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I Migliori

Il fascino del retrò: ecco 5 giochi da non perdere

Teodoro Cidonio 17/11/2015

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Sicuramente negli ultimi tempi gli sviluppatori indie sono riusciti a guadagnare sempre più importanza all’interno del panorama videoludico, a forza di giochi eccezionali e convincenti che spaziano dagli horror in prima persona, come il recente Soma o The Forest a platform come Super Meat Boy.

Tra i generi più popolari degli ultimi tempi vi è quello della pixel art, ossia un ritorno agli stilemi grafici dei videogiochi degli anni ’80 e ’90, con la produzione di titoli molto elaborati dal punto di vista artistico. Ecco quindi una breve lista di 5 esponenti del genere capaci non solo di appassionare moltissimi videogiocatori, ma anche di riscuotere notevoli apprezzamenti dalla critica.

Lone Survivor

E’ vero, nell’ambiente indie ci sono team di sviluppo molto piccoli, ma raramente sono piccoli come Superflat Games, un’azienda inglese dietro alla quale vi è una sola persona: Jasper Byrne. The Lone Survivor è stupefacente anche solo per questo motivo, trattandosi di un gioco in cui grafica, game design e colonna sonora sono stati curati dalla stessa persona, peraltro con risultati eccellenti.

E’ la prova che non sempre serve una grafica iper-realistica per riuscire ad instillare ansia e preoccupazione a chi si approccia ad un titolo horror, bastano semplicemente pochi pixel e molta creatività. Il primo impatto con il gioco non può che essere sorprendente, ritrovandosi scagliati in un’atmosfera inquieta, che magari non terrorizza, ma sicuramente fa di tutto per  non far sentire il giocatore a proprio agio. D’altronde il compito del protagonista è quello di investigare sui misteriosi accadimenti che prendono luogo nel resident in cui, a quanto pare, si trovava a trascorrere la notte.

Nella quasi totale oscurità, attanagliati dalla penuria di batterie per la torcia e dalla fame, ci si ritroverà a fare gli incontri più disparati, tra mostri e strane figure umane, spesso nemmeno consce dei pericoli da cui sono circondate. Lone Survivor è un survival horror come ne esistono pochi nel panorama videoludico, a tratti addirittura crudele con il videogiocatore, a cui dà sì i mezzi strettamente necessari per sopravvivere ma al quale allo stesso tempo non ammette errori.

Non si tratta di un titolo nuovo o di qualcosa di mai visto, bensì di un titolo che, riunendo in sé molti elementi positivi presi da altri giochi, riesce a delinearsi come un unicum nel suo genere, fosse anche solo per la straordinaria cura con cui è stato sviluppato.

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To The Moon

Il punto di partenza della creatura di Kan Gao e Freebird Games è la morte, un avvenimento certo da cui inizia un viaggio a ritroso attraverso ciò che la vita è stata e ciò che sarebbe potuta essere. Si racconta il vissuto di un anziano vedovo che ormai verso la fine dei suoi giorni ha un solo grande desiderio: andare sulla Luna.

A cercare di avverare i suoi sogni ci saranno Eva Rosalene e Neil Watts, due dottori che tramite strani e complicati macchinari hanno la possibilità di instillare nelle persone falsi ricordi in modo da riscattare prima della morte la loro esistenza. Durante questa avventura ci si ritroverà quindi a controllare i due scienziati e farli viaggiare a ritroso attraverso le memorie dell’anziano Johnny, tra momenti felici ma anche tra i tanti misteri che affollano la sua vita.

To The Moon non spicca per il suo gameplay che alterna sequenze riuscite ad altre prive di enigmi e fin troppo riflessive, ma per quello che riesce ad offrire al giocatore dal punto di vista emotivo. Per quanto sia retrò la grafica, il gioco si basa comunque sul rivivere l’intera vita di un uomo, negli alti e bassi, partendo dalla certezza che questa stia ormai per volgere al termine.

Ecco, quindi se ci si approccia a questo titolo tenendo ciò bene in mente e cercando di capire ciò che il gioco ci vuole raccontare, allora probabilmente esso sarà capace non solo di commuovere ma anche di regalare un’esperienza indimenticabile.

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Hotline Miami

Hotline Miami è il prodotto di due brillanti menti, Jonatan Söderström e Dennis Wedin, videogioco che ha convinto pubblico e critica portando una ventata d’aria fresca nel mercato videoludico. Si tratta delle perfetta unione tra un trama semplice e sopra le righe, un gameplay ben costruito e frenetico ed un comparto artistico di ottima qualità.

Per meno di 10€ ci si ritroverà a controllare un losco sicario che tra contratti, cadaveri e misteriosi personaggi si farà strada per edifici e livelli pieni di nemici pronti a rispondere al fuoco. Nonostante l’aspetto narrativo passi in secondo piano, non risulta mai banale, evitando quindi di trascinare in un mero sfogo di violenza tutto il gioco. È tuttavia inutile nascondere che Hotline Miami non è un gioco per tutti, rischiando di sembrare ai più l’ennesimo scontato elogio al sangue.

In un certo senso le polemiche nate attorno a questo prodotto ricordano quelle riguardanti l’ultimo film di Tarantino, Django Unchained, forse entrambi prodotti troppo visionari per il palato di molte persone. Resta comunque uno dei più validi esempi di come l’ambiente indie riesca spesso a proporre ai videogiocatori idee interessanti e ben realizzate.

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The Escapist

Forse in pochi ci avrebbero scommesso ma l’idea di unire una trama che ricorda Prison Break ad una grafica in stile 8 bit è perfettamente riuscita ai ragazzi di Mouldy Toof. The Escapist riesce (con qualche debolezza) a proporre un’esperienza molto ragionata, in cui ci si ritroverà a dover progettare fin nei minimi dettagli un’evasione, partendo da un tutorial semplice che però non riesce a spiegare al giocatore tutte le possibilità che gli si aprono davanti.

Probabilmente questo è l’unico vero difetto del gioco, che dopo essersi presentato come un titolo ben lungi dall’essere casual, non approfondisce gran parte delle proprie caratteristiche, rischiando quindi di sembrare un prodotto riuscito a metà.

Rimane comunque un titolo super consigliato, anche nella sua variante dedicata alla celebre saga di The Walking Dead, che magari riesce ad allargare ulteriormente il possibile target a cui puntano gli sviluppatori.

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Gemini Rue

Negli ultimi anni le avventure grafiche hanno ricevuto nuova linfa vitale e spesso hanno saputo innovare molti aspetti del genere. Gemini Rue va un po’ controcorrente cercando di ritornare tramite una serie di soluzioni stilistiche ai vecchi fasti degli anni ’90.

E ci riesce perfettamente. Al punto che diventa quasi impossibile riassumere una trama così ben costruita in poche righe. Basti sapere che riesce ad unire atmosfere cyber-punk ad atmosfere quasi da film noir, riuscendo a presentare due protagonisti, Azriel e Delta 6, molto carismatici, supportati anche da linee di dialogo di incredibile spessore e mai scontate. Non si tratta nemmeno di un avventura breve, attestandosi su una durata di circa 7 ore che tuttavia riescono a non calare mai d’intensità e qualità.

Si può interpretare Gemini Rue come un omaggio, peraltro molto citazionistico, non solo alle avventure grafiche che hanno caratterizzato la giovinezza di un numero sconfinato di videogiocatori ma a tutta una serie di pietre miliari del ‘900, dai romanzi di George Orwell a film come Blade Runner, e ciò accresce ancora di più il valore di un gioco che vince e convince sotto tutti i punti di vista.

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