Lost in Japan: la nostalgia dei vecchi film di Dragon Ball Z – Speciale
Lost in Japan: la nostalgia dei vecchi film di Dragon Ball Z - Speciale
Pubblicato il 19 Aprile 2022 alle 12:00
Torna Lost in Japan, la rubrica nostalgica che dona un piccolo spazio comunicativo alle opere provenienti dalla Terra del Sol Levante e alle vicende vicine al mondo nerd associate, che da sempre accompagnano numerosi spazi della nostra vita e delle nostre giornate, regalandoci momenti unici, formativi e senza tempo.
Letteralmente ci perdiamo nel Giappone, nelle sue opere più immense ed emozionanti.
Oggi ci perdiamo nella nostalgia dei vecchi film di Dragon Ball, che tra gli anni ottanta/novanta hanno regalato delle perle senza età, capaci di crescere e svezzare numerose generazioni.
Alcuni lungometraggi sono più efficaci di altri questo è chiaro, ma il volto assunto da questi ultimi non è stato più mostrato nelle produzione recenti dedicate a Dragon Ball Z, che ad oggi trasmettono altro e dicono poco e nulla se consideriamo l’anima del prodotto.
La lista è davvero lunga e se vogliamo considerare solamente i film di Dragon Ball Z usciti tra la fine degli anni ottanta e nel corso dei novanta, la lista si dilunga in 13 film, esclusi gli ultimi usciti dedicati a Dragon Ball Super e i primi dedicati alla prima serie.
Nonostante i tantissimi prodotti validi, oggi vogliamo soffermarci su due titoli in particolare: Dragon Ball Z – Il Super Saiyan della leggenda e Dragon Ball Z – l’eroe del Pianeta Conuts, per dei motivi che saranno elencati in seguito.
Partendo dal primo citato, in occasione della recente uscita di Dragon Ball Super – Broly dove si rende il personaggio canonico, possiamo notare delle scelte stilistiche e di cuore se vogliamo, diverse da quelle presenti all’interno di Dragon Ball Z – Il Super Saiyan della leggenda, che introduceva per la prima volta il temibile antagonista.
La pellicola originale del 1993 (1998 in Italia) per quanto si prenda spazi ironici e scherzosi, e avvolta fin da subito da una nube angosciante e pericolosa di mistero, che nasconde un immenso pericolo pronto a comparire da dietro l’angolo quanto meno te lo aspetti.
I dubbi e le perplessità si sciolgono filo dopo filo, come una matassa ardente che nasconde l’imponente e la leggendaria figura di un guerriero sublime e altamente imbattibile.
La prima apparizione di Broly è inquietante e maligna, quasi demoniaca, infatti la paura viene trasmessa non solo ai personaggi ma anche allo spettatore, che scruta gli occhi bianchi e senza anima di Broly con angoscia e paura, incapace di anticipare le sue mosse.
Il guerriero leggendario è l’incarnazione del male. Un male massacrante e infinitamente distruttivo che si pone fin da subito come un muro invalicabile, indistruttibile.
Il senso di nullità nei personaggi impostato nel lungometraggio è davvero incredibile, visto e considerato che fin da subito carpiamo l’incapacità e la debolezza dei guerrieri Z verso un mostro del genere, che più che combattere pensa a deriderli, umiliarli e spezzarli; sia nel corpo che nell’anima.
Sprazzi di depressione e umiliazione decadono in Vegeta mentre tutti gli altri trovano la forza insieme a Goku per distruggere la temibile minaccia, liberando lo spettatore dalla nube malinconica e angosciante presente dall’inizio del film, incalzata soprattutto da musiche epiche e disturbanti; a tratti ricordano una prosa maledetta.
Paragonando tutta questa vena poetica, questo estro creativo intento a dare un volto specifico al film, al lungometraggio di Dragon Ball Super – Broly, notiamo fin da subito l’evoluzione alla commercializzazione, volta solo a introdurre/promuovere sì Broly, ma più un Gogeta Super Saiyan Blue, intento a fare letteralmente a pezzi il suo nemico.
In questo caso e Broly che viene addomesticato e pestato, da una fusione imbattibile in partenza visto che Goku e Vegeta hanno raggiunto un potere divino.
Questo non vuole assolutamente minimizzare il film, ma per quanto anche i precedenti lungometraggi erano volti alla promozione, almeno erano presenti spunti interessanti, che comprendevano tantissimi aspetti tecnici del film, come musiche, regia, dialoghi e via discorrendo.
Ultimamente assistiamo a dei lungometraggi dal budget elevato, spettacolari e visivamente incredibili, dimenticandoci che per entrare nell’anima degli spettatori serve il cuore, il contenuto velato, che spesso e volentieri nelle produzioni odierne non vediamo.
Proprio per questi motivi vogliamo parlare anche del film L’eroe del Pianeta Conuts, visto e considerato che quest’ultimo è diventato un cult grazie a una melodia presente al suo interno. Ovviamente stiamo parlando della melodia di Tapion suonata con la sua leggendaria ocarina.
Un lungometraggio normale, che dura poco più di due episodi, ma che rimane ed è rimasto nel cuore di tutti gli appassionati – nonostante si tratti sempre e comunque di materiale promozionale – grazie alla celebre e ispirata melodia, una melodia che echeggerà per sempre nelle orecchie e nel cuore di tutti i fan dell’opera di Akira Toriyama.
Per concludere non si vogliono demonizzare le opere attuali e valorizzare le precedenti, ma si vuole porre in analisi il vecchio e il nuovo e si vuole esporre l’ipotesi di come sostanzialmente, negli ultimi lungometraggi, si dia sempre e comunque spazio prima alle promozioni e poi al cuore, al corpo dell’opera, cosa che prima si tendeva ad esporre in primo piano sicuramente, creando artisticamente scene, storie e melodie fuori dal regolare scorrere del tempo.