Tornare a Vincere: il ritorno di un intenso Ben Affleck | Recensione

Pubblicato il 24 Aprile 2020 alle 17:00

Ben Affleck e Gavin O’Connor tornano insieme per un dramma sportivo dai toni esistenziali.

Titolo originale: The Way Back

Durata: 110 minuti c.a.

Diretto da: Gavin O’Connor

Scritto da: Gavin O’Connor & Brad Ingelsby,

Cast: Ben Affleck, Al Madrigal, Michaela Watkins

Produzione: Warner Bros., BRON Creative, Jennifer Todd Pictures, Mayhem Pictures, Film Tribe

Distribuzione: Warner Bros.

Data di uscita Italia: 23 aprile

Domenico Bottalico
Domenico Bottalico
2020-04-24T17:00:50+00:00
Domenico Bottalico

Ben Affleck e Gavin O’Connor tornano insieme per un dramma sportivo dai toni esistenziali. Titolo originale: The Way Back Durata: 110 minuti c.a. Diretto da: Gavin O’Connor Scritto da: Gavin O’Connor & Brad Ingelsby, Cast: Ben Affleck, Al Madrigal, Michaela Watkins Produzione: Warner Bros., BRON Creative, Jennifer Todd Pictures, Mayhem Pictures, Film Tribe Distribuzione: Warner Bros. Data di uscita Italia: 23 aprile

Arriva in Italia seppur direttamente in digitale – cliccate QUI per tutti i dettagli – a causa dell’emergenza Coronavirus, Tornare a Vincere la nuova pellicola firmata da Gavin O’Connor che segna anche il ritorno sulle scene di Ben Affleck e rinnova il sodalizio fra i due già visto nel discreto The Accountant del 2016.

Entrambi arrivano da un periodo professionale tutt’altro che facile essendo stati scaricati dal carrozzone Warner Bros. dei cinefumetti – O’Connor avrebbe dovuto dirigere il sequel di Suicide Squad mentre sappiamo fin troppo bene delle vicissitudini del Batman di Affleck accantonato sia come personaggio che come progetto di film standalone – inoltre per lo stesso Affleck gli ultimi mesi non sono stati clementi neanche dal punto di vista personale con problemi legati alla dipendenza dall’alcool.

Questa premessa non è fine a sé stessa.

Tornare a Vincere si apre con un lunga sequenza muta in cui facciamo la conoscenza di Jack Cunningham (Ben Affleck). L’incipit è classico: operaio, separato, con evidenti problemi di alcolismo. Chiuso in sé stesso mantiene un rapporto di mera cortesia con la sorella e la madre di cui è ospite durante il Ringraziamento.

Le sua prospettiva di vita è bere fino a perdere conoscenza. Una telefonata però lo mette in crisi: dalla sua vecchia scuola superiore, di matrice cattolica, il preside lo chiama offrendogli il posto di capo allenatore della squadra di pallacanestro.

Jack lì aveva vissuto 15 anni prima i suoi momenti migliori come uomo e giocatore. Riluttante accetta l’incarico – per tenere la mente occupata come dirà alla ex-moglie – ma ben presto qualcosa scatta in lui.

La competizione e la voglia di giocare dei ragazzi riaccendono la passione in Jack che sembra aver finalmente trovato una ragione per cui combattere i demoni che lo hanno portato vicino alla rovina. Non c’è solo disciplina e preparazione tecnica all’orizzonte per la squadra ma anche un cambio di mentalità tanto in campo quanto fuori.

Quando la squadra taglia un traguardo insperato a fine stagione però Jack cade nuovamente nel baratro da cui faticosamente si era rialzato. Lentamente iniziamo a capire che la sequenza di apertura, che dipingeva un protagonista così “scontato”, in realtà nasconde ferite più profonde.

Scopriamo il perché dell’alcoolismo di Jack che, come fatto per i suoi ragazzi, deve innanzitutto fare un lavoro su sé stesso cambiando la percezione di sé e della realtà, amarissima, che lo circonda.

In Tornare a Vincere, Ben Affleck e Gavin O’Connor si incontrano a metà strada, superando le esagerazioni dell’action The Accountant, e unendo il meglio delle loro esperienze come attori, registi, produttori e sceneggiatori confezionano un film sofferto, non facile, che utilizza la metafora sportiva, come aveva già fatto qualche anno fa il devastante The Wrestler, per raccontare un dramma intimo e personale.

Affleck interpreta un personaggio diretto che ricorda quelli di The Town e Gone Girl ma più decadente e tragico nel suo amaro epilogo mentre O’Connor non cede alla tentazione di una regia nevrotica tipica delle pellicole sportive, a metà strada fra il videoclip e il documentario, facendo tesoro dell’esperienza di Miracle, riuscendo ad enfatizzare così i pochi ma essenziali momenti esclusivamente “sportivi” e mantenendo invece alta la tensione tipica del genere drammatico.

Alla base della pellicola non vi è la tipica voglia di riscatto del genere sportivo, né l’esaltazione del gesto o della dote atletica fine a sé stessa, bensì l’idea di cambiare sé stessi per cambiare la percezione che si proietta e che si ha del mondo.

In questo senso l’unico aggettivo che si può utilizzare per descrivere il film è inteso.

Jack Cunningham lavora per cambiare la cultura all’interno della squadra che diventa microcosmo del mondo mentre nel macrocosmo, il mondo reale, la dipendenza è ostacolo insormontabile e panacea per un male di vivere che non è colmabile.

Ed è questa la grandezza del film, che ha qualche limite nella parte centrale diventando forse a tratti farraginoso, mostrare cioè come al dolore non vi è rimedio se non quello dettato dall’imparare a convivere con esso e con il vuoto provocato.

Non avendo un grosso cast a cui fare riferimento, Ben Affleck si carica sulle spalle praticamente tutto il film dal punto di vista attoriale con una prova sofferta, intesa ovviamente, che risente evidentemente anche del suo vissuto reale.

Di contro Gavin O’Connor diluisce i tempi ma non il ritmo con inquadrature che scrutano nelle espressioni e nella cinesica, con movimenti di camera pacati che sottolineano quasi il tempo sospeso del protagonista e il suo senso di inadeguatezza.

Tornare a Vincere non è un film facile ma soprattutto non aspettatevi un film di genere prettamente sportivo. Troverete invece una storia sincera e sofferta con una grande prova attoriale del suo protagonista.

In Breve

Giudizio Globale

7.5

Sommario

In Tornare a Vincere, Ben Affleck e Gavin O'Connor si incontrano a metà strada unendo il meglio delle loro esperienze come attori, registi, produttori e sceneggiatori confezionando un film sofferto, non facile, che utilizza la metafora sportiva, come aveva già fatto qualche anno fa il devastante The Wrestler, per raccontare un dramma intimo e personale.

7.5

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