Vikings 6×08 – Valhalla Can Wait | Recensione
Pubblicato il 25 Gennaio 2020 alle 17:00
La sesta stagione concluderà la saga di Ragnar e dei suoi figli, esplorando nuovi orizzonti in attesa dello spin-off.
La morte di Lagertha, salutata da Kattegat con una commovente cerimonia, ha fatto ricongiungere i due grandi eroici nordici (la shieldmaiden Lagertha e, appunto, il grande Ragnar) nel Valhalla ma, qui sulla Terra, la desolazione e la disperazione dilagano.
Come abbiamo già visto nel corso del funerale Bjorn, dopo essere sopravvissuto all’agguato di re Harald, aver perso le elezioni e dunque la corona di tutta la Norvegia, si è trovato a dover affrontare quest’ulteriore perdita. E proprio sulla disperazione interiore di Bjorn che, questo ottavo episodio, Valhalla Can Wait, è focalizzato.
DOLORE E RABBIA
Come giurato sul cadavere della madre, Bjorn si mobilita per vendicare l’omicidio, provando solo odio nei confronti del fratello Hvitserk, che sembra ora più lucido nonostante i momenti allucinati vissuti (compresa la notte dell’assassinio di Lagertha, confusa con Ivar).
Senza avere la comprensione che invece molto spesso Ubbe ha avuto nei confronti del fratello Bjorn, accecato dalla rabbia, condanna a morte il fratello senza remore. Dietro al gesto, sofferenza e frustrazione per un mondo, visto dalla privilegiata posizione di re, che sembra gli si stia sgretolando tra le mani.
Ubbe nel frattempo, leale nei confronti di Bjorn, decide di intraprendere quel viaggio in Islanda (rimandato a causa della precedente assenza di Bjorn da Kattegat), separandosi dal fratello e aprendo un nuovo capitolo della sua vita, con Torvi al suo fianco.
E mentre Ivar, a Kiev, si troverà ancora una volta alle prese con la follia di Oleg, rafforzando il suo rapporto col piccolo principe Igor, re Harald verrà a conoscenza di una nuova minaccia che incombe sui confini del suo “nuovo” regno.
DIVENTARE GRANDI
La morte di Lagertha fa sì che Bjorn, ormai già affermato leader, diventi “grande”, indipendente, e la crisi psicologica portata in scena da questo episodio non fa che enfatizzare questo percorso già intrapreso dal personaggio con l’inizio di questa stagione.
Non solo il peso della corona e delle responsabilità dunque, ma ora anche quello della solitudine: Bjorn, senza più Lagertha, non può agganciarsi a nessun “appiglio” di quel “vecchio mondo” (il cui nucleo era costituito da Ragnar, Lagertha e Aslaug) da cui fino ad ora è stato nutrito.
Questa crisi psicologica, ampliata dalla crisi di potere dovuta all’elezione di re Harald come re dei norreni, sembra accelerare il processo di “invecchiamento” di Bjorn, sempre più simile a quel Ragnar “adulto” della quarta stagione segnato inevitabilmente dalla morte di Athelstan.
Interessante sarà vedere come Bjorn uscirà da questa situazione ma, al momento, non ci sembra minimamente all’altezza di Ragnar (anche a causa dell’interpretazione poco convincente di Alexander Ludwig, continuamente “frenetico” e per niente a suo agio nel ruolo).
Speculare e opposta, la situazione di Ubbe: continuando sulla scia del precedente paragone, il compagno di Torvi sembra riportare in scena il Ragnar giovane, curioso, innamorato della vita e dell’esplorazione: quella parte “vitale” non ancora gravata dal peso della politica e del tempo.
Lontano dal fratello, e fuori dalla sua ombra, Ubbe non potrà sicuramente che migliorare e, per il proseguo della stagione, non abbiamo dubbi nel puntare su di lui. Il ruolo di Hvitserk all’interno delle trame generali (se mai, a questo punto lo abbia) risulta ancora misterioso, mentre la situazione di Ivar a Kiev chiede necessariamente una svolta.
Nel complesso, quest’ottavo episodio delinea ulteriormente la caratterizzazione dei nostri protagonisti, risultando però ancora “preparatorio”: già dal prossimo episodio potremo capire se effettivamente sia propedeutico all’avanzamento delle vicende.
In Breve
Giudizio Globale
6.5