W.I.T.C.H. – Vent’anni di Magia: intervista a Francesco Artibani
Pubblicato il 6 Dicembre 2021 alle 12:00
Venti anni sono passati dal mitico numero uno dove cinque ragazzine all’improvviso diventavano custodi dei portali per l’altro mondo: tanti auguri W.I.T.C.H.!
Il fumetto più versatile di casa Disney Italia è diventato più che maggiorenne e non è mai invecchiato: ha ancora la capacità di emozionare, far scendere un brivido e battere il cuore a generazioni di giovani e giovanissimi lettori.
Proprio per questo Disney e Giunti Editore celebrano i suoi primi venti anni con un ciclo di volumi speciali dal titolo W.I.T.C.H. 2001-2021 Vent’anni di Magia, che ripercorre le prime magiche stagioni con una lettura critica con gli occhi di oggi.
Abbiamo intervistato uno dei creatori, lo sceneggiatore Francesco Artibani, che ci ha narrato come la serie (e il suo pubblico) si è evoluto nel corso degli anni.
MF: Qual è il tuo primo ricordo legato alle W.I.T.C.H.? C’è un aneddoto in particolare da raccontare?
FA: Più che un aneddoto singolo c’è il ricordo generale di un’atmosfera molto bella in cui si creava qualcosa di nuovo. Scambi di idee sulle storie, trame, personaggi – era davvero entusiasmante veder crescere qualcosa che all’interno della Disney non si era mai visto prima.
MF: A cosa fu dovuto il successo delle W.I.T.C.H.?
FA: All’universalità del racconto, al fatto di parlare di crescita, di scoperta del mondo attraverso la forma dell’avventura e della magia. Il tema arrivava a tutti: a chi stava crescendo – come le lettrici e i lettori più giovani – e a chi era già grande. C’era una parte grafica straordinaria e c’erano storie diverse dal solito in cui si potevano affrontare temi complessi.
MF: Venti anni fa Will parlava ai cellulari, oggi lo facciamo anche noi e loro in qualche modo ci rispondono: hai mai pensato come potrebbero essere le cinque streghette nel 2021?
FA: Sarebbero personaggi più difficili da scrivere perché, una generazione dopo, è cambiato il mondo. Non è soltanto una questione di forma; la moda, la tecnologia sono naturalmente andati avanti ma le ragazze e i ragazzi sono diventati ancora più difficili da descrivere, raggiungere e mettere in scena. E ovviamente non ho idea di come potrebbero essere davvero.
MF: Le ragazze che all’epoca leggevano W.I.T.C.H. in edicola ora sono trentenni o quasi: hai mai pensato di far crescere i tuoi personaggi?
FA: Sì, assolutamente. Quella delle W.I.T.C.H. adulte sarebbe una storia interessante da raccontare.
MF: Kandrakar è un non luogo da e verso il quale le W.I.T.C.H. viaggiano spesso: ci sono dei mondi fantastici ai quali hai fatto riferimento per la creazione del magico luogo al centro dell’universo?
FA: Il luogo al centro dell’universo arriva da tante suggestioni diverse, tra queste c’è sicuramente quello della Torre Nera di Stephen King, un universo circolare di cui Kandrakar è il perno centrale intorno al quale ruota tutto.
MF: Il personaggio dai confini caratteriali indefiniti è indubbiamente l’oracolo: perché ha una storia così contraddittoria negli oltre 100 spillati?
FA: Non lo so, mi sono fermato agli episodi che ho scritto e fino a quel momento era un tipo complesso ma lineare.
MF: Witch ha avuto un grande eco anche fuori dall’Italia. Qual è il Paese dove ha avuto maggior successo? E che ne pensi dell’adattamento giapponese?
FA: Ho visto che la serie ha un bel seguito in tanti paesi ma non saprei dirti qual è il paese in cui il successo è stato maggiore. La versione manga l’ho vista, al tempo incontrammo anche l’autrice all’Accademia Disney, mi è sembrato un esperimento interessante.
MF: Nonostante la serie fosse pensata per le ragazze, con il passare degli anni ha raggiunto anche un pubblico maschile. Cosa ne pensi di questo traguardo?
FA: È la soddisfazione più grande perché ha sfatato tutti i luoghi comuni sulle letture “per femmine” o “per maschi”. Sono suddivisioni che non vanno più bene nemmeno per l’uovo di Pasqua e vent’anni fa le W.I.T.C.H. hanno dimostrato il valore di una buona storia a fumetti pensata e costruita per intrattenere tutti.