Dispatches from Elsewhere: Jason Segel su Amazon | Recensione
Pubblicato il 15 Giugno 2020 alle 20:00
La serie antologica è stata presentata a Berlinale Series 2020.
Titolo originale: Dispatches from Elsewhere
Genere: drama, soprannaturale, antologico
Episodi: 10
Durata: 50-60 minuti ca.
Creata da: Jason Segel
Basata sul documentario: The Institute di Jeff Hull & Spencer McCall
Cast: Jason Segel, Andre Benjamin, Eve Lindley, Richard E. Grant, Sally Field
Produzione: AMC Studios, Scott Rudin Productions, Stalwart Productions
Distribuzione Usa: AMC
Distribuzione Italia: Amazon Prime Video
Data di uscita Usa: 1° marzo 2020
Data di uscita Italia: 15 giugno 2020
È davvero difficile descrivere Dispatches from Elsewhere, la serie antologica di AMC che approda dal 15 giugno su Amazon Prime Video.
La serie è creata e interpretata da Jason Segel, l’amato Marshall Eriksen di How I Met Your Mother, qui al suo primo ruolo da “solista”, autore e produttore. Per farlo l’attore ha riunito tre colleghi diversissimi fra loro, eppure complementari, proprio come i loro personaggi. Accanto a Segel-Peter, Eve Lindley interpreta l’affascinante e complessa Simone, Andre Benjamin è il cospirazionista Fredwynn e l’adorabile Sally Field (che torna alla serialità dopo Brothers & Sisters) interpreta Janice, madre e moglie preoccupata per le sorti del marito malato. Come è riuscito Segel a riunire un cast tanto variegato? Gli ha chiesto un leap of faith, un atto di fede, lo stesso che chiede al proprio pubblico per addentrarsi nella visione della serie.
Le “lettere e messaggi dall’altrove” sono quelle che arrivano in modi diversi ai quattro protagonisti di questa storia, quattro persone nella cui vita manca qualcosa ma non riescono a capire esattamente cosa. Il quartetto incappa in una sorta di “caccia al tesoro”, un enigma da risolvere, e farà squadra per venirne a capo, così come per venire a capo delle proprie apparentemente insignificanti vite.
La serie si distanzia sia da classici antologici come Ai confini della realtà e Amazing Stories, che avevano un tono più sci-fi e dark, ma anche da esperimenti più recenti come la Twilight Zone di Jordan Peele, votata all’integrazione, alle Storie Incredibili di Apple Tv+ che omaggiano Spielberg, ma anche alle suggestioni visive e emotive di Tales from the Loop. Nell’omaggiare tutti questi illustri precedenti e ispirandosi al documentario The Institute di Jeff Hull & Spencer McCall, che mostrava un’esperienza di gioco collettivo che a San Francisco per 3 anni ha coinvolto oltre 10000 persone attraverso volantini sparsi per la città, Segel mette in piedi un “gioco” meta-narrativo sul genere, iscrivendolo in molti altri.
Dispatches from Elsewhere mescola infatti dramma, commedia, fantastico, esistenziale, mystery e probabilmente molto altro. E’ uno state of mind che utilizza però un assunto molto pratico: quanti di noi vorrebbero sentirsi speciali almeno un giorno nella routine della propria vita? Di scoprire di avere un talento utile al mondo? Di scoprire che c’è qualcosa di più, che siamo nati per uno scopo più grande di noi, che ci attende un’avventura così meravigliosa che magari non potremo raccontarla a nessuno? Il telefilm va a indagare il sentirsi inadeguati al mondo di ognuno di noi ed è un vero e proprio “viaggio collettivo” degli spettatori.
Emblematico a questa funzione di meta-racconto è il narratore onnisciente, Octavio Coleman, Esq., che sta per Esquire, un termine che ha origine dallo squire medievale, lo scudiero, e che si è poi in evoluto a identificare sia una figura aristocratica o a cui portare rispetto, sia una persona che pratica diritto e che si occupa dei documenti relativi a un caso. Interpretato magnificamente da Richard E. Grant, Octavio è narratore ma è anche personaggio, è parte attiva nella trama anche se sembra essere guidato da qualcuno, come il resto dei “burattini” nelle mani di Segel.
Peter, Simone, Fredwynn e Janice sono uniti dal caso o dal destino? C’è il disegno di un’entità al di sopra di noi o siamo noi il motore delle nostre azioni? In questa annosa domanda di lostiana memoria si iscrive Dispatches From Elsewhere, senza voler essere nessun altra serie in particolare ma essendo solamente se stessa. Il messaggio finale del serial e di Jason Segel, sviscerato maggiormente nell’ultimo episodio che vede un omaggio al grande cinema forse un po’ troppo autoreferenziale, è proprio il leap of faith da fare nei confronti della vita, un messaggio positivo di speranza e del “fare squadra”. Un messaggio pieno di dolcezza e intimità, che il creatore costruisce insieme ai propri spettatori oltre che fra i protagonisti, un assunto per dire che forse siamo meno soli al mondo di quanto pensiamo.
In Breve
Giudizio Globale
8.0