James Healer – Recensione

Pubblicato il 27 Giugno 2012 alle 11:27

Arriva un volume noir di area francofona scritto da Yves Swolfs e disegnato da Giulio De Vita! Seguite le cupe e inquietanti vicende dell’indiano James Healer, detective dalle capacità medianiche, adatte a tutti gli estimatori del genere crime!

James Healer – Camden Rock

Autori: Yves Swolfs (testi), Giulio De Vita (disegni)

Casa Editrice: GP Publishing

Provenienza: Francia

Genere: Thriller

Prezzo: € 4,50

Data di pubblicazione: maggio 2012

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Come ho avuto modo di scrivere in altre occasioni, GP Publishing sta meritoriamente proponendo fumetti di area francofona in bianco e nero e in formato bonellide, spaziando tra i generi. Abbiamo avuto quindi modo di leggere il western di Durango e Comanche, la fantascienza di IAN, il thriller di impronta cospiratoria di Caino o il fantasy di Whisher. E bisogna segnalare pure un interessante albo auto-conclusivo, James Healer, che non mancherà di piacere agli estimatori di serial televisivi stile ‘Criminal Minds’.

Scritto dall’esperto Yves Swolfs, è ambientato negli Stati Uniti o, per essere più precisi, nell’entroterra americano che romanzi, film e telefilm hanno rappresentato come sede di inconfessabili e inquietanti pulsioni nascoste da una patina di finta rispettabilità. Dal punto di vista tematico non c’è nulla di nuovo o di rivoluzionario; anzi, lo sceneggiatore gioca con i cliché tipici di questo tipo di storie; tuttavia, costruisce una story-line avvincente che ha il pregio di catturare immediatamente l’attenzione del lettore.

Il protagonista del fumetto, James Healer, appunto, è un detective indiano dotato di capacità medianiche e nel corso di tre episodi dovrà confrontarsi con segreti sconvolgenti riguardanti personaggi rispettabili che vivono in una cittadina che fa pensare alla celeberrima Twin Peaks di David Lynch. Qui alcune ragazze sono state brutalmente assassinate ed è evidente, almeno all’apparenza, che un maniaco si aggira nella zona. Ma è davvero così?

James si confronterà con il lato più malato e deviato dell’America tradizionale e Swolfs delinea il ritratto di una nazione afflitta da mali endemici come il razzismo e la mentalità fondamentalista e bigotta di ampi strati della popolazione, denunciandone al contempo l’ipocrisia. Tra droga, incesti, orge, padri spietati e senza scrupoli e potenti corrotti, quindi, Swolfs costruisce una crime story, mixata con elementi legati al misticismo, che è un gioiello, ricorrendo a testi intensi e introspettivi e dialoghi influenzati dagli action-movies.

Un altro dettaglio fondamentale dell’opera è costituito dal fascino esercitato da Hollywood sui cuori e sulle menti di tante persone. Se nei primi due capitoli c’è, per esempio, una donna distrutta dai suoi sogni hollywoodiani, nel terzo episodio Swolfs ci conduce proprio a Los Angeles, nel cuore stesso della Mecca del cinema, e qui si riscontrano echi della narrativa di Ellis. In questo caso, James deve rintracciare la figlia viziata di un attore indiano che ha deciso di abbandonare la sua esistenza di eccessi, feste in piscina, cocaina e sesso facile per riscoprire le sue origini Lakota. Ma ci sono di mezzo il suo ragazzo, un poco di buono che farebbe bella figura in un film di Tarantino, e due coniugi pervertiti che abbordano giovani coppie nei casinò, e la situazione degenera. Per giunta, lo spettro dell’Aids, da considerare quasi metafora della malattia spirituale che affligge i riccastri, è incombente. Anche nell’episodio in questione, comunque, Swolfs svolge un ottimo lavoro e la story-line è contrassegnata da ritmo e scorrevolezza innegabili.

Per ciò che concerne l’aspetto grafico, il bravo Giulio De Vita rende giustizia alle sceneggiature, dimostrandosi abile nella costruzione delle tavole, con un taglio delle scene cinematico che esprime visivamente un notevole senso del movimento. Inoltre, ogni personaggio è ben caratterizzato e De Vita riesce ad evocare il tormento interiore di James Healer, la congenita corruzione dei potenti, l’erotismo spesso dirompente dei character femminili con perizia encomiabile. In poche parole, ribadisco che James Healer non è rivoluzionario o innovativo; ma è valido e a mio avviso non va trascurato.


Voto: 8

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