Tutta La Vita In Un Abbraccio – Recensione Tunué
Pubblicato il 14 Aprile 2013 alle 09:00
Cosa succede a una ragazza araba amante della danza che ha subito traumatiche esperienze quando arriva in Italia? Lo scoprirete in una graphic novel dai toni malinconici e intimisti targata Tunué realizzata da alcuni autori italiani.
Tutta La Vita In Un Abbraccio
Autori: Luca Amitrano, Cristiano Silvi (testi), Marco Pugliese (disegni)
Casa Editrice: Tunué
Provenienza: Italia
Genere: Intimista
Prezzo: € 14,90, 17 x 24, pp. 144, b/n
Data di pubblicazione: ottobre 2012
A volte scrivere recensioni mi mette a disagio, specialmente se un fumetto non è di mio gradimento. E chiarisco subito che Tutta La Vita In Un Abbraccio, graphic novel pubblicata da Tunué e realizzata da Cristiano Selvi, autore dei testi su soggetto di Luca Amitrano, e disegnata da Marco Pugliese, non mi ha suscitato reazioni positive. Aggiungo che mi ha provocato malessere e ciò, da un certo punto di vista, è un bene perché, quando si ragiona su un prodotto artistico, il malessere è comunque preferibile all’indifferenza.
Quindi, no, non sono rimasto indifferente leggendo quest’opera e del resto non si può esserlo quando si ha a che fare con la storia di una ragazza araba, Amira, venduta giovanissima dal padre a un uomo violento e privo di scrupoli. A un certo punto, quest’ultimo decide di farla mutilare allo scopo di tenerla più facilmente sotto controllo. Un frate francescano che si trova ad Istanbul entra in contatto con lei e dopo aver appreso i particolari sconvolgenti della sua vicenda riesce a farla andare in Italia.
Qui Amira entra nell’ala protettiva di un carabiniere che prende a cuore il suo caso, accogliendola nella sua famiglia, e lentamente lei supera i traumi e si ambienta nel nuovo contesto. Una delle sue grandi passioni è la danza, elemento che la caratterizzava sin dall’infanzia, e come si avrà modo di scoprire il ballo assumerà un ruolo rilevante nella story-line. Sarà essenziale pure un tormentato ballerino la cui strada incrocerà quella della ragazza e che si dimostrerà cruciale per la trama.
Cosa c’è che non va, allora? Non tanto i testi di Silvi che sono ben impostati e dotati di indubbia intensità. È l’impostazione complessiva che non funziona poiché la trama è noiosa. E ci sono troppi luoghi comuni. D’accordo, nessuno nega che nei paesi islamici molte donne vivano in situazioni di sottomissione. Ma in questa graphic novel ci sono solo maschi di questo tipo ed è eccessivo. Insomma, ci troviamo nell’ambito della compianta Fallaci e dei suoi deliri anti-Islam e mi chiedo: dobbiamo sorbirceli anche nei fumetti? La narrativa disegnata invece non potrebbe essere usata per mettere in discussione i cliché e i pregiudizi? Per giunta non c’è un personaggio che non risulti stereotipato: il marito di Amira naturalmente è brutto, grasso e peloso; i frati sono tanto bravi e buoni; la stessa Amina rivela un candore e un’ingenuità francamente poco credibili per una persona che ha subito violenze tanto estreme, e così via.
Ciò che poi ho trovato discutibile è il provincialismo. Il libro è il corrispettivo fumettistico delle pellicole ‘due stanze e cucina’ inguardabili che hanno contribuito ad uccidere il cinema nostrano. Tutto è piatto e banale, evoca un senso claustrofobico di soffocamento, specie nella rappresentazione del nucleo famigliare che accoglie Amira: la figlia studentessa è buona per uno sceneggiato stile ‘Un Medico In Famiglia’, il padre idealista e sensibile è convenzionale come non mai e sarebbe perfetto per una puntata del penoso ‘Don Matteo’, e lasciamo perdere il nonno la cui descrizione rasenta la volgarità (meglio non entrare nello specifico).
Dal punto di vista dell’ispirazione, Tutta La Vita In Un Abbraccio sintetizza ciò che imputo a buona parte del fumetto italiano: vuoto totale di idee e mancanza assoluta di fantasia, immaginazione e provocazione. Al loro posto, invece, abbiamo buonismo insulso e un finale sdolcinato. Libri simili sono lo specchio di un paese creativamente morto.
La parte grafica è valida e il penciler Marco Pugliese fa un buon lavoro, con un tratto essenziale, fluido ed espressivo di notevole bellezza formale, e gli va dato atto di essere riuscito a rappresentare le emozioni dei personaggi con pochi, indovinati particolari (sguardi, smorfie, pieghe delle labbra e posture dei corpi). Ma i disegni non mi spingono a dare la sufficienza alla graphic novel e non mi resta da fare altro che comportarmi di conseguenza.