Wonder Woman e Freccia Verde n. 1 – Recensione
Pubblicato il 17 Maggio 2012 alle 15:15
E’ tempo di reboot per la principessa amazzone del DC Universe e per l’arciere di smeraldo in un mensile targato RW-Lion e con autori del calibro di Brian Azzarello, Cliff Chiang, Dan Jurgens e altri!
Wonder Woman e Freccia Verde n. 1
Autori: Brian Azzarello, JT Krul, Ethan Van Sciver, Gail Simone (testi), Cliff Chiang, Dan Jurgens, Yildiray Cinar (disegni)
Casa Editrice: RW-Lion
Provenienza: USA
Genere: Supereroi
Prezzo: € 4,95, 16,8 x 25,6, pp. 72, col.
Data di pubblicazione: maggio 2012
Il reboot DC ha coinvolto anche un personaggio del calibro di Wonder Woman, la cui valenza iconica e storica è indiscutibile, se non altro perché la principessa amazzone è stata la prima supereroina del fumetto americano. Creata da William Moulton Marston negli anni quaranta del secolo scorso, Diana ha rappresentato un modello di donna forte e sicura di sé, suscitando le proteste del pubblico conservatore dell’epoca, poco avvezzo ad accettare personaggi femminili non classificabili nell’angusta tipologia dell’angelo del focolare.
Inoltre, il fisico procace e l’innegabile carica sensuale di Wonder Woman diedero il la ad ulteriori polemiche e bisogna ricordare che Marston descrisse situazioni in cui la bella principessa finiva spesso legata e imbavagliata, in ossequio alle fantasie bondage. Nel corso dei decenni, comunque, la sua popolarità non è scemata e la presenza nel mercato statunitense è stata pressocchè costante, benché i suoi comic-book abbiano avuto un successo di vendite inferiore a quello delle testate di Superman e Batman.
Il reboot del suo serial era particolarmente atteso perché al timone del mensile c’è Brian Azzarello, osannato autore di 100 Bullets e altri capolavori noir e di storie sovente contraddistinte da toni e atmosfere adulte. Pur essendosi occupato in passato di Superman, per esempio, Brian è adatto a vicende hard-boiled e a prima vista potrebbe quindi sembrare strano vederlo alle prese con le avventure fantasy di Diana.
Invece, a giudicare dal primo episodio, Brian ha impostato una trama che si preannuncia intrigante e interessante e, pur non contrassegnata da elementi for mature readers, niente affatto solare. Brian introduce una misteriosa ragazza, Zola, coinvolta in pessime esperienze, e non mancano divinità dell’Olimpo e minacce che Diana dovrà affrontare. Ovviamente, Azzarello si limita ad impostare le premesse della story-line ma inserisce enigmi e presupposti narrativi che hanno il pregio di incuriosire. I testi sono ben concepiti e Wonder Woman promette bene. Il penciler Cliff Chiang ha un tratto piacevole e personale (anche se avrei preferito un disegnatore dallo stile meno graffiante che avrebbe reso maggiormente gradevole l’allure sexy di Diana) e si dimostra incisivo sia nelle sequenze d’azione che in quelle più tranquille.
Per ciò che concerne l’altro titolare della collana, Freccia Verde, alias Oliver Queen, le cose, a mio avviso, sono diverse. Il nuovo Ollie ha ora un aspetto più giovanile ma sembra una brutta copia del Tony Stark marvelliano e cioè un uomo d’affari un po’ arrogante e disinvolto a capo di una multinazionale e impegnato a lottare contro il crimine nella sua identità di eroe mascherato. Green Arrow è commerciale e lo scrittore JT Krul si limita a delineare una trama superficiale e risaputa, per giunta illustrata da Dan Jurgens, senz’altro bravo, ma legato a standard visivi anni ottanta (coadiuvato alle chine da George Perez). E se si pensa che negli ottanta Green Arrow era nelle mani di uno sceneggiatore estremo e anti-convenzionale come Mike Grell, c’è da mettersi le mani nei capelli e mi chiedo quale interesse possa suscitare l’attuale serial.
L’albo si chiude con The Fury of Firestorm The Nuclear Men, dedicata a Jason Rutsch e Ronnie Raymond, coloro che nel DCU post-reboot hanno i poteri e le capacità di Firestorm. Anche in questo caso, non comprendo cosa abbia spinto RW-Lion a proporre quello che è uno dei comic-book DC meno riusciti. Su soggetto di Van Sciver, Gail Simone scrive una storia insipida e piena di banalità dall’inizio alla fine. Bisogna riconoscere che si è sforzata sin dal principio di svolgere un’analisi psicologica accurata dei character ma il serial non decolla e nemmeno i disegni di Yildiray Cinar risultano memorabili. Pur efficaci, mancano di quel quid in grado di fare la differenza.
Nel complesso, questa proposta editoriale (alludo all’intero mensile) è troppo eterogenea nel sommario e, per usare una metafora, leggerla è come assaporare una macedonia mal riuscita. Trovo dunque discutibile che per seguire la run di Azzarello si sia costretti a sorbirsi due serie trascurabili. I redazionali sono discreti ma la cura editoriale non eccelsa. Fate un po’ voi, quindi.