Mittsu no hanashi (Three Tales): la storia del primo anime trasmesso in televisione
La storia del primo anime
Pubblicato il 9 Febbraio 2023 alle 17:00
Mittsu no hanashi è la prima produzione anime in assoluto a essere trasmessa in televisione, nonostante questo medium divenne famoso con la trasposizione animata di “Astro Boy”, manga leggendario di Osamu Tezuka.
Atarashii douga: Mittsu no hanashi è uscito nell’inverno del 1960 solamente in terra giapponese, infatti sia il doppiaggio che i sottotitoli in altre lingue sono completamente assenti.
La forza della sperimentazione e del racconto “fiabesco” e fantastico sono presenti in questa produzione animata, che possiamo tranquillamente definire un mediometraggio dalla durata di 30 minuti. (Così come leggiamo su Wikipedia).
Atarashii douga: Mittsu no hanashi è composto da tre episodi: “Il terzo piatto” (第三 の 皿) di Hirosuke Hamada, “Oppel e l’elefante” (オ ッ ペ ル と 象) di Kenji Miyazawa e “Città assonnata” (眠 い 町) di Mimei Ogawa. Da come potete ben immaginare quest’ultimo è un reperto “storico” ed è visibile solamente su YouTube in giapponese.
L’anime viene aperto e in un certo senso presentato, con una breve canzone facente da “apri sipario”, accompagnando il pubblico verso quello che poi sarebbe stato uno dei momenti più importanti del medium nipponico, a oggi amatissimo e apprezzato da tutto il mondo.
Atarashii douga: Mittsu no hanashi, il racconto e la storia del primo anime a essere trasmesso in televisione
Questi cortometraggi hanno un target generico dedicato ai bambini, quindi “kodomo”, così come sarà con gli anime futuri diretti e creati dallo stesso Osamu Tezuka.
Mittsu no hanashi continua dopo i titoli di coda con la stessa attrice di prima, dove quest’ultima presenta le storie prima di mostrarle al pubblico, creando una sorta di “hype” prima della visione quindi; una tecnica adottata poi anche negli anni successivi da diverse produzioni anche americane, oltre che italiane.
“Il terzo piatto” (第三 の 皿) di Hirosuke Hamada
In questo primo corto, che ci viene presentato come una sorta di “Creazione”, data la mancanza del mondo così come lo conosciamo noi, possiamo notare fin da subito la mancanza di colori, insieme a uno stile completamente diverso che a oggi difficilmente possiamo associare agli anime moderni: anzi, non ci va minimamente vicino, ma forse questo è il bello dell’evoluzione, questa è la forza della narrazione.
Dio manda sulla Terra un “addetto” per la creazione dei fiori, e delle altre cose naturali dove quest’ultimo controlla il mare alla ricerca di un suolo perfetto dove piantare il tutto.
Il corto si rivela poi essere in sostanza una sorta di rivisitazione della nascita della Terra e dell’Universo in generale, dove tramite il racconto esterno riusciamo a carpire più cose su ciò che accade, vista l’assenza del doppiaggio.
La tecnica di animazione era ottima anche per gli standard dell’epoca, non tanto per i disegni in se ma proprio per alcune idee all’avanguardia considerando i mezzi degli anni ’50 per quanto riguarda il campo dell’animazione.
“Oppel e l’elefante” (オ ッ ペ ル と 象) di Kenji Miyazawa
La tecnica di animazione è simile a quella precedente in quest’altro corto, solo che notiamo uno stile di disegno e regia leggermente diverso. Ovviamente il “team” dietro cambia insieme alla scrittura e le realizzazione del tutto. Al centro delle vicende, da come potete capire è presente un elefante.
Sostanzialmente racconta della classica lotta tra uomo e natura dove quest’ultima per difendersi deve fare il gioco dell’uomo, spesso egoista e guerrafondaio. Forse una aspra critica alla società dell’epoca era presente in questa produzione, ma essendo di una leggerezza unica niente fa spazio alla violenza.
“Città assonnata” (眠 い 町) di Mimei Ogawa
Qui ci troviamo di fronte a un racconto un po più “onirico” dove il protagonista arriva in una città addormentata. Lo stile di disegno ricorda molto le opere di Picasso e Dalì, quest’ultimo, specie in quel periodo aveva influenza non solo sul campo artistico ma anche in quello cinematografico: fin da subito il tutto è ben distinto.
Una musica da sala cavalcante sul finire degli anni cinquanta accompagna il nostro personaggio all’interno di questa mistica città, dove tutti sembrano essere caduti in un sonno profondo. Piano piano vediamo anche il protagonista cadere vittima della sonnolenza, confermando l’influenza e la “caratteristica” della città stessa.
Successivamente un anziano del luogo salva il nostro protagonista da questo sonno, rivelandogli anche il movente che ha fatto scaturire tutto questo. Già da queste prime storie possiamo intuire la forte connessione nipponica con il folklore e le varie leggende della loro terra, viste le citazioni forti in questi tre corti.
In questo episodio vediamo anche un accenno di doppiaggio nell’anime stesso, oltre che esternamente come abbiamo avuto modo di vedere con le storie precedenti.