Lost in Space – Stagione 2 | Recensione
Pubblicato il 5 Gennaio 2020 alle 21:00
La famiglia Robinson è di nuovo protagonista della seconda stagione di Lost in Space.
Soggetto originale: Johann David Wyss, “Il Robinson svizzero”, 1812, fumetto “Space Family Robinson”, 1962, serie televisiva “Lost in Space”, 1965-1968
Ideatori: Matt Sazama e Burk Sharpless
Cast: Molly Parker, Toby Stephens, Maxwell Jenkins, Taylor Russell, Mina Sundwall, Ignacio Serricchio, Parker Posey, Brian Steele
Genere: fantascienza, avventura, azione, drammatico
Paese di origine: Stati Uniti d’America
Numero episodi: 10
Durata singolo episodio: 39-65 minuti circa
Distribuzione: Netflix
Data di uscita: 24 dicembre 2019
Dopo una prima stagione tutto sommato apprezzabile (di cui potete trovare qui la mia recensione), il ritorno su Netflix di Lost in Space si dimostra invece molto più debole e decisamente meno appassionante.
Dopo aver perso le tracce del robot divenuto amico di Will Robonson nella prima stagione della serie, i Robinson si ritrovano su un pianeta sconosciuto dal quale devono assolutamente andare via per cercare di raggiungere nuovamente la Resolute, nave principale la cui meta finale è Alpha Centauri.
UNA SERIE MONODIMENSIONALE
Forse perché basato su una serie televisiva degli anni ’60, il format di Lost in Space risulta stantio e piatto se trasposto nei giorni nostri, complici anche dialoghi non proprio appassionanti, anzi, a tratti superflui o del tutto dimenticabili, e personaggi a loro volta fin troppo piatti.
Un altro grosso problema di questa seconda stagione di Lost in Space è il fatto che si concentri ancor più della precedente sulla famiglia Robinson e sul loro irrealistico rapporto: la serie è dunque più che il racconto di un dramma che coinvolge diverse centinaia di persone, come dovrebbe essere, la narrazione delle vicende di pochi individui, che per qualche motivo sono sempre i soli a poter risolvere qualsiasi tipo di problema.
Per quanto disastrose e assurde possano essere le vicende in cui i Robinson possano essere coinvolti, ne verranno sempre fuori praticamente senza un graffio e più forti di prima, il che risulta surreale, buonista e perfino stucchevole: sapendo già in anticipo, per via dell’assoluta prevedibilità dell’evolversi degli eventi, che tutto si risolverà per il meglio, la soglia dell’attenzione inevitabilmente si abbassa e si è portati a seguire la serie con scarso interesse.
Inoltre, quello che era uno degli elementi più affascinanti della prima stagione, il robot, per le prime puntate di questa seconda stagione sarà del tutto assente, il che porta a concentrarsi ancor più sulla famiglia Robinson, eroi decisamente improbabili che potrete arrivare anche a detestare.
Non che gli altri personaggi siano più simpatici: il meccanico e contrabbandiere Don West è una imitazione scialba, goffa e saccente di Han Solo, e all’interno della famiglia Robinson Penny è un personaggio quasi superfluo, petulante e stranamente più immaturo di suo fratello minore Will, mentre la stragrande maggioranza degli altri personaggi risulta quantomeno senza spessore.
Dal punto di vista della struttura narrativa in sé, il pianeta sul quale i Robinson si ritroveranno intrappolati agli inizi di questa seconda stagione di Lost in Space sembra avere qualcosa a che fare con il Robot, ma una volta abbandonatolo non scopriremo mai di cosa si trattasse: se verrà spiegato il legame fra i robot alieni e questo pianeta nella prossima stagione non è al momento dato saperlo, fatto sta che allo stato attuale delle cose sembra solo una premessa buttata lì e abbandonata a sé stessa, dando il senso che manchi qualcosa.
Una menzione speciale merita June Harris, criminale che si è appropriata di una identità diversa dalla sua per sfuggire alla legge e ai suoi crimini: ora è conosciuta come la Dottoressa Smith, psicologa di bordo. Smith è il personaggio più sfaccettato, dinamico, in divenire e imprevedibile, e se vedrete qualche vicenda interessante nella stragrande maggioranza dei casi in qualche modo dietro ci sarà proprio una qualche sua azione.
Un altro elemento di interesse è il finale aperto di stagione, nel quale avverrà qualcosa di inaspettato che potrebbe portare a sviluppi interessanti nella terza stagione.
CONCLUSIONI
Visivamente appagante grazie a una scelta di colori brillanti e a un buon uso degli effetti speciali in computer grafica, questa seconda stagione di Lost in Space è però penalizzata più o meno sotto qualsiasi altro aspetto, in primis da sviluppi narrativi prevedibili e da personaggi piatti ai quali risulta difficile affezionarsi nonostante le buone interpretazioni degli attori che li impersonano.
Se amate il genere forse potrete trovarci qualche spunto interessante, ma nulla di più: nel complesso, la seconda stagione di Lost in Space è poco stimolante e , in una parola, dimenticabile.
In Breve
Voto Complessivo
4.6