Fashion Beast n. 1 di Alan Moore – Recensione

Pubblicato il 20 Marzo 2013 alle 13:00

Cosa succede quando il Bardo di Northampton, Alan Moore, incontra l’ex manager dei Sex Pistols, Malcolm McLaren? La risposta l’avrete leggendo il primo numero di Fashion Beast, peculiare proposta targata Avatar e tradotta da Panini Comics!

Masters of Comics n. 1 – Fashion Beast n. 1

Autori: Alan Moore, Malcolm McLaren, Antony Johnston (testi), Facundo Percio, Paul Duffield (testi)

Casa Editrice: Panini Comics

Genere: Underground

Provenienza: USA

Prezzo: € 3,30, 17 x 26, pp. 48, col.

Data di pubblicazione: marzo 2013


Il compianto Malcolm McLaren è ricordato come il manager dei Sex Pistols nonché come uno degli iniziatori del movimento punk che fu, oltre che un fenomeno musicale, un vero e proprio stile di vita. Però McLaren non fu solo questo e non era un novellino in ambito musicale, considerando che prima del gruppo di Johnny Rotten e soci si era occupato negli Stati Uniti degli oltraggiosi New York Dolls. La sua influenza non fu irrilevante neanche nell’ambiente della moda poiché insieme alla compagna Vivienne Westwood aprì la boutique Sex che divenne un luogo di ritrovo per i punk britannici e non.

Negli anni ottanta, inoltre, McLaren fu uno dei primi ad intuire le potenzialità dell’allora nascente cultura hip-hop e lo dimostrano dischi come ‘Buffalo Gals’. Tra le altre cose, ideò il look post-atomico, anticipò il revival dell’afro-beat e fu responsabile della nascita di due band legate agli ambienti fashion di Londra e al giro dei night-club,  Adam & The Ants e i Bow Wow Wow. Con loro Malcolm tentò di pubblicizzare un abbigliamento ispirato a quello dei pirati nel circuito della scena new romantic. Tutto ciò accadeva in un periodo in cui la politica repressiva e reazionaria di Maggie Thatcher provocava un forte clima di tensione presso le giovani generazioni. L’assunto di Malcolm era semplice: il mondo fa schifo, la società e la politica idem, il futuro non esiste; perciò tanto vale uscire di casa, vestirsi in maniera eccentrica e divertirsi in discoteca.

Nel 1985, il vulcanico Malcolm contattò Alan Moore, reduce dal trionfo di Watchmen. I due erano amici da tempo e bisogna ricordare che il Magus aveva sempre avuto contatti con il punk inglese e McLaren gli commissionò una sceneggiatura cinematografica. Il titolo del progetto si intitolava Fashion Beast e la storia era imperniata sui poseur stravaganti degli anni ottanta caratterizzati da un aspetto androgino (Malcolm aveva pure scoperto Boy George) e sessualmente ambiguo.

Per una serie di circostanze, tuttavia, il film non fu realizzato e pochi anni fa la Avatar propose a Moore e a McLaren di trasformare Fashion Beast in un fumetto. Nacque quindi una miniserie di dieci numeri i cui primi due episodi vengono ora tradotti da Panini Comics. Moore ha supervisionato l’opera, affidando i testi ad Antony Johnston. Fashion Beast è collocato in una Gran Bretagna che è l’estremizzazione di quella thatcheriana: la disoccupazione ha raggiunto livelli preoccupanti, l’economia è sull’orlo del baratro, sta per essere introdotta la leva obbligatoria e una guerra è imminente (Moore pensò alla vicenda durante il conflitto delle Falkland). In questo ‘impero alla fine della decadenza’ i giovani possono solo truccarsi e abbigliarsi in maniera bizzarra poiché la stravaganza è un mezzo per acquisire una precisa identità (un concetto implicito in una nota canzone dei Soft Cell, ‘Bedsitter’).

Il protagonista di Fashion Beast, Doll, è un travestito che lavora come guardarobiere in un locale denominato Catwalk, frequentato dai cultori delle nuove danze come quella del ‘voguing’ (anch’essa introdotta da McLaren e ripresa da Madonna). Per un motivo indipendente dalla sua volontà, perde il lavoro e decide di partecipare a un provino del celebre stilista Celestine. Costui necessita di modelli per le sue sfilate e Doll, non avendo nulla da perdere, tenta di farsi assumere, riuscendoci. Lo stilista in questione è un recluso e circolano voci inquietanti sul suo aspetto e va da sé che le cose per Doll, a quanto è dato intuire, potrebbero diventare complicate.

La trama vuole essere un curioso mix della favola della Bella e la Bestia e della biografia di Christian Dior, con un pizzico di critica sociale e riferimenti all’esoterismo (i tarocchi giocano un ruolo importante nella story-line). Fashion Beast è interessante ma mi spinge a fare qualche riflessione su Alan Moore. Che il Magus sia un genio è innegabile ma si tende per partito preso a valutare in modo positivo qualunque cosa porti la sua firma. Ma non tutto ciò che fa Alan è geniale e, a mio parere, questo discorso vale per Fashion Beast.

Se ci fosse stato lo stesso Alan a scrivere la versione a fumetti il risultato sarebbe stato senz’altro migliore; ma, parliamoci chiaro, Antony Johnston non è Moore e si vede.
Testi e dialoghi risultano efficaci ma non hanno la profondità, la liricità intensa e lo spessore letterario dell’autore di Watchmen, V for Vendetta e From Hell che in questo caso si è limitato a mettere la faccia e basta.
Fashion
Beast nel complesso è un’operazione intesa a sfruttare la sua fama e i suoi fans (e mi ci metto io per primo) disposti a comprare qualunque cosa con il suo nome in copertina.

I disegni di Facundo Percio che alcuni ricorderanno per Anna Mercury di Warren Ellis sono validi e il penciler rappresenta egregiamente i locali, le oscure strade londinesi e la strampalata fauna dell’underground britannico con maestria e va citato Paul Duffield che si occupa dei tarocchi e, dal punto di vista grafico, Fashion Beast quindi regge. Ma restano le perplessità già espresse e non mi sento di dare, perlomeno a questo primo numero, più di una risicata sufficienza.


Voto: 6

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