Lo Zen e Steve Jobs – Recensione
Pubblicato il 28 Giugno 2012 alle 11:34
Quali erano i rapporti tra il geniale Steve Jobs e il misticismo di matrice orientale? Scopritelo in questo splendido volume pubblicato dal gruppo Forbes, scritto da Caleb Melby e illustrato dal collettivo Jess3!
Lo Zen e Steve Jobs
Autori: Caleb Melby (testi), Jess3 (disegni)
Casa Editrice: Rizzoli
Provenienza: USA
Prezzo: € 15,00, pp. 88, b/n
Genere: Biografico
Data di pubblicazione: Maggio 2012
Steve Jobs è annoverato tra le personalità più significative, innovative e geniali del mondo contemporaneo e la sua morte ha lasciato un vuoto incolmabile. Nel periodo successivo al suo decesso ci sono stati libri, articoli giornalistici e programmi televisivi che non hanno fatto altro che celebrarlo e la sua frase ‘Stay hungry, stay foolish’ è entrata nell’immaginario collettivo.
Alcuni hanno anche analizzato i suoi difetti caratteriali, cercando quindi di distaccarsi da risapute agiografie. Ma tutti concordano su un punto: la contemporaneità deve moltissimo a Steve Jobs e non potrebbe essere diversamente, specie se si ragiona sulla rilevanza dei computer e della tecnologia informatica nella nostra quotidianità. Pochi però hanno preso in considerazione il fatto che Jobs faceva parte di quella straordinaria generazione che negli anni sessanta sognava di cambiare il mondo. E molte di quelle menti giovanili erano affascinate dal misticismo zen. E tra esse c’era appunto Steve Jobs.
Lo zen fu reso popolare dal maestro Suzuki e dallo statunitense Alan Watts. Questi, in particolare, lo presentò in una maniera facilmente comprensibile per gli americani. Steve Jobs, come i beat e vari esponenti del Flower Power, si avvicinò allo zen. Ma dopo l’incontro con Kobun Chino Otogawa, monaco buddista che dal Giappone si era trasferito negli Stati Uniti, il suo coinvolgimento divenne pressoché totale. Tra i due nacque una profonda amicizia e non c’è da stupirsene. Otogawa, infatti, era considerato un ribelle da Suzuki e da altri custodi dell’ortodossia zen poiché aveva osato personalizzarlo. Secondo Otogawa, lo zen non poteva essere statico ma andava adattato e modificato a seconda dei contesti sociali e culturali. Anche Jobs, dal canto suo, era un ribelle e la sua esperienza nell’ambito del sistema capitalistico lo conferma.
Caleb Melby, sceneggiatore e collaboratore di Forbes, ha deciso di affrontare questo aspetto della vita di Jobs con una graphic novel dal titolo Lo Zen e Steve Jobs, pubblicata da Forbes e tradotta in Italia da Rizzoli. Naturalmente l’autore ha giocato con la fantasia, immaginando le conversazioni tra Jobs e Otogawa e delineando una story-line intensa e piacevole. La struttura della storia è caratterizzata da una continua alternanza di flashback e flashforward e il lettore avrà modo di vedere Steve Jobs in diversi stadi della sua evoluzione spirituale, senza trascurare l’elemento imprenditoriale della sua vita. Anzi, Melby chiarisce che le invenzioni di Jobs sono frutto delle sue esperienze zen: in poche parole, i prodotti informatici della Apple sono l’emanazione del misticismo del suo creatore. Inoltre, Melby riesce a descrivere in maniera efficace le analogie esistenti tra Jobs e Otogawa con un efficace parallelismo.
Testi e dialoghi sono lievi e poetici, ricchi di un’essenzialità che ha la stessa valenza epigrammatica dello zen (ma sono evidenti pure le suggestioni mutuate dalle poesie haiku) e la lettura risulta scorrevole. Ma anche per ciò che riguarda il disegno l’opera è pregevole. Il collettivo Jess3 utilizza uno stile lezioso e fluido contrassegnato da notevole bellezza formale che evoca visivamente la leggerezza del pensiero orientale, benché non ci siano influssi grafici made in Japan (a parte forse la presenza di elementi che rimandano alla calligrafia nipponica). Le pagine, inoltre, sono caratterizzate dalla riuscita unione del bianco, del nero e di colori che contraddistinguono i capitoli e simboleggiano svariate ambientazioni temporali. Ci sono, per esempio, un verde tenue, un celeste delicato, un rosso mai troppo violento e così via; e l’opera esprime la pacatezza e la tranquillità tipiche della meditazione. Perciò, a mio avviso, questo è un libro da tenere d’occhio e vale un tentativo.