Black Hills 1 – La Danza degli Spiriti – Recensione collana West – Storie di Frontiera

Pubblicato il 5 Marzo 2013 alle 15:30

Arriva un nuovo mensile della Editoriale Cosmo dedicato al western di area francofona! Non perdete West – Storie di Frontiera che inizia il suo corso con Black Hills del veterano Yves Swolfs e dell’ottimo Marc-Renier!

Black Hills 1 – La Danza degli Spiriti

Autori: Yves Swolfs (testi), Marc-Renier (disegni)

Casa Editrice: Editoriale Cosmo

Provenienza: Francia

Genere: Western

Prezzo: € 2,90, pp. 96, b/n

Data di pubblicazione: febbraio 2013


Cosmo Edizioni sta continuando a proporre valido materiale di area francofona in albi in bianco e nero e in formato bonellide, trend che a quanto pare sta prendendo piede in Italia. Come è facile intuire dal titolo di questa collana, West – Storie di Frontiera è dedicata a fumetti western realizzati da autentici maestri del fumetto franco-belga.

Questo primo numero, in particolare, è pregevole poiché include i due episodi iniziali di una delle migliori opere scritte dall’abile Yves Swolfs che i fan del western già conoscono per Durango, e cioè Black Hills che si avvale delle magiche matite dell’incredibile Marc-Renier.

Specifico che la story-line di Black Hills è classica nell’impostazione e risponde all’esigenza di narrare una vicenda avventurosa e appassionante senza intellettualismi di sorta.

Ma non è banale e le atmosfere narrative, pur ricordando quelle tradizionali dei film di John Ford e di Howard Hawks, non sono prive di influssi alla Sergio Leone (evidenti nel protagonista della serie, il pistolero Lewis Kayne che ha parecchi conti da regolare con gli uccisori di sua moglie) e di pellicole come ‘Soldato Blu’, specie per ciò che concerne la rappresentazione delle popolazioni indiane.

Swolfs inizia la vicenda con il dramma e il pathos più assoluti. Lewis è sposato con un’indiana e qualcuno, per ragioni che verranno spiegate negli episodi successivi, si rende responsabile dell’assassinio della donna e del figlio di pochi mesi. Si potrebbe ipotizzare che Lewis cerchi subito di vendicarsi ma Swolfs spiazza il lettore inserendolo in un intrigo che non sembra, almeno per il momento, avere una relazione diretta con la tragedia. Introduce poi un francese nel contesto del Far West (ciò mi ha fatto ricordare The Cowboys and The Frenchmen di David Lynch) che, per conto del governo statunitense, deve documentare le condizioni di vita delle popolazioni indiane. Ciò implica una contrapposizione tra culture differenti e le divisioni dilagano in Black Hills, con il francese che non comprende e non accetta la falsità e l’ipocrisia della società americana e gli indiani che a loro volta rifiutano la presunta civiltà dei bianchi.

La situazione dei pellerossa è a dir poco precaria a causa del razzismo e della prepotenza dei cowboys e alcune tribù hanno quindi deciso di muovere guerra ai visi pallidi, stanchi di subire vessazioni e prepotenze. E va da sé che Lewis, incaricato di fare da guardia del corpo al francese, sarà costretto ad affrontare pericoli non di poco conto che non hanno tanto a che fare con gli indiani ma con bianchi senza scrupoli coinvolti in losche attività.

La trama ha l’intensità delle migliori epopee western e malgrado non manchino gli elementi tipici del genere (inseguimenti, sparatorie, sicari prezzolati, saloons e infide prostitute), Swolfs non si esime dal denunciare l’istinto guerrafondaio e discriminatorio della nazione americana. Ci sono frasi al vetriolo, infatti, contro gli Stati Uniti, la violenza dei bianchi e l’assoluta mancanza di carità cristiana di una parte della popolazione a stelle e strisce.

Per contrasto, gli indiani sono presentati quasi sempre in una luce positiva e Swolfs si accosta alle tradizioni ancestrali con rispetto e senza superficialità (e avrete modo di scoprire che il misticismo dei nativi gioca un ruolo importante nel plot).

I testi di Swolfs sono intensi e riflessivi, con dialoghi profondi che non risultano mai verbosi e noiosi, e la sceneggiatura di Black Hills è di alto livello. Ma vale lo stesso per i disegni. Marc-Renier è bravissimo e con il suo tratto realistico, essenziale e accurato riesce a visualizzare le sequenze della trama con eleganza sopraffina.

Gli sfondi e i particolari di ogni vignetta sono certosini e il penciler sa caratterizzare i personaggi con abilità: le donne hanno un’allure maliziosa che non scade mai nella volgarità; il francese evoca stupore e ingenuità; Lewis esprime il tormento interiore e la durezza tipiche di un uomo di frontiera; gli indiani anziani hanno distaccata saggezza negli sguardi mentre quelli più giovani sono dotati di una tensione e di un’aggressività percepibili pure nelle pose più statiche. Bisogna inoltre segnalare la costruzione cinematografica della tavola, appropriata per un fumetto che fa della velocità una delle sue caratteristiche basilari. Insomma, l’albo è imperdibile per gli amanti del western e più in generale del buon fumetto.


Voto: 7 1/2

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