Vertigo Hits n. 7 – DMZ n. 12 – Le Cinque Nazioni di New York – Recensione
Pubblicato il 2 Agosto 2012 alle 10:30
Si conclude il serial Vertigo che ha fatto conoscere Brian Wood: DMZ! Scoprite quale sarà il destino del reporter Matty Roth e dei suoi amici nell’ultimo volume della serie illustrata dall’italiano Riccardo Burchielli!
Vertigo Hits n. 7 – DMZ n. 12 – Le Cinque Nazioni di New York
Autori: Brian Wood (testi), Riccardo Burchielli (disegni)
Casa Editrice: RW-Lion
Provenienza: USA
Genere: Fantascienza
Prezzo: € 14,95, 16,8 x 25,6, pp. 144, col.
Data di pubblicazione: luglio 2012
Quando iniziai a seguire DMZ, serial Vertigo scritto da Brian Wood e disegnato da Riccardo Burchielli, fui subito intrigato dalle inquietanti vicende del reporter Mattie Roth che per una serie di circostanze rimaneva imprigionato nella DMZ, nazione sovrana nata dopo una guerra civile tra diverse fazioni degli Stati Uniti. Al di là del labile elemento fantascientifico e distopico, infatti, il serial era un’acuta e incisiva analisi del clima post-11 settembre e di ‘guerra di civiltà’ esistente in America a causa dell’insensata politica di Bush.
L’idea in sé era spiazzante. Wood si era chiesto: cosa accadrebbe se una situazione stile Iraq o Afghanistan si verificasse a Manhattan? Come reagirebbero e si comporterebbero i suoi abitanti? E il resto degli Stati Uniti? Tuttavia, dopo il primo momento di esaltazione, ho rilevato alcuni cali qualitativi man mano che la serie procedeva. Nel complesso, intendiamoci, DMZ resta comunque una delle produzioni Vertigo più valide e significative degli ultimi anni ma Brian Wood, a conti fatti, mi è sembrato sopravvalutato.
Non ha mai spiegato, per esempio, per quale ragione è scoppiata la guerra civile. E spesso tanti episodi sono stati il tentativo di dilatare la story-line, a volte con flashback e digressioni che da un punto di vista meramente narrativo non erano indispensabili. In altre occasioni, ho pure avuto l’impressione che lo stesso Wood non sapesse bene come far procedere la trama. In poche parole, è come se si fosse accontentato di basarsi su un’idea vincente e di proseguire affidandosi alla fortuna.
Tuttavia, non sono mancati momenti di grande livello: per esempio, la story-line imperniata su Parco Delgado e le prime libere elezioni nella DMZ era graffiante; e bisogna ammettere che Mattie Roth, dal punto di vista psicologico, si è evoluto costantemente. Uso questo tono poiché l’attuale volume, che include i nn. 66-72 del comic-book originale, costituiscono la conclusione della saga. Ovviamente, non rivelerò cosa succederà a Mattie e agli altri comprimari del serial; mi limito a puntualizzare che i nodi verranno al pettine e che il nostro reporter deciderà, in maniera drammatica e imprevedibile, di pagare per le colpe che ritiene di aver commesso.
Però non sono assenti i difetti: nemmeno stavolta Wood ci rivela i motivi della guerra civile. Si limita a modificare lo status quo della DMZ (l’area sarà divisa in cinque nazioni che, si può intuire, non avranno vita facile); la Trustwell Inc., azienda che aveva giocato un ruolo rilevante negli episodi passati e che sembrava essere stata messa da parte ritorna di nuovo in azione. E niente di più. Certamente Wood scrive testi riflessivi e suggestivi, con dialoghi profondi; ma nel complesso l’ultimo capitolo si riduce a un anticlimax che, onestamente, mi delude. E se devo riesaminare l’opera nel suo complesso, concludo che parecchie delle cose che l’autore ha raccontato si sarebbero potute benissimo svolgere nell’arco di un minor numero di episodi.
Riccardo Burchielli, penciler regolare di DMZ, è bravo come di consueto; ma stavolta i suoi disegni mi sembrano meno rifiniti e ha fatto meglio in precedenza.
Quindi, in che maniera giudico la fine di quella che è stata indubbiamente una delle serie di punta della Vertigo? In maniera negativa? No, poiché, al di là delle pecche evidenziate, la qualità non manca. Ma non mi sento neanche di esaltarla.
L’edizione RW-Lion è buona e il tp è di gran lunga migliore di altri Vertigo usciti nei mesi passati ed è inoltre corredato da un’intervista allo stesso Burchielli che però si riduce a una sostanziale genuflessione acritica nei confronti di una presunta rockstar del fumetto italiano. E potevamo risparmiarcela. Pazienza.