Historica vol. 2 – Bois-Maury – Recensione
Pubblicato il 14 Gennaio 2013 alle 10:14
Arriva il secondo volume della collana Historica! Non perdete il capolavoro del grande Hermann, parte integrante della fenomenale saga delle Torri di Bois-Maury, con quattro episodi ambientati in differenti epoche storiche!
Historica vol. 2 – Bois-Maury
Autori: Yves H. (testi), Hermann (disegni)
Casa Editrice: Mondadori
Provenienza: Francia
Genere: Avventuroso
Prezzo: € 12,99, pp. 202, col.
Data di pubblicazione: dicembre 2012
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Quando ho finito di leggere questo libro mi sono chiesto: ‘Come faccio a scrivere la recensione?’. E non perché Bois-Maury, incluso nel secondo volume della collana Historica della Mondadori, non mi sia piaciuto, anzi! Ma perché si tratta di un’opera talmente ricca di spunti di riflessione che mi risulta difficile descriverla. A mio avviso, infatti, andrebbe letta e sperimentata e provare ad evidenziare tutti gli elementi che la contraddistinguono è un’impresa immane. Perciò metto le mani avanti e chiarisco che non sarò in grado di spiegare bene ciò che è realmente Bois-Maury (me la caverei scrivendo che si tratta di un capolavoro e stop ma tale soluzione mi è preclusa).
L’autore è Hermann, uno dei più rilevanti nomi della letteratura disegnata di area bd, e tanti di voi probabilmente hanno imparato ad apprezzarlo con i classici Comanche e Jeremiah. Tuttavia, il suo lavoro migliore è la saga delle Torri di Bois-Maury che, ambientata nel periodo medioevale, avvinse un numero enorme di lettori. La storia era imperniata sulle vicissitudini del nobile Aymar de Bois-Maury che per una serie di circostanze veniva privato delle sue terre ed era costretto a vagare per la Francia e la Spagna, sognando di recuperare i possedimenti perduti. L’intricata e appassionante story-line si dipanò nell’arco di dieci volumi ed entrò nel novero delle pietre miliari del fumetto mondiale.
Hermann, tuttavia, decise di riprenderla, ideando non un sequel ma una serie di storie situate in differenti epoche incentrate sui discendenti di Aymar. Anche costoro cercano di riottenere le terre avite e rimangono coinvolti in situazioni drammatiche. Hermann si è occupato dei disegni e dei colori, lasciando l’onere di scrivere le sceneggiature al figlio Yves H. che ha dimostrato di possedere doti narrative non inferiori a quelle del padre. Il volume della collana Historica presenta quattro episodi auto-conclusivi appartenenti appunto a questo secondo ciclo di avventure.
Il libro si apre con ‘Rodrigo’, ambientato nella Spagna medioevale. Yves H. si concentra su un giovane principe che scopre di non avere certezze sulle sue origini. In un mondo tormentato dal doloroso conflitto tra cattolici e musulmani, Rodrigo entra in contatto con un monaco che a differenza dei suoi confratelli non è ostile all’Islam. Yves H. va controcorrente, non accettando i cliché sull’Islam aggressivo e integralista. A dire il vero, sono i rappresentanti della Chiesa cattolica a risultare negativi e intolleranti.
L’autore conferisce importanza ai concetti della discendenza e del sangue inteso come fonte di vita, contrapposto alla pulsione di morte che domina gli eserciti spagnoli. La trama ha un perfetto equilibrio di azione e introspezione, con testi malinconici e riflessivi; e malgrado ci sia un’impostazione realistica, non mancano sequenze oniriche e visionarie, rappresentate dai sogni di Rodrigo, di grande valenza suggestiva e ricchi di simboli. Questi ultimi, del resto, abbondano e risultano in prevalenza di natura fallica, con l’insistenza sulle armi, le spade, le frecce e gli arieti che sfondano cancelli, appropriati per una storia che, lo ripeto, fa dei concetti di discendenza e di riproduzione (e perciò di fecondità) le tematiche principali.
Con il secondo episodio, ‘Dulle Griet’, nome originario di Margherita la Pazza, strega appartenente al folklore fiammingo, Yves H. ci conduce in terra fiamminga e le atmosfere della trama sono cupe, quasi gotiche. Anche in questo caso abbondano momenti onirici e visionari con simboli di natura esoterica legati alla sessualità femminile intesa in chiave demoniaca. La Santa Inquisizione gioca un ruolo notevole nella story-line e dà all’autore l’opportunità di denunciare la sessuofobia della Chiesa cattolica, l’istinto di prevaricazione, anche sessuale, delle autorità ecclesiastiche e in generale la tendenza ad utilizzare la fede come strumento di manipolazione delle coscienze. C’è naturalmente un discendente di Aymar e l’importanza della donna, vista come elemento imprescindibile della riproduzione, non va trascurata.
La trama è inoltre arricchita dalla presenza del pittore Brueghel che, a mo’ di osservatore distaccato, assiste alle peripezie dei protagonisti, travolti dall’avidità e dalla cupidigia (una somma di denaro è la causa scatenante di varie tragedie). E sono presenti immagini che richiamano i quadri di Brueghel, specie di animali visualizzati come rappresentanti del Male (gli scarafaggi). Del resto, il mondo della storia è un inferno (un misterioso individuo potrebbe essere il diavolo) tormentato dalla malattia (basti pensare alle acque torbide). Ma il bene è anch’esso presente e assume l’aspetto di un ricorrente gufo bianco.
Con ‘Vassya’, invece, gli autori si occupano della Russia. Un esercito cattolico di polacchi è in procinto di marciare verso Mosca per rovesciare lo zar Godunov. La tematica dei conflitti è evidente. I cattolici cercano di soggiogare i cosacchi, legati alla chiesa ortodossa, e un altro discendente di Aymar sarà della partita. A mio avviso, questa storia è la più complessa, dal punto di vista degli argomenti evocati. Con echi di Puskin e Tolstoj, Yves H. condanna la prepotenza delle gerarchie cattoliche in una terra desolata affetta da carestia e pestilenza e in cui persino la natura assume un aspetto ostile (si prenda in considerazione i minacciosi uccelli neri presenti nei paesaggi o la sterilità angosciante delle distese di neve).
Tuttavia, in questa dilagante atmosfera di morte, l’impulso vitale emerge, grazie all’universo femminile. La donna in effetti conta molto e l’erotismo della femminilità è onnipresente. È sufficiente ragionare sul personaggio di una bella cosacca che con la sua presenza suscita gli istinti più aggressivi dei soldati. In molte tavole appaiono animali che Hermann utilizza per introdurre l’atmosfera di una specifica sequenza.
Un ragno nero, per esempio, prelude all’ardente unione sessuale del discendente di Aymar e della ragazza; una farfalla variopinta anticipa la scioccante apparizione dei campi di battaglia insanguinati e abbelliti da fiori meravigliosi. I temi della fecondità e della discendenza sono pure in questo caso rilevanti ma Yves H. affronta pure le problematiche riguardanti le incomprensioni generazionali (i giovani cosacchi non vanno d’accordo con i vecchi ortodossi) e i rapporti affettivi e famigliari. Il tutto espresso con testi poetici dall’incedere allucinatorio di matrice simbolista.
Il volume si chiude con un altro gioiello, ‘Occhi di Cielo’. Un ennesimo discendente di Aymar si trova nella giungla insieme a un gruppo di conquistadores. Yves H. evidenzia di nuovo la violenza della Chiesa e a farne le spese sono gli indios del Sudamerica. L’atmosfera è claustrofobica, carica di tensione e d’altronde la giungla oscura contribuisce ad accentuare la suspense. Anche qui c’è la contrapposizione tra due mondi diametralmente opposti, quello della civiltà europea e quello degli indios.
I protagonisti sono in balia di un universo primordiale e le scimmie, i serpenti, gli armadilli che appaiono tra i cespugli, gli alberi maestosi e le piante, esasperano il senso di minaccia imperante. Yves H. si collega alle leggende dell’Eldorado, usando uno stile narrativo che può far pensare ai romanzi di H.R. Haggard. Il ritmo della story-line è più veloce rispetto a quello degli episodi precedenti e l’azione prevale fino a deflagrare nell’efficace sequenza finale in cui una tigre, esponente della realtà pagana e primordiale, sembra risultare vincente rispetto all’angusta società dei fautori della fede cattolica.
I testi sono splendidi ma Bois-Maury non sarebbe un capolavoro senza i disegni dell’eccezionale Hermann che raggiunge livelli artistici elevatissimi. E non mi riferisco solo alla stupenda caratterizzazione dei personaggi, alla cura certosina degli sfondi e dei dettagli (gli interni sono visualizzati con perizia, le divise dei soldati risultano accurate, le architetture dei castelli, degli avamposti, delle costruzioni sono impeccabili), ma anche e soprattutto alla bellezza delle ambientazioni naturali. Il paesaggio è di vitale importanza e può essere interpretato alla stregua di un vero e proprio protagonista.
Hermann illustra campi di battaglia, assolate strade spagnole, gelide lande innevate e l’incredibile giungla dell’episodio conclusivo con un talento mozzafiato; per non parlare poi della dinamicità e della cinematicità dello story-telling, specialmente nelle sequenze di battaglia. E qualche parola va spesa per i colori. Il maestro belga se ne è occupato con versatilità e gusto encomiabili: prevalgono tonalità tenui, impalpabili, mutuate dalla gloriosa tradizione dell’arte paesaggistica occidentale, che ogni tanto assumono un’allure impressionista; ma irrompono anche colori intensi e smaglianti, emanazioni delle ardenti emozioni umane esistenti.
Ci sarebbe ancora molto da scrivere ma mi sono dilungato abbastanza e sono consapevole di non essere riuscito a rendere giustizia a questa pietra miliare. Posso solo consigliarla e segnalo infine l’ottima cura editoriale e la qualità di stampa dell’edizione Mondadori.