X-Men n. 1 Speciale XX Anniversario – Recensione
Pubblicato il 18 Novembre 2012 alle 09:49
Panini Comics ristampa le prime storie della serie mutante che polverizzò tutti i record di vendita, scritte dal grande Chris Claremont e disegnate dall’eccezionale Jim Lee! Riscoprite l’atmosfera dei comics anni novanta!
X-Men n. 1 – Speciale XX Anniversario
Autori: Chris Claremont (testi), Jim Lee (disegni)
Casa Editrice: Panini Comics
Provenienza: USA
Genere: Supereroi
Prezzo: € 5.00, 17 x 26, pp. 48, col.
Data di pubblicazione: novembre 2012
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Quando la Marvel, verso la fine dei seventies, decise di realizzare nuove storie dei mutanti X-Men, considerava a malapena i personaggi. Il gruppo degli homo superior, infatti, inventato nei magici sixties dagli immortali Lee e Kirby, non aveva ottenuto grande successo. E nemmeno autori come Arnold Drake e Roy Thomas o disegnatori come Neal Adams erano riusciti a cambiare la situazione, tanto che a un certo punto la Casa delle Idee si limitò a ristampare i vecchi episodi. Len Wein decise di cambiare la formazione del team, lasciando al loro posto solo Ciclope e il Professor X e, coadiuvato dal penciler Dave Cockrum, scrisse i primi numeri della seconda generazione degli X-Men ma poi lasciò l’incarico all’allora sconosciuto Chris Claremont.
Costui aveva svolto lavori di vario tipo alla Marvel ma raramente si era impegnato nella stesura di sceneggiature. Dal momento che i vertici dell’etichetta erano convinti che l’X-team non avrebbe avuto riscontri di vendite, Chris ebbe molta libertà creativa. E poiché, a parte Scott Summers, Charles Xavier e Jean Grey, rientrata nella squadra, i character erano nuovi, si sbizzarrì costruendo, albo dopo albo, trame complesse e labirintiche, mutuate dallo stile delle soap opera, e delineando psicologie sfaccettate e intriganti. Oltre a ciò, Chris inserì misteri ed enigmi senza risolverli pienamente e varie questioni narrative rimasero in sospeso per anni, avvincendo legioni di fans. Sì, perché presto i seguaci degli X-Men divennero milioni e ciò avvenne specialmente quando John Byrne sostituì Cockrum alle matite.
Con la seminale sequenza della Fenice Nera, Uncanny X-Men diventò il comic-book più venduto degli Stati Uniti, dando vita a una mutant mania con miniserie e altri comic-book tutti più o meno collegati alla serie principale. Con il successo, però, arrivarono i problemi, perlomeno per Chris. Il deus ex machina dei mutanti teneva molto ai personaggi e faceva attenzione a rispettarne le psicologie. Ma la Marvel iniziò a sfruttare il fenomeno X, spesso ricorrendo ad autori non sempre a conoscenza delle intenzioni di Chris o delle vicende passate.
Verso la fine degli ottanta, giunse il coreano Jim Lee che illustrò con la bravura mozzafiato che tutti gli riconoscono le rocambolesche avventure di Tempesta e soci. Le vendite, già elevate, aumentarono ulteriormente e lo stile graffiante e ipercinetico di Lee estasiò i fan. E al principio dei novanta, pencilers come Lee, appunto, Todd McFarlane e Rob Liefield si misero in luce con disegni a tutta pagina, spiazzanti e spettacolari, che estremizzavano il gigantismo kyrbiano e rompevano con gli standard del decennio precedente. E si sviluppò pure l’ego di tali cartoonist (che di lì a poco avrebbero lasciato la Casa delle Idee per fondare l’Image). La Marvel, per tenerseli buoni, decise di varare alcuni mensili creati appositamente per loro. Uno di essi fu X-Men, testata gemella di Uncanny. Chris si era sempre opposto alla pubblicazione di un secondo comic-book ma si adattò alla situazione e scrisse i primi episodi; ma poi abbandonò sia la serie sia la casa editrice e al timone di X-Men rimase il solo Jim Lee che si occupò anche dei testi.
Il numero uno del mensile polverizzò ogni record di vendita e Panini Comics, per celebrare il ventesimo anniversario della pubblicazione, ne ristampa le prime storie in un albo di quarantotto pagine. Dal punto di vista delle trame, i mutanti giungono al culmine di quella che Chris concepì come una story-line articolata che li avrebbe portati a confrontarsi con il loro nemico per eccellenza, Magneto. Erik si era addolcito ma Chris lo fece ritornare un criminale carismatico e spietato. Malgrado gli anni siano trascorsi, i testi di Claremont continuano ad avere un’intensità e una profondità notevoli, con momenti di liricità innegabili. E la caratterizzazione del tormentato Erik, di un disperato Charles Xavier, di un violento e aggressivo Wolverine è sofisticata. Secondo una scuola di pensiero, la sequenza è considerata quella ‘definitiva’ riguardante Magneto e non mi sento, sinceramente, di contestare l’affermazione.
Ma la parte grafica non è meno valida e non potrebbe essere diversamente. Jim Lee realizzò interpretazioni memorabili di un intimidente Magneto, di una sensuale Jean Grey, di un coraggioso Ciclope, tra gli altri, con abilità sopraffina; e non va trascurata l’impostazione delle tavole, contrassegnate da un dinamismo e un senso dello story-telling che resero già allora Jim Lee un maestro e non un semplice artigiano del disegno.
L’albo, quindi, è meritevole di acquisto, benché le storie incluse presuppongano un seguito e potrebbero lasciare insoddisfatti quei lettori che non hanno avuto modo a suo tempo di seguire X-Men. In ogni caso, abbiamo a che fare con una pietra miliare del fumetto statunitense che non dovrebbe mancare nella collezione di un appassionato.