Grandi Opere Vertigo – Orbiter – Recensione

Pubblicato il 3 Agosto 2012 alle 11:00

Arriva un one-shot fantascientifico targato Vertigo scritto da Warren Ellis e disegnato da Colleen Doran: Orbiter! Cosa succede quando uno space shuttle da anni scomparso ritorna all’improvviso dallo spazio profondo? La risposta è inquietante!

Grandi Opere Vertigo – Orbiter 

Autori: Warren Ellis (testi), Colleen Doran (disegni)

Casa Editrice: RW-Lion

Provenienza: USA

Genere: Fantascienza

Prezzo: € 13,95, 16,8 x 25,6, pp. 108, col.

Data di pubblicazione: luglio 2012


Quando nel 1969 l’uomo giunse sulla luna ci fu un’ondata di entusiasmo senza precedenti nei confronti delle missioni spaziali. Lo storico avvenimento entrò nell’immaginario collettivo e numerosi scrittori, artisti, musicisti e registi si ispirarono alla Space Age, vagheggiando un mondo futuribile fatto di viaggi interplanetari, astronavi, colonie spaziali e così via. La fantascienza, sia letteraria sia filmica, aveva anticipato la tendenza; tuttavia, un autore lungimirante come J.G. Ballard, sin dai magici sixties decise di andare controcorrente affermando che l’era delle grandi missioni spaziali si sarebbe conclusa nel giro di pochi anni.

Con il senno di poi, Ballard si dimostrò preveggente. Ma la nostalgia di quel periodo di tanto in tanto riemerse e si fece sentire in varie manifestazioni creative. A ciò si può pensare leggendo Orbiter, ottimo one-shot targato Vertigo che alle suggestioni dei voli spaziali deve molto. A scriverlo è l’incisivo Warren Ellis, uno dei writer più trasgressivi e anti-convenzionali del comicdom anglosassone, che già nella splendida introduzione al tp rievoca, appunto, la suggestiva, ottimistica era gloriosa dell’astronautica, dichiarandosi affettivamente legato ad essa.

Trattandosi, tuttavia, di un fumetto contemporaneo (e, aggiungo, di un’opera di Ellis, con tutto quello che può significare), l’ingenuità è assente. Meno che mai esiste l’ottimismo. Orbiter, anzi, è frutto del disincanto provocato dalla consapevolezza che un’epoca è morta e che difficilmente potrà tornare. In tutta la trama, inoltre, si rileva un clima di pessimismo e di malinconia, enfatizzato dal fatto che Orbiter è dedicato ai sette astronauti che persero la vita a bordo dello Space Shuttle Columbia nel corso della missione STS-107 (bisogna specificare comunque che la graphic novel fu concepita e realizzata prima del tragico evento).

La storia si apre con la sequenza sconvolgente di uno Space Shuttle scomparso da una decina d’anni che precipita sul Kennedy Space Center, provocando tantissimi decessi. Innanzitutto, è strano che un fatto simile si sia verificato apparentemente senza spiegazioni logiche; e quando l’esercito giunge per indagare scopre che la situazione è talmente incomprensibile che forse solo alcuni scienziati possono essere in grado di dare una risposta. E non si tratta di scienziati convenzionali ma di tre specialisti della NASA pronti a utilizzare metodi di ricerca poco ortodossi.

Dal momento che Orbiter è, lo ripeto, un fumetto scritto da Ellis abbondano le stravaganze visionarie del geniale scrittore di Transmetropolitan, Authority, Planetary e altri capolavori: lo Shuttle, per esempio, è ricoperto di pelle; c’è persino un superstite che vive in un universo psichico tutto suo e all’interno del veicolo viene scoperto un mostruoso organismo, sicuramente alieno, la cui natura è enigmatica. Che cosa è accaduto, quindi?

Malgrado Ellis abbia delineato una story-line sci-fi, Orbiter è molto più complesso e inclassificabile di quanto possa sembrare a prima vista con influssi noir, echi del mystery, riferimenti nascosti a Jung e altri più palesi ai Pink Floyd e l’autore si collega anche alle teorie quantistiche del campo unificato di Niels Bohr, per esempio, o a quelle einsteiniane. I testi sono magnifici, intensi e introspettivi, e in determinati momenti sfiorano la poesia. Ma c’è pure un pizzico di sperimentalismo che rimanda alla narrativa di Burroughs e a quella cyberpunk di William Gibson.

Se Orbiter ha ottimi testi e una sceneggiatura impeccabile, la parte grafica non è meno valida. La bravissima Colleen Doran, che molti ricorderanno per qualche episodio di Sandman, svolge un buon lavoro riuscendo a rappresentare egregiamente i paesaggi e le ambientazioni claustrofobiche partorite dall’immaginazione di Ellis. Il suo tratto ombroso e dark, di forte impostazione cinematografica, è peraltro valorizzato dai colori cupi di Dave Stewart.

In poche parole, Orbiter è una delle più entusiasmanti proposte recenti e l’edizione RW-Lion è senz’altro migliore di quella di altri tp Vertigo usciti nei mesi passati. Da provare.


Voto: 8

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