Niki Batsprite: Intervista a Francesca Urbinati
Pubblicato il 20 Dicembre 2012 alle 14:06
Dopo una intervista immaginaria nei vicoli lucchesi, in questo numero trovate ancora una bella intervista ma questa volta con una vera autrice. Francesca Urbinati, scrive e disegna Niki Batsprite, un fumetto autoprodotto.
Grazie ad amici comuni, (un caro saluto a Daniele) oggi scambiamo quattro chiacchiere in amicizia con Francesca Urbinati, autrice completa che sta dando anima, corpo e storie al suo Niki Batsprite. Fumetto autoprodotto che si sta facendo strada tra il difficile mercato italiano.
Intervista realizzata in collaborazione con la nostra amica e collega Francesca “Koe” Guarracino!
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Ciao Francesca, grazie per il tempo che ci dedichi e direi che, nonostante la nostra Francesca Guarracino abbia già parlato di Niki Batsprite su MF, direi che è d’obbligo chiederti di presentarti e di descrivere al meglio il tuo fumetto.
Grazie a te.
Mi chiamo Francesca Urbinati, chi mi conosce mi descrive come un buffo esemplare di essere umano. Ho studiato disegno animato e lavorato in diversi settori della grafica prima di approdare al fumetto, perciò trovo difficile darmi un’etichetta.
Credo che la più adatta sia “raccontastorie”.
Il fumetto di Niki Batsprite l’ho fortemente voluto per ridare ai lettori il senso di avventura e meraviglia a cui eravamo abituati da bambini, quelle farfalle nello stomaco che si agitano quando ci accorgiamo che di un personaggio c’importa qualcosa, o un evento inaspettato ci fa dubitare del lieto fine.
Stai parlando con uno al quale i personaggi antropomorfi e il segno manga restano un pochino indigesti. Certamente colpa del mio bagaglio culturale e non certo delle belle proposte che si trovano in giro, ma convincimi perché dovrebbe piacermi il tuo fumetto.
Quante volte, leggendo un racconto o guardando un film, ci siamo resi conto di sapere già come sarebbe andata a finire?
La trama di Niki Batsprite scardina tutto ciò all’origine: non solo i personaggi percepiscono la bontà o meno del prossimo, ma il protagonista stesso è esattamente metà buono e metà cattivo. Non è un eroe, un antieroe, un cattivo che diventa buono o viceversa. E’ semplicemente “lui”, che tra una comica disavventura e l’altra cerca di ritagliarsi il proprio posto nel mondo. Rispecchia ognuno di noi; per questo è un ottimo compagno di viaggio.
Il fumetto contiene altri ingredienti interessanti: situazioni comiche che stemperano temi profondi, personaggi colorati, avventura, sentimenti, la spinta a migliorarsi sempre e comunque.
Ogni lettore, anche se cresciuto o non avvezzo al genere, può ritrovarsi in almeno uno di questi aspetti e scoprire di apprezzare Niki proprio per i suoi difetti, preoccuparsi per il tenero Moari e non veder l’ora di strozzare quell’impiccione di Penguin Guy…
Qual è la tua esperienza? Quali studi hai svolto?
Prima ancora d’imparare a leggere, ero una gran divoratrice delle fiabe in audiolibri che uscivano in edicola. Sono seguiti i libri illustrati di Disney e le strisce dei Peanuts, Asterix e dei Puffi. Poi due grandi svolte: il videoregistratore e i videogiochi sul mitico Commodore 64. Potevo rivedere i miei film e cartoon preferiti ogni volta che volevo, e nel caso dei videogiochi perfino guidare il protagonista sullo schermo. Era meraviglioso!
Ho studiato cinema d’animazione all’Istituto d’Arte di Urbino, a cui è seguita una specializzazione in animazione 3D. Ogni minuto libero lo spendevo a leggere tutto ciò che mi capitava a tiro, disegnare, esplorare videogiochi oppure imprecare contro i primi software di grafica 3D.
Qual è la tua fonte d’ispirazione? Hai qualche autore di riferimento?
Perfino le storie più indigeste hanno qualcosa da insegnare -magari su come NON scrivere una storia. Credo che l’ispirazione nasca dalla curiosità, dall’approfondire anche ciò che al primo impatto pensiamo non faccia per noi o che, come accennavo prima, pensiamo di saper già come andrà a finire.
L’ispirazione è davvero ovunque, l’ho trovata in migliaia di opere e situazioni diverse. Alcune influenze sono più coscienti e marcate di altre, tanto da citarle in Niki Batsprite come ringraziamento per gli autori che mi hanno regalato emozioni e insegnamenti preziosi.
Preferisco pensare a Niki Batsprite come a un lavoro di gruppo che coinvolge tutti coloro che nel tempo mi hanno ispirata e sostenuta, a cui si sommano gli spunti e i contributi da parte dei lettori.
Nella tua opera sono evidenti alcuni stilemi di chiara derivazione giapponese, così come alcune scelte narrative che appaiono mutuate dai manga. In che misura ritieni che il tuo stile sia stato influenzato dall’estetica di matrice nipponica?
Qualcuno dice che disegno in stile manga, altri in stile disneyano. Credo che nessuno di loro abbia torto. Negli anni ho coltivato entrambi più o meno in egual misura e col tempo i due filoni si sono fusi sia a livello grafico che di narrazione, almeno per quanto riguarda Niki Batsprite.
Infatti, mentre per il fumettista lo stile personale spesso diventa un marchio, il cartoonist deve sapersi mimetizzare di volta in volta col character design imposto dalla produzione e identico in tutto il film.
Venendo dal disegno animato, conto molto su questa capacità di adattamento per dare ai prossimi progetti l’alchimia perfetta tra estetica e narrazione. Magari non riconoscerete a colpo d’occhio il mio zampino, ma se sarà un buon lavoro vi piacerà ed è questo che conta.
C’è un mangaka o un manga in particolare a cui ti rifai consapevolmente nel creare atmosfere e suggestioni della tua opera?
Ammetto che questo genere di domande mi imbarazza molto. Di solito gli autori rispondono snocciolando nomi famosi e rispettati. Nel mio caso è quasi tutto inconscio.
Quando un dettaglio mi colpisce -un mix di colori, la precisione di un tratto, la regia di una scena- ne faccio tesoro in una specie di biblioteca mentale. Lì i particolari si mescolano, i riferimenti si perdono, gli elementi si combinano tra loro come molecole creando spunti inattesi. Di certo devo ringraziare una folla di mangaka e illustratori orientali, più di quanti sia in grado di richiamare a memoria.
La scelta di personaggi antropomorfi sembra inoltre ricondurre anche alla tradizione del fumetto umoristico e dell’animazione di stampo disneyano. C’è qualche elemento specifico della grande tradizione Disney a cui si deve la tua ispirazione?
Ho sempre trovato gli animali più interessanti rispetto alla figura umana, sono una sfida in tutti i sensi e in grado di arrivarti al cuore con un solo sguardo. Infatti di Walt Disney adoro soprattutto i paperi, Robin Hood, gli Aristogatti, il Re Leone e la serie dei Gargoyles; anche se La Sirenetta e La Bella e la Bestia meritano un posto speciale.
Da piccola sognavo di animare i lungometraggi Disney, perciò ero a caccia continua di retroscena e interviste agli addetti ai lavori. In seguito, pur allargando gli orizzonti ho fatto tesoro di quel periodo. Il pensiero Disney è poetico e alcune nozioni sono una vera illuminazione per chi vuole imparare a raccontare coi disegni. Li ritengo un fondamento imprescindibile per qualsiasi progetto, perchè perfino una singola illustrazione racchiude in sé una storia.
Quanto conta nella realizzazione di “Niki” l’esperienza che hai maturato nel campo dell’animazione e del 3D?
Tantissimo, sia a livello tecnico che teorico.
L’animazione ti costringe a scomporre e analizzare il più piccolo movimento, anche un battito di ciglia, 24 volte al secondo. Un minuto di animazione tradizionale contiene più di mille disegni. È un lavoro che ti insegna la pazienza e ad eliminare tutti i dettagli di cui l’osservatore non ha realmente bisogno.
Prendi la Linea di Cavandoli: graficamente è una linea e tale rimane, è la nostra mente ad interpretare la sua forma e darle un senso, associandola a una figura maschile, femminile, al pelo dell’acqua, ecc…
Al contrario, il 3D ti insegna a pensare per volumi piuttosto che per linee su un foglio. Con questa mentalità alcuni passaggi del disegno, come le pose dei personaggi o impostare l’illuminazione di una scena, diventano più facili.
Inoltre, alcuni sfondi piuttosto complessi li abbiamo prima studiati come modelli 3D e poi, del tutto o in parte, utilizzati per i background finali. Mettere 3D e fumetto nella stessa frase può sembrare un’eresia, ma a mio parere è uno strumento come un altro. Alla fine ciò che conta è se l’immagine “si racconta da sola” o no.
Com’è nata l’idea di Niki? Parlaci della gestazione del personaggio.
Questa domanda mi fa sempre sorridere, perchè la risposta sembra un racconto di fantasia.
Ero ancora ragazzina e da mesi mi ero messa in testa di condensare la marea di concetti che avevo appreso in un’unica storia, un progetto ampio e che uscisse dai soliti clichè buono-contro-cattivo.
Però non riuscivo a focalizzare il protagonista, ne avevo solo una fumosa immagine mentale che mi derideva e spariva. Lasciai perdere per un po’, ma non rinunciai ad ammazzare il tempo disegnando sul retro degli adesivi tessili durante le pause del lavoretto estivo. Scarabocchiavo senza attenzione… e mi resi conto di aver appena disegnato Niki, fatto e finito, col suo sguardo intenso e il sorriso da canaglia. E’ stato come aprire una diga: i personaggi comprimari e la trama principale sono nati nel giro di una settimana.
So che sembra una favola di quelle che raccontano gli autori nelle interviste, eppure è andata proprio così. Probabilmente i mesi di blocco creativo sono serviti per condensare tutte le idee su Niki Batsprite nell’unico attimo in cui avevo dimenticato di cercarle.
A volte le idee sono proprio permalose!
Ho trovato il fumetto veramente ben fatto per essere una autoproduzione. Immagino che il “lavoro grosso” sia stato frutto di mesi di lavoro.
Diciamo pure anni. Non si è mai pronti per avviare con le proprie forze un progetto di questo tipo, in grado di dare un senso a tutta la tua vita o renderla un fallimento. È che arriva il momento in cui bisogna buttarsi o vivere nel rimpianto, col dubbio di aver potuto condividere con gli altri qualcosa di buono e non averlo fatto.
I personaggi di Niki Batsprite mi hanno divertita e tenuto compagnia nei momenti bui. Meritavano la possibilità di fare altrettanto per altre persone. I lettori, d’altro canto, meritano volumi con una bella resa del colore e stampati su buona carta.
Ho studiato, lavorato e risparmiato molti anni per realizzare Niki senza vincoli imposti -a torto o a ragione- da investitori esterni. L’accoglienza da parte del mondo del fumetto è stata molto più calorosa di quanto osassi sperare, mi ha commossa e spronata a proseguire con maggior sicurezza.
Niki Batsprite lo si trova in molte fumetterie e ho letto che siete stati in diverse fiere. Mi riferisco a Lucca comics, Riminicomix, ecc. Com’è andata?
Le fiere le vivo come una festa: si incontrano amici, colleghi, lettori vecchi e nuovi, ci si scambiano opinioni e consigli preziosi. Sono giorni intensi in cui autore e lettore possono confrontarsi senza filtri e puoi davvero capire se stai seguendo la strada giusta e come migliorarti.
Con Riminicomix c’è un amore particolare. Ha ospitato il debutto di Niki Batsprite, è attenta ai piccoli espositori e grazie all’ingresso libero permette a chiunque di (ri)scoprirsi “lettore di fumetti”.
Parliamo della realizzazione dell’albo. Autori che si autoproducono si trovano in giro ma direi che il più famoso resta il geniale Leo Ortolani con il suo Rat-man. Quant’è difficile autoprodurre oggi i propri lavori?
Stimo tantissimo Leo, sulla comicità a fumetti ha fatto scuola e immagino di dover qualcosa anche al suo Rat-man.
Gli ingredienti dell’autoproduzione sono sempre gli stessi ma alcuni, come determinazione e dedizione, hanno un sapore indigesto. Autoprodursi vuol dire prendersi un impegno con se stessi e coi lettori e rispettarlo per anni, anche quando gli ostacoli ti impediscono di dormire oppure devi trascorrere i week-end in fiera o al tavolo da disegno invece che in famiglia.
Un’autoproduzione è un’impresa sotto tutti i punti di vista: creativo, fisico, psicologico, economico, imprenditoriale, distributivo… tanto più difficile quanto più ci si impegna a portarla avanti con criterio. Si diventa dei piccoli imprenditori e bisogna imparare a far bene di tutto, dalla sceneggiatura all’impaginazione, dalla gestione del sito alla stampa, dalla burocrazia al marketing.
Qualcuno storcerà il naso pensando che esagero. Si può poggiare la matita sul foglio senza aver mai studiato disegno o storytelling, limitarsi al bianco e nero, fotocopiare le pagine e proporre il proprio esordio al pubblico. Non c’è nulla di male in questo, anzi. Aver concretizzato un’idea è di per sé un merito notevole!
Però, a mio modesto parere, è con la qualità intrinseca del risultato che diamo la misura di quanto crediamo nella nostra idea e dei sacrifici che abbiamo fatto per far arrivare un “semplice” volumetto tra le mani del lettore.
Perciò l’equazione finale è amara quanto banale: se avete un’idea credeteci, studiate, lavorateci, perfezionatela in ogni dettaglio, anche amministrativo e distributivo, non abbiate fretta. Magari, come per Niki Batsprite, tra l’idea e la pubblicazione passeranno anni, ma saranno stati ben spesi.
Niki Batsprite può contare su un sito bilingue sempre aggiornato, su una pagina Facebook e su un nuovo profilo Twitter. E’ intuitivo capire il ruolo giocato oggi dalla visibilità fornita dalla vetrina del web nell’autoproduzione. Nel vostro caso quanto ritenete abbia pesato l’impiego dei social network per decretare il successo della serie?
Parecchio, specialmente da quando abbiamo inaugurato la tab “Comics online” per leggere l’edizione digitale all’interno della nostra pagina Facebook. Non sono una scheggia coi social network, vorrei utilizzarli di più e meglio. Sono un punto di contatto fenomenale, secondo solo alle fiere.
Se non ci fosse stato lo strumento web, avreste mai azzardato con le vostre sole forze l’ampliamento del vostro pubblico anche ad una platea internazionale?
Senza le potenzialità del web sarebbe stato impensabile stampare e distribuire i volumi anche in lingua inglese. Eppure non ci avrei rinunciato, piuttosto avrei cercato da subito collaborazioni con soggetti stranieri.
Ultimamente anche in Italia diverse autoproduzioni e serie nate sul web hanno catturato l’attenzione di grandi editori che hanno voluto scommettere su questi progetti, presentandoli al grande pubblico in formato cartaceo, confermandone ed allargandone il successo (penso, ad esempio, alla brillante opera di Zerocalcare). Se oggi ti venisse offerta la possibilità di pubblicare “Niki Batsprite” sotto un’etichetta editoriale affermata, accetteresti o proseguiresti la tua avventura come fatto finora? E quali sarebbero le tue ragioni?
Quando apprendo che un altro autore sta avendo successo faccio salti di gioia, immagino la sua felicità e mi contagia. È molto più entusiasmante dell’invidia, dà la carica per fare di più e meglio. Queste parole possono suonare ipocrite, ma prova a pensarci: ogni autore è unico, non siamo concorrenti siamo colleghi, compagni di viaggio. Se con le tue opere dai lustro al fumetto e attiri l’attenzione dei media sull’argomento, in un certo senso mi fai un favore e non posso che esserne felice, per me e per te.
Adoro il lavoro di squadra, perciò sono aperta ad ogni proposta di collaborazione, editoriale e non. Abbiamo già un vivo sodalizio con Il Folletto del Mare e uno più recente con Ziorip.com, tramite il quale tornerò a insegnare con un corso di disegno e uno di storytelling.
Il progetto sta crescendo velocemente e vorrei coinvolgere in Niki Batsprite altre realtà dentro e fuori il mondo del fumetto. Credo che il lavoro svolto finora in autonomia descriva il mio entusiasmo e voglia di fare meglio di quanto si possa esprimere a parole.
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Sul primo numero troviamo una piccola descrizione sul processo creativo delle singole tavole. Descrivi in modo semplice e diretto dove trovi le idee che ti hanno portato alla creazione di tutto il mondo di Niki. Quanto ti senti appagata quando riesci a trovare l’idea giusta o il disegno perfetto per la scena che hai in mente?
In questo sono la mia peggior nemica, secondo una vocina interiore dovrei cestinare e ricominciare all’infinito. È il mio J. Jonah Jameson personale.
Cerco di ottenere un fumetto di cui mi innamorerei se l’avesse creato qualcun altro; allora intuisco che lo stesso coinvolgimento si trasmetterà a chi sfoglierà le pagine finite. Tuttavia nulla può competere con la gioia di scoprire in seguito, tramite le testimonianze dei lettori, che è andata proprio così!
Il vostro progetto è molto ambizioso e apre coraggiosamente anche a disegnatori emergenti e a non professionisti, un rischio che molte case editrici oggi sembrano non volersi più assumere. Qual è stato il riscontro da parte degli aspiranti fumettisti? E come vi siete trovati a gestire e coordinare disegnatori diversi?
Abbiamo ricevuto una marea di candidature, molte più di quante ci aspettassimo. Pur con tempi biblici, rispondiamo a tutte una per una, cercando di consigliare anche coloro che pur avendo talento e passione non sono ancora pronti.
Commissionare interi volumi si è rivelato troppo impegnativo. Perciò abbiamo spostato le collaborazioni su copertine e artwork: più semplici da revisionare, più gestibili i compensi, più visibilità per i disegnatori e più velocità nei turnover.
In questo primo anno abbiamo portato a termine con successo tre collaborazioni con Carlo Gemmani, Chiara Pedrini ed Ernesto Carbonetti. Nel 2013 speriamo di completarne di più.
Sogni nel cassetto? Progetti futuri?
Emozionare le persone con storie di mondi fantastici in cui magari scoprire un po’ di sé. Grazie a Niki Batsprite questo l’ho già realizzato. Ora mi auguro che il fumetto si diffonda il più possibile, vorrebbe dire che lo apprezzano in tanti e quindi che sto facendo un buon lavoro.
Di progetti futuri ne ho diversi, sempre in ambito fantasy ma molto differenti rispetto a Niki Batsprite.
Consigli da dare ad altri giovani fumettisti?
Essendo io per prima una giovane fumettista, i consigli preferirei riceverli!
Ce n’è solo uno che mi sento di darne in quanto persona con un decennio di lavoro creativo sulle spalle.
Autoprodurre un fumetto -o qualsiasi altra cosa- non è un traguardo, semmai è l’inizio di un’avventura pericolosa e meravigliosa.
Non mollate mai per nessun motivo, studiate all’infinito, siate umili e coraggiosi insieme.
Steve Jobs ci ha regalato la formula magica “siate affamati, siate folli” che riassume in pieno l’atteggiamento giusto per riuscire in ogni cosa: darle la caccia con determinazione, giorno dopo giorno, finchè non la afferriamo.
Infine, ti lascio campo libero. Esprimi un pensiero, manda un messaggio ai nostri lettori.
Credete sempre in voi stessi, diventerà tutto possibile.
Direi che Francesca è stata più che disponibile a rispondere alle nostre mille domande. Ci saluta facendo un regalo a MF con un piccolo disegno ed una dedica!
Un brindisi agli amici assenti.