Storia delle Console – Parte 4: la guerra dei bit
Pubblicato il 22 Agosto 2020 alle 11:00
L’arrivo della nuova generazione è ormai alle porte ed entro la fine del 2020 vedremo il lancio di PS5 e Xbox Series X. Nintendo nel frattempo segue la sua filosofia di non competere con nessuno e lo Switch prosegue con le sue ottime vendite e il parco titoli che si ampia sempre più a distanza di 3 anni dal lancio.
Le cose erano molto diverse agli albori del medium e le console tra cui scegliere non erano così poche. Ma sopratutto, il ruolo di Nintendo non era quello di adesso, a volte quasi defilato.
Nella quarta parte di oggi vedremo ciò che viene comunemente chiamata “la guerra dei bit“. Il nome deriva dalla letterale sfida costante tra Nintendo e Sega per il dominio del mercato attraverso la potenza di calcolo delle console, attraverso il conteggio dei bit.
Una pratica assai inusuale se si pensa che fino a quel momento nessuno aveva mai parlato di bit, e nessuno parlò mai più di bit neanche dopo in effetti. La potenza e la facilità di programmazione delle console era infatti da ricercarsi altrove.
Per esigenze di marketing, tuttavia, fu questa la campagna pubblicitaria adottata. Potete recuperare la scorsa parte qui. La prima e seconda parte sono invece rispettivamente qui e qui.
Il successore del NES: il Super Nintendo
Il Nintendo Entertainment System era stata una console rivoluzionaria. Aveva dato vita a numerosi capolavori e aveva permesso a decine di terze parti di sviluppare titoli per la console. Era solo logico quindi che Nintendo avesse grandi piani per il successore del NES. A succedere sarebbe stato lo SNES, che era semplicemente l’abbreviazione di Super Nintendo Entertainment System.
Un nome chiaro e facile da ricordare, e che suggeriva proprio un’evoluzione della console precedente. In Giappone era stato chiamato semplicemente Super FamiCom, coerentemente con il nome dell’originale FamiCom.
La campagna pubblicitaria e i tempi precedenti al lancio della console furono tra i più agguerriti che la storia dei videogiochi ricordi. SEGA aveva infatti iniziato un poderoso sforzo per pubblicizzare il Sega Mega Drive per poter rivaleggiare contro il colosso di Kyoto.
Questo periodo precedente al lancio della console fu non proprio roseo per Nintendo, che veniva spesso accostata ad una console per bambini, mentre SEGA affermava che il Mega Drive fosse la vera macchina da gioco per adulti.
Le vendite, almeno inizialmente, pur essendo notevoli, non avevano raggiunto le aspettative di Nintendo. Ma soprattutto non riuscivano a stare al passo con il successo iniziale del Mega Drive.
La situazione iniziò poi a capovolgersi con il passare del tempo e lo SNES ebbe un’impennata di vendita grazie al fatto che la console SEGA non ebbe mai il successo sperato in madrepatria e grazie all’uscita di titoli di peso per la console Nintendo.
Lo SNES terminò il suo ciclo vitale con circa 50 milioni di unità piazzate in totale ed ebbe un notevole successo praticamente ovunque, rimanendo una delle console più apprezzate della storia per il suo parco titoli sterminato, variegato e dotato di giochi dalla grande qualità. Donkey Kong Countries, il rivoluzionario Star Fox, Super Mario World e Super Castlevania IV sono soltanto una manciata dei capolavori di questa piattaforma.
Lo SNES non era stata la prima console a 16 bit lanciata sul mercato. Nel contesto della quarta generazione era stata già preceduta dal PC Engine di NEC. L’idea di Nintendo era quella di, inizialmente, puntare su un lettore CD. Questo nasceva dall’esigenza di abbattere i costi delle cartucce, costose da produrre, e proporre un nuovo supporto per i videogiochi. La tecnologia CD-ROM tuttavia, ancora piuttosto acerba e poco diffusa verso la fine degli anni ’80.
Nintendo sapeva bene che il Sega Mega Drive era una console più potente dello SNES e aveva bisogno di puntare su altro che rendesse appetibile la propria macchina da gioco. L’accordo con Sony sui CD-ROM doveva dar vita ad un prototipo di nome Play Station (vi ricorda qualcosa?) ma l’accordo saltò improvvisamente dopo che Nintendo si tirò indietro all’ultimo momento, con grande delusione di Sony, che continuò lo sviluppo in proprio di questa macchina di cui sentiremo parlare in futuro.
L’uscita in Giappone avvenne nel novembre 1990 a cui fece seguito il lancio, un anno dopo, negli Stati Uniti e in Europa nel 1992. Fu proprio nel Vecchio Continente che la console faticò ad ingranare: SEGA aveva già sfruttato i due anni di ritardo del lancio di SNES in Europa e aveva creato una solida base di fan e appassionati, forte anche del fatto della relativamente bassa diffusione del precedente NES.
Il rivale di Nintendo: il Sega Mega Drive
Già dagli anni ’80 era chiaro come SEGA fosse il principale competitor di Nintendo. La guerra dei bit fu solo la conseguenza naturale di questo testa a testa delle due aziende. SEGA mise su una feroce campagna pubblicitaria e anche di schernimento nei confronti del rivale. Negli spot affermava chiaramente che Nintendo creasse console per bambini e che il pubblico non poteva aspettarsi che fosse la casa di Kyoto a progettare una macchina da gioco potente.
Termini come blast processing furono creati ad hoc da SEGA proprio per portare avanti questa massiccia campagna pubblicitaria e screditare Nintendo. Nonostante le due console fossero effettivamente entrambe a 16 bit, il Sega Mega Drive veniva sempre portato avanti come esempio di futuro del videogioco. Questo grande sforzo, anche dal punto di vista economico, della compagnia pagò nel breve termine, ma meno sul lungo.
Il Sega Mega Drive, noto negli Stati Uniti come Sega Genesis fu un ottimo successo commerciale, specialmente nel periodo iniziale. Nonostante abbia piazzato quasi 30 milioni di unità, fu presto però messo di nuovo all’ombra da Nintendo che superò di molto il successo di SEGA. Nonostante questo, il Mega Drive non può essere considerato un fallimento, né una console di poco conto.
In Giappone la console non riuscì mai a decollare, mentre in Europa, e in particolare negli Stati Uniti, ebbe un grande successo. Era infatti in quest’ultimo paese che le campagne pubblicitarie erano state più feroci. Altri passi falsi poi ne minarono il giudizio complessivo come l’introduzione di numerosi add-on per leggere CD-ROM che però fecero aumentare il prezzo complessivo della console e non proponevano, nella maggioranza dei casi, giochi di qualità.
Sicuramente il cavallo di battaglia del Sega Mega Drive fu Sonic the Hedgehog. Il primo capitolo della fortunata saga fu letteralmente la killer app di SEGA di cui divenne anche mascotte ufficiale. Altri giochi di spessore fu l’ottimo Phantasy Star e Shinobi, così come Streets of Rage.
NEC e il PC Engine
Il PC Engine, conosciuto negli Stati Uniti come TurboGrafx-16, fu la prima console di quarta generazione in assoluto. Prodotta da NEC, uscì in Giappone nel 1987 e nel resto del mondo due anni dopo. In madrepatria ebbe uno straordinario successo, ma fallì nell’imporsi al di fuori del paese del Sol Levante.
Obiettivo di NEC era quello di creare una console che esteticamente fosse compatta e che dal nome potesse richiamare invece i PC degli anni ’80 in modo da rendere la macchina appettibile ai videogiocatori. Dopo un successo iniziale notevole in Giappone, si trovò poi però a competere con il Sega Mega Drive che, come abbiamo visto, ebbe un notevole successo all’estero.
Il lancio statunitense si rivelò non proprio entusiasmante, similarmente a quanto poi accadde in Europa. Il TurboGrafx-16 era del tutto identico strutturalmente al PC Engine, ma risultava più grosso e quindi ingombrante. Le cartucce erano invece identiche ma dotate di blocco regionale che impediva di giocare ai titoli giapponesi. Fu anche commercializzato un lettore CD, che però non ebbe lo stesso successo della console.
Gli attori minori della quarta generazione: NEO GEO e CD-i
Altre due console fisse sono degne di essere citate nel contesto della quarta generazione: il NEO GEO di SNK e il CD-i di Philips. Il primo voleva proporsi come una via di mezzo tra console casalinga e sala giochi in quanto molti dei titoli arcade veniva portati per questa macchina. Nonostante in Giappone ebbe un buon successo, non riuscì mai ad imporsi al di fuori della madrepatria. I punti di forza del sistema erano da ricercarsi nella già menzionata possibilità di giocare giochi da cabinato in casa e soprattutto il prezzo inferiore della console e dei videogiochi stessi.
Il Philips CD-i fu invece una console fallimentare per via di un parco titoli povero e di scarsa qualità. L’obiettivo di Philips era imporre il supporto CD-ROM come futuro del medium videoludico, riuscendo addirittura ad ottenere degli accordi con Nintendo per lo sviluppo di alcuni titoli di Zelda e Mario (i due Legend of Zelda divenuti poi famosi per aver creato il filone degli YouTube Poop negli anni 2000). Inoltre i giochi di lancio si rivelarono essere dei semplici quiz che non furono ben accolti.
Il mercato portatile: il Game Boy di Nintendo, Sega e Atari
Se si vuole cercare l’inizio della storia delle console portatili per come le intendiamo noi oggigiorno, bisogna guardare alla quarta generazione. Risalente al 1989, il Game Boy fu una console rivoluzionaria, una delle più vendute in assoluto e anche una delle console dal più lungo arco vitale. Con quasi 120 milioni di unità e circa 14 anni di vita, il Game Boy, in tutte le sue revisioni, fu un successo planetario. Successo che poi verrà eguagliato e superato da Nintendo stessa negli anni successivi.
Nonostante la chiara potenza di calcolo ridotta rispetto ad una console fissa, la portatilità e il parco titoli sterminato furono le due caratteristiche che lo portarono al suo straordinario successo. Nintendo, ora forte di una console casalinga di spessore e una portatile che si vendeva praticamente da sola, uscì praticamente vincitrice dalla cosiddetta guerra dei bit, dimostrando tra l’altro proprio che i bit non sono tutto.
Anche nelle portatili, SEGA fu il principale competitor di Nintendo, non riuscendo però minimamente a scalfire il prestigio del Game Boy, diversamente da quanto era accaduto con il Mega Drive. Il Sega Game Gear riuscì a piazzare quasi 11 milioni di unità. Si tratta di una cifra sicuramente positiva e ragguardevole, ma a confronto di quella del Game Boy, SEGA fallì dall’emergere. Nonostante tutto la console era tecnicamente superiore al Game Boy, ma il suo prezzo superiore, i titoli decisamente inferiori in numero e l’utilizzo di più batterie e meno autonomia della console ne decretarono l’insuccesso complessivo.
Del tutto fallimentare invece fu il Lynx. Prodotto da Atari, la compagnia si era defilata durante la quarta generazione e stava progettando il Jaguar, la console di cui parleremo nel prossimo speciale e facente parte della quinta generazione. Il Lynx piazzò all’incirca 500.000 unità e fu l’inizio della fine della storica casa che aveva consegnato alla storia l’Atari 2600 e gli albori del videogioco. Rilasciata nel 1989, il Lynx fu oscurato prima dal Game Boy e in seguito anche dal Game Gear che si rivelarono più appetibili nonostante la potenza del Lynx fosse superiore.
Inoltre, il peso complessivo e l’utilizzo di sei batterie che si scaricavano facilmente, insieme ad un prezzo un po’ elevato, non aiutò Atari a vendere la propria console portatile. Questo terminò l’unica effettiva avventura in questo campo della compagnia.
La quarta generazione fu dunque quella che vide gli albori della cosiddetta “console war” ma incentrata sui bit e quindi per la prima volta sulla potenza di calcolo delle stesse. Nintendo e Sega furono grandi rivali e diedero vita all’accesa battaglia che abbiamo ripercorso in questo speciale. In realtà dalla quinta generazione molti di questi equilibri che si erano consolidati fino a questo momento verranno meno e dalle ceneri di questa guerra accanita emergerà un nuovo colosso che reinventerà ancora una volta come si videogioca. Ma di questo ne parleremo nel prossimo speciale, la quinta parte della storia delle console.
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