Juke Box di Charles Berberian – Recensione
Pubblicato il 1 Marzo 2013 alle 12:15
Fumetto e musica possono incontrarsi? Certamente sì e ce lo dimostra il grande Charles Berberian con Juke Box, uno splendido viaggio nella memoria musicale delle giovani generazioni proposto da Bao Publishing in un volume ben curato!
Juke Box
Autore: Charles Berberian (testi e disegni)
Casa Editrice: Bao Publishing
Provenienza: Francia
Genere: Umoristico
Prezzo: € 15,00, 19 x 26, pp. 122, b/n
Data di pubblicazione: novembre 2012
Tra il fumetto e il rock ci sono spesso stati contatti. Numerosi prodotti underground devono parecchio all’attitudine rock’n’roll e basta ragionare su maestri del calibro di Robert Crumb, giusto per citare un nome a caso, per accorgersene. Gli autori di area britannica hanno avuto a che fare con la musica. Alan Moore si è formato con il punk, ha frequentato per anni Glen Matlock dei Sex Pistols e Malcolm McLaren e ha inciso dischi con David J dei Bauhaus. Grant Morrison ha fatto parte dei Fauves, una pre-indie band in stile Byrds. Jamie Hewlett è una delle menti del progetto Gorillaz. E si potrebbero fornire tanti altri esempi al riguardo.
Charles Berberian, che alcuni ricorderanno per i lavori svolti con Philippe Dupuy e per l’apprezzata saga di Monsieur Jean, ha realizzato un volume dedicato proprio al rock.
Si tratta di un omaggio affettuoso a una forma espressiva che da decenni avvince milioni di persone e tutto è condotto sul filo della memoria poiché Berberian si concentra sulle rockstar che hanno contato di più per la sua formazione e che considera importanti per l’immaginario collettivo.
Tuttavia, l’ironia e il divertimento abbondano e non bisogna aspettarsi un atteggiamento acritico da parte sua. Anzi, Berberian non evita di evidenziare le contraddizioni e gli aspetti più discutibili di rockstar egocentriche e viziate. In un certo qual modo le rende umane e non le mette su un piedistallo a mo’ di divinità irraggiungibili. Non c’è mai cattiveria, però, e l’affetto prevale. Di conseguenza, la lettura di Juke Box, questo il titolo del lavoro, è piacevole.
Sono tanti gli episodi inclusi nel libro, imperniati su cantanti e band che hanno esercitato un ruolo essenziale nella storia del rock. E c’è sempre qualche dettaglio che rimanda alla vita di Berberian e il discorso che se ne ricava è quindi personale. Del resto, ognuno di noi associa un avvenimento privato a canzoni, dischi e concerti che magari hanno rappresentato un momento significativo della nostra esistenza e perciò Juke Box ha il pregio dell’universalità.
Si avrà dunque modo di leggere teneri ricordi sulla musica degli anni ottanta, con l’ossessione nei confronti del look tipica di quel decennio, e non mancano frecciatine all’ipocrisia di eventi stile Live Aid o rimandi sarcastici ai videoclip censurati dei Frankie Goes To Hollywood. Berberian è spassoso quando riflette sulle scarpe di Leonard Cohen, per esempio, o sul cambiamento di Phil Collins che da glorioso batterista dei Genesis diventa un cantante pop sdolcinato. La tenerezza è presente in uno splendido episodio in cui Berberian immagina un incontro tra lui e John Lennon e qui la malinconia e il rimpianto per una stagione irripetibile della musica è palese.
L’ironia invece dilaga in un altro immaginario incontro tra l’autore e David Bowie del periodo Ziggy e se riflettiamo, in fondo, possiamo concludere che quella versione di David era in effetti quasi fumettistica. E l’ironia continua con una delle indie band post-punk più importanti, gli Yo La Tengo, i cui membri finiscono in un ristorante francese con esiti esilaranti. Un altro episodio che mi ha colpito è quello dedicato ad Elton John vestito da gorilla che si fa picchiare da Iggy Pop e non è trascurabile un altro imperniato sulle liti dei Rolling Stones.
A tratti, però, si percepisce un senso di tragedia. È evidente nelle pagine riguardanti Michael Jackson. In questo caso, Berberian non fa riferimenti espliciti agli scandali che hanno colpito il Re del Pop ma questi si percepiscono implicitamente ed è difficile che la lettura susciti indifferenza.
E peraltro non si può restare impassibili leggendo la storia in cui Berberian rievoca la magica atmosfera di un raduno musicale londinese degli anni settanta. Qui la nostalgia è palpabile e mi è venuta in mente una canzone di Bowie, ‘Memories of A Free Festival’.
I testi di Berberian sono vivaci e incisivi e il tratto ha influssi underground piacevolmente caricaturali. Ma c’è qualcosa anche della grafica delle fanzine musicali e ciò è appropriato per una simile opera. Juke Box è una proposta di qualità che non può mancare nella collezione degli estimatori dei fumetti e di quella dei rockettari sparsi nello stivale. Da provare.