Tank Girl – Uno – Recensione
Pubblicato il 2 Aprile 2013 alle 18:00
“Cos’è quella cosa pelata e puzzolente che si fa ingroppare dai canguri, ha scarpe troppo grandi e reggiseni troppo piccoli (e mutande che avrebbero bisogno di una bella lavata), che fuma, beve e si ficca sempre in risse e scontri mettendo a rischio la pellaccia?”
Tank Girl – Uno
Autori: Jamie Hewlett (Testi e disegni), Alan Martin (Testi)
Casa editrice: Panini Comics
Genere: Fantascienza, Avventura
Paese: Inghilterra
Prezzo: € 13,00, Variant con T-shirt € 25,00
Data di pubblicazione: Aprile 2013
Era la seconda metà degli anni ’80 quando i due autori inglesi Jamie Hewlett e Alan Martin, compagni di college, crearono Tank Girl, fumetto underground divenuto rapidamente un manifesto femminista punk della controcultura indie in un periodo dominato dalle vedute conservatrici di Reagan e della Thatcher. La popolarità del personaggio divenne tale che nel ’95 ne venne tratto anche un film, diretto da Rachel Talalay, flop al botteghino ma divenuto in seguito un cult.
Ex-mercenaria divenuta fuorilegge, Tank Girl è cattiva, sboccata, violenta, sessualmente aggressiva e guerrafondaia, vive e viaggia a bordo di un carro armato nel deserto psichedelico di un’Australia post-atomica dove intraprende missioni demenziali che sono il pretesto per risvolti altrettanto surreali, allucinati e divertentissimi. E’ fidanzata con Booga, uno dei violenti canguri mutanti che circolano nel continente, geloso dell’ex-ragazzo di Tank Girl, l’aborigeno biondo Stevie.
Tra gli altri personaggi si distinguono gli animali di peluche viventi della protagonista: un koala, un topo e Mr. Precocious, una sorta di piccolo elefantino. Spuntano anche le tre amiche di Tank Girl che sembrano le sue versioni alternative ma sempre punk: Jet Girl (interpretata nel film da Naomi Watts), Sub Girl e Boat Girl. I nemici da affrontare sono i più svariati, dai canguri di cui sopra passando per cacciatori di taglie, fanatici religiosi e quant’altri.
Le storie denotano una struttura narrativa sorretta da un labile criterio logico sfociando in una sfilza di gag visive violentissime, così esasperate e fuori di testa da essere esilaranti, un po’ alla Looney Tunes, tra assurdi carri armati che procedono sulle pareti verticali dei canyon a missili giganti cavalcati alla Wile E. Coyote.
Lo stile grafico cartoon di Hewlett è delizioso nelle caratterizzazioni fisiognomiche, nelle ambientazioni e negli elementi scenografici dettagliatissimi ed estremizzati. Ristampate a colori negli anni ’90, qui le tavole vengono presentate nel bianco e nero originale. L’uso delle chine è formidabile e c’è un bilanciato uso dei retini per le zone in penombra.
La costruzione delle tavole rispecchia lo spirito anarchico dell’opera, con vignette asimmetriche, accavallate, scontornate, inclinate, splash-page singole e doppie talvolta addobbate con altre vignette, tutto a favore del divertente dinamismo cinematografico delle sequenze. I dialoghi sono intensi e politicamente scorretti, le didascalie possono essere introspettive o fare da voce narrante in terza persona.
Le storie sono ricchissime di citazioni da svariate opere di cultura pop, da Crocodile Dundee a Mad Max. Il volume si apre con un’interessante introduzione di Alan Martin e presenta le prime quindici storie di Tank Girl intervallate qua e là da pin-up e sketch giocosi.
Fumetto nella sua dimensione più alta, Tank Girl riflette il fermento creativo e sovversivo che cercava di farsi strada in un’epoca di travagliata transizione, come un carro armato che sfida le leggi della gravità guidato da una simpatica, dirompente punk anticonformista.