4 aprile 1978: Goldrake debutta sulla TV italiana

Pubblicato il 4 Aprile 2020 alle 14:00

Alle 18:45 del 4 aprile 1978 sulla Rete 2 della RAI all’interno del contenitore Buonasera con… , fu trasmessa la prima puntata di UFO Robot Goldrake (nota allora come Atlas UFO Robot), introdotta da una presentazione della annunciatrice Maria Giovanna Elmi, che spiegava al pubblico italiano le caratteristiche della serie che in effetti era la prima serie robotica giapponese a essere trasmessa in Italia.

E da allora, è proprio il caso di dirlo, la televisione italiana non fu più la stessa: Goldrake conquistò il pubblico, non solo quello dei bambini, ma anche quello più grandicello, grazie ad una trama ed a delle animazioni che non avevano precedenti nel nostro Paese.

E, visto il successo di ascolti, era inevitabile che anche le altre televisioni cercassero di accaparrarsi questi “cartoni giapponesi”, una corsa all’acquisto che fece negli anni diventare il nostro Paese il maggiore acquirente occidentale di cartoni animati giapponesi (era ancora lontano il termine “anime”).

Con Goldrake anche lo sviluppo del merchandising legato ai prodotti destinati ai ragazzi si sviluppò repentinamente, con l’effige del robot presto finita su centinaia di prodotti diversi, dai fumetti, ai libri, ai dischi, alle maschere di carnevale.

Per chi non conosce la trama: il principe Duke Fleed fugge insieme al suo robot Goldrake (Grendizer) dal suo pianeta natale Fleed in seguito all’attacco delle truppe del Re Vega. Giunto sulla Terra Duke Fleed viene trovato gravemente ferito dal dottor Procton (Genzo Umon), direttore dell’Istituto di ricerche spaziali, il quale lo nasconde sotto le mentite spoglie di Actarus (Daisuke Umon), facendolo passare per suo figlio, mentre il robot con il suo disco spaziale viene nascosto nell’istituto.

Circa otto anni dopo, anche le truppe di Vega giungono sulla Terra, stabilendo la base sulla Luna. Actarus, per difendere il suo nuovo pianeta, deve fare ricorso al robot. Ad aiutarlo c’è il giovane Koji Kabuto, Alcor nella versione italiana, il quale pilota un disco volante chiamato TFO (Test Flying Object).

Come avrete capito dall’ultima frase, la serie è la terza parte di una trilogia insieme con Mazinga Z e Grande Mazinga; ma in Italia fu trasmessa prima delle altre due, e così la continuity si è persa, anche per la modifica dei nomi originali che, ad esempio, impedisce di identificare Koji Kabuto come elemento di unione tra le serie.

Ciò tuttavia non ha inficiato il suo successo nel corso degli anni, fino a farla diventare un vero mito di una generazione, soprattutto in Europa (e a differenza di quanto avvenuto in Giappone).

Tuttavia, la serie non poteva che raccogliere anche aspre critiche per le scene che mostrava, tanto che il caso arrivò anche a essere discusso tra i nostri parlamentari; ma per fortuna la serie non subì stop di sorta e potè continuare a meravigliare i ragazzi di quell’epoca che anche da adulti conservano quel ricordo prezioso della loro infanzia.

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