Dylan Dog n.316: Blacky – Recensione
Pubblicato il 7 Gennaio 2013 alle 09:15
Gualdoni – curatore/sceneggiatore di D.D. – firma l’ avventura di chiusura (la sua quarta pubblicata nell’anno) dell’ annata 2012 della serie mensile affidandola ai magici pennelli del napoletano Bigliardo. “Si poteva dare di più, senza essere eroi”.
Blacky – Dylan Dog n.316
Autori: Giovanni Gualdoni (testi), Daniele Bigliardo(disegni)
Casa editrice: Sergio Bonelli Editore
Genere: Horror
Paese: Italia
Prezzo: € 2,90, pp. 96, b/n
Data di pubblicazione: Dicembre 2012
L’indagatore dell’Incubo si ritrova tra le mani un caso che ruota attorno alle apparizioni di uno spettro di un nero destriero, il Blacky del titolo di questa trecentosedicesima avventura regolare, che si aggira nell’ippodromo di Goldcaster per vendicarsi, apparentemente, di un torto subito in passato.
Dylan e Groucho si devono barcamenare tra omicidi, malavitosi, strozzini e violenza agli animali (tema che sta molto a cuore al character creato da Sclavi): elementi chiave riconducibili tutti alle scommesse clandestine che dal passato ricadono, come una maledizione, sul presente.
Se Gualdoni ben comincia è pur vero che, l’apertura suggestiva ma troppo lunga (l’avventura ingrana la marcia quasi a metà delle pagine dell’albo) e un paio di scene non proprio fondamentali per il dipanarsi della vicenda, lo costringono a riannodare velocemente i fili della storia (con il consueto spiegone finale) in una manciata di pagine.
Visti i ritmi delle scene e un certo abuso della presenza di Groucho (qui ininfluente e la cui presenza poteva essere sacrificata), una delle migliori sceneggiature dell’attuale curatore di Dylan Dog avrebbe necessitato la foliazione di uno speciale per essere resa a dovere.
Al lettore rimarranno alla mente un paio di scene d’antologia rese davvero efficacemente (e con una certa crudeltà assolutamente necessaria) dal bianco e nero di Daniele Bigliardo – assente da un anno sulla testata principale – come quella della “zampa fratturata”, nella già citata apertura, e quella ambientata nel “vecchio magazzino abbandonato” che precede il vero finale (soporifero e assai telefonato per il lettore più smaliziato).
Il resto scivolerà via. Come le gocce della pioggia sul parabbrezza del celebre maggiolino guidato da Dylan, che il disegnatore napoletano “cattura” in un paio di vignette davvero gustose.
Un numero graficamente di gran classe (vedasi su tutto la recitazione dei vari personaggi) che poteva, in conclusione di un’annata certamente non brillante sotto il profilo delle sceneggiature, darci un brivido in più se gestito con più equilibrio: con un briciolo di volontà di osare in più, sacrificando un po’ di retorica, eliminando scene inutili dettate dal rispetto di clichè qui veramente assurdi (la scena di sesso con l’ennesima figurante) e rivolgendosi al lettore con più fiducia nelle sue capacità cognitive.