Darwin – Romanzi a Fumetti Bonelli n. 7 – Recensione
Pubblicato il 11 Giugno 2012 alle 13:26
Arriva un nuovo, come sempre atteso, romanzo a fumetti Bonelli. Purtroppo il primo a tradire l’altissima qualità degli albi usciti finora…
Darwin
Romanzi a Fumetti Bonelli n. 7
Autori: Paola Barbato e Luigi Piccatto
Casa Editrice: Sergio Bonelli Editore
Provenienza: Italia
Prezzo: 9,50 €
Data di pubblicazione: Giugno 2012
21 dicembre 2012: come da ottimistica profezia Maya arriva la fine del mondo.
Una pioggia di meteoriti che dura incessantemente per quattro giorni e bum, come da ottimistico filone narrativo post apocalittico/catastrofico si torna improvvisamente nel Medio Evo e la gente s’ammazza per una bottiglia da un litro e mezzo di Evian.
Kent Darwin è uno studente alla Sorbona di Parigi; irlandese, è fidanzato con la bella Chieko, sua collega universitaria giapponese che è un po’ spaventata dalla prospettiva di sposare un “non” giapponese come Kent causa papà un tantino retrogrado e sciovinista presumibilmente imperialista nipponico.
Proprio mentre i due discutono di questo problema, la pioggia di bolidi celesti comincia violentissima e la loro vita viene sconvolta.
Nel marasma assoluto che si viene a creare Chieko decide di seguire un suo professore (odiato ben poco discretamente da Kent) nel suo bunker sotterraneo che funge da laboratorio all’università mentre Darwin si ritrova solo.
Feritosi ad un fianco perde i sensi e, novello Rick Grimes, si risveglia dopo quattro mesi quattro ritrovandosi in un mondo completamente diverso, dove come dicevamo vige ormai la legge del più forte e la società civile semplicemente non esiste più.
Da qui si sviluppa la storia di questo Darwin, settimo numero della collana Romanzi a Fumetti Bonelli, che però, dopo questo avvio canonico, ad un certo punto della narrazione prende una strada un tantino diversa dal solito racconto post apocalittico, ma di cui non vi dico nulla per non rovinare la sorpresa.
Premessa necessaria: chi scrive è fermamente convinto che The Walking Dead di Robert Kirkman sia una delle migliori serie in assoluto e che alcuni degli albi migliori usciti negli ultimi anni dai tipi della Sergio Bonelli siano proprio i Romanzi a Fumetti (per ora tutti bellissimi con un paio assoluti capolavori, vale a dire Gli Occhi e il Buio di Simeoni e lo strepitoso Mohican della coppia Morales/Diso).
Se poi aggiungete che a mio modesto parere Paola Barbato è tra i migliori scrittori della casa editrice milanese (si badi, non sceneggiatori ma proprio “scrittori” tout court) allora vi lascio immaginare con quale hype aspettavo questo nuovo fumetto.
Alla fine, però, posso laconicamente affermare che l’aspettativa è stata quasi totalmente delusa.
Darwin è un fumetto riuscito solo parzialmente: il soggetto (tra l’altro dello stesso Luigi Piccatto, disegnatore dell’albo) è discretamente interessante, con tutti gli elementi che ci si aspetterebbe da una storia post apocalittica al posto giusto.
La prima parte (o per meglio dire il primo terzo) della storia scorre molto bene rendendo la lettura particolarmente godibile: come sempre accade in questo tipo di storie il fruitore prosegue la lettura avidamente spinto dalla forte curiosità di scoprire “cosa e come sarà” il mondo dopo la catastrofe (in fin dei conti il filone alla Mad Max o alla Romero è pur sempre un grosso what if paradigmatico, dove il maggior divertimento sta proprio nello scardinare i cardini narrativi del genere immaginando quel che potrebbe succedere “se”) e Paola Barbato si dimostra particolarmente a suo agio in questo tipo di narrazione, essendo tra l’altro lei stessa un’autrice dal grande potenziale immaginifico.
Ma purtroppo quando la storia prende la strada “un tantino diversa” alla quale accennavo sopra, qualcosa comincia a stridere e, soprattutto, Darwin diventa una cosa diversa da quel che dovrebbe essere, convincendo pochissimo.
Non solo tradisce le aspettative del lettore (che in un fumetto popolare sono comunque necessariamente imprescindibili), ma comincia a prendere una deriva troppo poco convincente nell’insieme, tra personaggi privi di mordente, situazioni poco probabili ed un finale assolutamente inefficace e troppo frettoloso (non a caso le ultime 30/40 tavole sono sicuramente le meno riuscite di tutto l’albo).
Sarà una (spiacevole) coincidenza, ma le ultime uscite della Sergio Bonelli Editore sono state, per usare un eufemismo, quantomeno poco affascinanti, tra il reboot di Nathan Never che lascia abbastanza interdetti e l’ultimo nato, Saguaro, un personaggio che avrà l’onore/onere di essere un nuovo eroe non di una mini ma di una serie intera senza una fine definita e che invece di provare a seguire le orme “mature” di un fumetto come Scalped della Vertigo si limita a riproporre le solite dinamiche un po’ stantie alla Tex o alla Mister No (sia chiaro, due totem del fumetto italiano, ma nati in un’altra era, un altro mondo).
Insomma, questo Darwin non fa altro che confermare quanto sia forte la Sergio Bonelli come casa editrice (è pur sempre un fumetto di Paola Barbato e Luigi Piccatto, mica bruscolini, e poi personalmente credo che anche solo il redazionale di presentazione all’albo valga il prezzo del biglietto, tanto riesce ad essere “pregno”) ma come, allo stesso tempo, alcune soluzioni possano cominciare ad essere poco convincenti: dicevo che il fumetto popolare presuppone un certo tipo di codice linguistico per essere funzionale (e non bisogna essere Umberto Eco per fare un’affermazione del genere), ma è altresì vero che questi anni che stiamo vivendo sono anni di cambiamento, di svolta.
Un fumetto come Darwin non convince per tanti, troppi motivi, ma soprattutto non convince perché vorrebbe essere qualcosa di diverso ed originale fallendo su tutta la linea, restando in bilico su quella sottilissima linea di demarcazione tra la “solita solfa” e il “solito brodo ma con quel qualcosa in più”: vorrebbe azzardare una strada diversa dal consuetudinario percorso di genere (come per esempio, restando in ambito bonelliano, “non” aveva giustamente fatto Tito Faraci col suo Brad Barron), ma proprio non riesce a persuadere la direzione che decide di dare alla storia la Barbato.
E poi il finale è davvero brutto, sinceramente.
Mia nonna avrebbe detto che non è ne carne ne pesce. Mi dispiace, ma sarei stato d’accordo con lei.