison mostra tutto il suo amore per i fumetti, guidandoci nel mondo di Joe, ragazzino diabetico maltrattato dai bulli della sua scuola e con una passione travolgente per i fumetti e il disegno, passione capace di trascinarlo in mondi forse neanche troppo fantastici; “Stumptown” (“Oni”), storia in stile hard boiled in cui Greg Rucka ripropone le tematiche e atmosfere che gli hanno garantito il successo; il vero capolavoro è però “Daytripper” (“Vertigo”, edito in Italia da “Planeta”), dei fratelli brasiliani Gabriel Bà e Fabio Moon, capaci di dare vita, o meglio “morte”, a Bras de Oliva Dominigos, uomo comune  che ad ogni capitolo racconta un momento significativo della propria vita e nel farlo ci mostra come sarebbe potuto morire in quella circostanza. Queste morti sembrano voler rimarcare come la crescita debba necessariamente rappresentare una cesura rispetto a ciò che era prima e che adesso non può più essere, un inevitabile distacco che avviene ogni volta in maniera diversa e che non può non lasciare un ricordo, un’emozione. Ed è proprio nella sensibilità con cui sono riusciti a mettere su carta tutte le emozioni provate dal loro personaggio che risiede l’abilità dei due autori, emozioni che finiscono col contagiare il lettore che non può fare a meno di vedersi riflesso, rappresentato nelle storie di Bras.

Tra i romanzi grafici risultano invece candidati oltre a “Market Day”, “Return of the Dapper Men” e “Wilson”, di cui abbiamo già parlato, anche Finding Frank and His Friend” (“Curio&Co.”), raccolta di schizzi preparatori, documenti e tavole di “Frank and His Friend”, striscia a fumetti di Clarence “Otis” Dooley con protagonista un bambino e il suo pupazzo Frank, e soprattutto “Elmer” (“SLG”), di Gerry Alanguilan, graphic novel che esplora temi come la convivenza tra etnie diverse, il rapporto tra identità e società moderna e la metamorfosi dei valori “tradizionali” dal punto di vista di una famiglia di polli intelligenti! Il realismo del bianco e nero dei disegni del filippino Alanguilan contribuisce a dare credibilità alla vicenda che, attraverso l’espediente dell’antropomorfizzazione (cui precedente illustre è sicuramente “La Fattoria degli Animali” di Orwell), consente al lettore di raggiungere quel distacco sufficiente per riflettere criticamente sulla propria società e sul proprio mondo quotidiano.

Vi lascio con il consiglio di visitare i siti delle serie candidate come “Miglior Fumetto Digitale”, modalità artistica che sembra avere le potenzialità per poter, un giorno, rivoluzionare l’intera industria a fumetti, come afferma anche Karl Kerschl, autore di “The Abominable Charles Christopher”: “I wanted to support the idea that an independent, self-published anthology could make it to the top of Amazon’s Bestseller List for at least one day through word of mouth and grassroots networking. This is the future of publishing, as far as I’m concerned. Great content sold directly to the readers by the people who created it.” (“Voglio sostenere l’idea che un’antologia indipendente ed autoprodotta possa arrivare, per un giorno, in cima alla classifica dei libri più venduti di Amazon grazie solo al passaparola. Questo, per quanto mi riguarda, è il futuro dell’editoria. Grandi storie vendute ai lettori direttamente dalle persone che le hanno create.”)

Eccovi i link:

  • Abominable Charles Christopher, by Karl Kerschl, www.abominable.cc
  • The Bean, by Travis Hanson, www.beanleafpress.com
  • Lackadaisy, by Tracy Butler, www.lackadaisycats.com/comic.php
  • Max Overacts, by Caanan Grall, occasionalcomics.com
  • Zahra’s Paradise, by Amir and Khalil, www.zahrasparadise.com (diario di un cittadino iraniano impegnato con la madre nella ricerca del fratello scomparso durante i disordini di Teheran del 2009 e che diverrà presto un libro per i tipi di “Rizzoli/Lizard”)

L’appuntamento con “Starting Point” è, come al solito, tra due settimane con una puntata dedicata ad una casa editrice che, pur con un catalogo ancora “ristretto”, ha saputo proporre opere di qualità e che difficilmente avrebbero avuto visibilità altrove. Non vi faccio il nome perché ho ancora in mente 3 o 4 editori e non riesco a decidere su quale concentrarmi ;).

Voi, pensando a tutti gli editori italiani e soddisfacendo i criteri cui accennavo poco sopra, chi scegliereste?

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