I 15 migliori film d’animazione del decennio 2010-2019

Pubblicato il 1 Gennaio 2020 alle 12:00

Dopo avervi proposto le migliori serie dell’anno e del decennio, perché non i migliori film d’animazione che hanno lasciato un segno in questi 10 anni? Anche qui qualcosa abbiamo dovuto lasciare fuori (vedi la Illumination) ma abbiamo cercato di spaziare fra tutte le case di produzione del settore e di non tralasciare gli ultimi due anni che hanno proposto davvero tanti titoli interessanti.

15. Klaus di Sergio Pablos (2019)

Iniziamo la nostra classifica dal più recente anche per una questione di correttezza. Klaus ha saputo unire animazione 2D con una speciale illuminazione 3D e creare un prodotto dal sapore artigianale à là Nightmare Before Christmas e allo stesso tempo moderno per la caratterizzazione dei personaggi che ricorda Le follie dell’imperatore, rendendola senza tempo grazie alla storia dietro l’origine delle letterine a Babbo Natale. Il primo film animato originale Netflix è anche il film perfetto per tutta la famiglia questo Natale.

La nostra recensione

14. La mia vita da Zucchina di Claude Barras (2016)

“Zucchina” è il tenero appellativo con cui è chiamato il bambino protagonista della storia dalla madre, che morendo a causa di uno sfortunato incidente lo lascia orfano e costretto ad andare in una casa famiglia. Qui troverà nuovi amici, la prima cotta e una nuova famiglia. Barras nel suo esordio in un lungometraggio sceglie di raccontare, grazie anche alla delicatezza della tecnica della stop-motion, un sistema che funziona, che dà speranza ai tanti bambini rimasti senza genitori prima del tempo.

La nostra recensione

13. Dragon Trainer di Chris Sanders e Dean DeBlois (2010)

Mai un voiceover è stato così potente e coinvolgente come quello del protagonista di How To Train Your Dragon, dall’omonimo libro per ragazzi adattato in una trilogia fantasy animata che parla anche agli adulti. Draghi e umani sono nemici da sempre, ma se non fosse così, se dietro ci fosse solo la paura dell’altro, del diverso? Una trilogia che merita di stare tutta insieme in questa classifica anche solo per la sequenza finale dell’ultimo capitolo: il messaggio più bello e importante è che non bisogna temere chi è diverso da noi, ma anzi “viverlo” fin da piccolissimi.

La nostra recensione del capitolo conclusivo

12. The Lego Movie di Phil Lord e Christopher Miller (2014)

Un film che, trasportando sul grande schermo i celebri mattoncini della nostra infanzia, destruttura e ricostruisce tanto i topoi narrativi quanto quelli dei personaggi, anche nel suo seguito e nello spin-off dedicato a Batman (che lo rilegge in chiave auto-ironica come mai nessuno prima). Una storia avvincente che unisce realtà e fantasia in parallelo con tanto di colpo di scena finale e di meta-significati sparsi qui e là, bisogna solo scovare i mattoncini per ricostruirli da bravi Mastri Costruttori.

La nostra recensione del sequel

11. Zootropolis di Byron Howard e Rich Moore (2016)

Il tema dell’integrazione e del diverso in una città utopistica abitata da animali antropomorfi in cui vanno tutti d’accordo… o almeno così sembra, come spetterà scoprire all’improbabile duo protagonista: la coniglietta che vien dalla campagna Judy che vorrebbe essere un ufficiale nella grande città e la volpe truffaldina Nick. Un caso da risolvere che affronta tra le righe proprio il tema al centro della storia: è davvero possibile convivere pacificamente fra “razze” diverse?

10. ParaNorman di Sam Fell e Chris Butler (2012)

Un ragazzino strambo col potere di vedere e parlare ai morti, inclusa la cara nonna defunta, che non viene capito dal padre e dalla sorella che lo credono malato e nemmeno dai compagni che lo bullizzano. Una situazione in stile Apocalisse Zombie potrebbe far cambiare a tutti idea, e ci dovrà pensare ovviamente il piccolo Norman a ristabilire la pace in città, a risolvere antichi misteri sepolti, e soprattutto a far vedere a tutti che non c’è motivo di avere paura dei fantasmi. Il film più adorabile della Laika che utilizza la tecnica della stop-motion attraverso il 3D e ci regala un Casey Affleck splendido che presta la voce al muscoloso ragazzone un po’ scemo di cui è innamorata la sorella del protagonista.

9. Frozen di Chris Buck e Jennifer Lee (2015)

Un Classico Disney che prende in giro e destruttura tutti quelli che sono stati prima di lui, anche attraverso le canzoni. Quel Love is an open door prende in giro l’amore a prima vista delle Principesse Disney e dei loro Principi, tanto che Hans si rivela poi il villain della situazione. La storia principale è incentrata per la prima volta sul rapporto fra due sorelle, e non fra una (futura) Principessa e un (futuro) Principe, tanto che è lei a innamorarsi dello “sguattero” di turno (Kristoff) e non viceversa. Non è tutto: una delle due sorelle pare essere la villain della storia inizialmente e quel Let it go si rivela una presa di indipendenza dalle Principesse precedenti, dagli altri personaggi del film, da tutti quelli che nella vita ci dicono come dovremmo essere per entrare in determinate “scatole” che rendono più a loro agio gli altri, ma non noi stessi.

La nostra recensione del sequel

8. Big Hero 6 di Don Hall e Chris Williams (2014)

La Marvel e la Disney si uniscono per portare sul grande schermo l’omonimo fumetto in versione animata 3D. Non poteva che uscirne un film avvincente, emozionante, con un adorabile “omino Michelin” protagonista, e al centro l’importanza del senso di squadra e di appartenenza, il significato dell’amicizia più sincera e pura. E come ciliegina sulla torta il cameo di Stan Lee in un meta-ruolo che gli calza a pennello.

7. Your Name di Makoto Shinkai (2016)

Una grande storia d’amore che attraversa il tempo e lo spazio. Cosa c’è di più universale per il film campione d’incassi di Makoto Shinkai? Unisce le sue due predilezioni: i viaggi nel tempo e il romanticismo di una coppia. Un ragazzo e una ragazza si scambiano i corpi attraverso il tempo e lo spazio ma vogliono incontrarsi di persona a tutti i costi: ci riusciranno? Una corsa per l’amore più assoluto – quello adolescenziale – che c’è.

La nostra recensione

6. Mirai di Mamoru Hosoda (2018)

L’altro film scelto tra gli Anime al Cinema per la nostra classifica è Mirai di Mamoru Hosoda, poiché quando capita che il trailer presenti un film che non è poi ciò che si rivela davvero la storia può essere sempre fonte di sorprese, in questo caso positive. Una riflessione animata di cosa vuol dire essere genitori oggi, le difficoltà, le piccole grandi lotte quotidiane, nella coppia e nella società. Un film maturo che parla agli adulti quasi più che ai bambini protagonisti, e dove tutto parte guarda un po’ da un viaggio nel tempo anche qui, che però si rivela la parte meno importante della trama in realtà.

La nostra recensione

5. Coco di Lee Unkrich e Adrian Molina (2017)

La sorpresa della Pixar che, dopo Inside Out, sembrava non potesse creare un capolavoro altrettanto coinvolgente. Niente di più sbagliato, per un film che dalle premesse sembrava la brutta copia di Il Libro della Vita (altro piccolo gioiellino animato di questo decennio purtroppo fuori classifica), ma in realtà si rivela una storia di eredità familiare, di importanza degli affetti, ma anche di altro. Perché Coco non si accontenta, va oltre. Perché per raccontare la storia del piccolo Miguel, che viaggia nel regno dei morti per riuscire a realizzare il proprio sogno di diventare un cantante, lo fa parafrasando e facendo il verso alle telenovelas, esagerandone volutamente gli aspetti per raccontare una storia con un grande colpo di scena. E c’è la musica, mai prima d’ora presente e così importante in un film Pixar. E il tema dell’immigrazione, così attuale nell’America trumpiana: qui i due mondi sono divisi da un Confine che si attraversa semplicemente con un petalo. Una metafora che vale più di mille parole.

La nostra recensione

4. Si Alza il Vento di Hayao Miyazaki (2013)

L’ultimo lavoro del Maestro Miyazaki per lo Studio Ghibli. La passione del Maestro per gli aeroplani trasposta nella sua opera forse più compiuta, in cui la sua politica pacifista fa a botte con il protagonista, costruttore per la seconda guerra mondiale. Trasposizione animata del suo stesso manga, a sua volta vagamente ispirato all’omonimo romanzo di Tatsuo Hori. Un’opera semi-biografica che rielabora in maniera fittizia un periodo della vita di Jirō Horikoshi, progettista e inventore del Mitsubishi A5M e del modello successivo Mitsubishi A6M Zero, gli aerei da caccia usati dalla Marina Imperiale Giapponese durante il secondo conflitto mondiale.

3. La storia della principessa splendente di Isao Takahata (2013)

Parallelamente ecco l’ultimo lavoro del co-fondatore dello Studio Ghibli, il Maestro Takahata che torna alla regia tanti anni dopo I miei vicini Yamada e al tratto splendido dell’animazione artigianale in 2D. Un omaggio all’animazione pura e semplice e alle antiche leggende giapponesi, come quella della Principessa figlia della Luna, trovata un giorno di primavera da un anziano tagliatore di bambù trova all’interno di un fusto della pianta, prendendola in casa per crescerla insieme alla moglie. La strana bambina cresce molto rapidamente tanto da essere soprannominata dai ragazzi del villaggio “Gemma di bambù”. Un viaggio che troverà la chiusura del cerchio – metaforica e letterale – alla fine.

2. Inside Out di Pete Docter e Ronnie del Carmen (2015)

Sicuramente il capolavoro della Pixar del decennio (o forse di sempre). Entrare nella mente di una bambina in età di sviluppo – e in generale delle persone – per esplorare le sue emozioni e ciò che essere comportano e significano per la crescita. Cosa c’è di più profondo e complesso? Allo stesso tempo una grandissima sfida per l’animazione (vinta) per dare sfogo alla creatività nel rappresentare visivamente le suddette emozioni e ciò che accade nella nostra mente la maggior parte del tempo, in una storia di crescita davvero senza tempo.

1. La Tartaruga Rossa di Michaël Dudok de Wit (2016)

Un film così delicato e allo stesso tempo così ancestrale, universale, da pugno nello stomaco, nella vicenda di questo naufrago e della tartaruga rossa che apparentemente lo salva da morte certa in mare. Una storia che vive totalmente di immagini e nessuna parola (salvo un verso), tornando allo strumento primario dell’animazione e arrivando dritto al cuore dello spettatore. Tanto che si è interessato a produrlo lo Studio Ghibli.

La nostra recensione senza parole

1. Spider-Man: Un Nuovo Universo di Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman (2018)

No, non abbiamo sbagliato. Ci sono due numeri uno, due pari merito, non in modo ruffiano ma perché entrambi hanno scardinato il genere animazione portandolo a un nuovo livello. Se La Tartaruga Rossa lo ha fatto solo attraverso le immagini, il Multiverso dello Spider-Man animato ispirato alla versione fumettistica di Brian Michael Bendis e Sara Pichelli è pregno di storie, di stili di animazione, di coraggiosa ricercatezza formale. Da un lato l’animazione unisce caratteristiche americane da balloon, giapponesi dagli anime, ma anche europee che spuntano e bucano letteralmente lo schermo a commento delle azioni che accadono; dall’altro la regia è un continuo rimbalzare tra gli angoli dello schermo, quasi fossimo in un Gravity animato, ma con molto più ritmo che rispecchia anche lo spirito fresco e “cool” del protagonista.

Ed è proprio nel personaggio di Peter B. Parker, meravigliosamente doppiato da Jake Johnson (New Girl), che il film tocca forse il suo punto più alto e profondo. Una riflessione sulla caduta di un’eroe, più che sulla sua nascita o rinascita, sul suo vivere di rimpianti, sul suo trovarsi a fare un bilancio della propria vita, supereroistica o normale che sia, sul voler lasciare in qualche modo un’eredità, biologica o ideologica che sia. Un Peter Parker in cui quelli un po’ più adulti, anche solo 30-40enni, si possono immedesimare e sentirsi chiamati in causa.

La nostra recensione

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