The Witcher 1×06-08 | Recensione
Pubblicato il 22 Dicembre 2019 alle 15:00
Una battaglia epica e un finale aperto concludono degnamente questa prima stagione di The Witcher.
Soggetto originale: “Saga di Geralt di Rivia”, Andrzej Sapkowski
Ideatrice: Lauren Schmidt Hissrich
Paesi di origine: Polonia, Stati Uniti d’America
Genere: fantasy, azione, avventura
Cast: Henry Cavill, Freya Allan, Anya Chalotra, Jodhi May, Björn Hlynur Haraldsson, Adam Levy, MyAnna Buring, Mimi Ndiweni, Therica Wilson-Read, Emma Appleton, Lars Mikkelsen
Numero episodi: 8
Durata singolo episodio: 60 min. circa
Distribuzione: Netflix
Data di uscita: 20/12/2019
Dopo aver avuto il privilegio immensamente apprezzato di potermi gustare in anteprima i primi 5 episodi di The Witcher, straordinaria serie originale Netflix (potete trovare qui la mia recensione in anteprima dei suddetti 5 episodi), ieri mi sono dedicata con altrettanto piacere alla visione delle tre puntate conclusive di questa promettente prima stagione di The Witcher, serie televisiva basata sui romanzi e i racconti che fanno parte della Saga di Geralt di Rivia di Andrzej Sapkowski.
E quale modo migliore di concludere questa prima, attesissima ed entusiasmante prima stagione, se non con una appassionante, drammatica e sanguinosa battaglia?
LOOK INTO MY EYES. I AM FREE, YOU’RE JUST A WANNABE
Ancora una volta, sono presenti anche in queste puntate conclusive della prima stagione di The Witcher quelle che sono le tematiche che più stanno a cuore all’autore originale dell’opera, Andrzej Sapkowski: la rappresentazione attraverso l’utilizzo dei simboli e dell’ambientazione fantasy di una società crudele e spietata con coloro che sono “diversi”, la loro emarginazione, il loro sterminio da parte di chi li teme per propria ignoranza (il diverso quindi coincide con l’estraneo, e uno dei meccanismi più comuni di difesa degli esseri umani consiste proprio nel temere e, quindi, odiare, ciò che non si conosce).
Se la società è strutturata in una certa maniera, per chi si inserisce all’interno delle strette maglie di questo sistema ciò coincide inevitabilmente con il ritenere che esista una giustizia insita in quel sistema: la maggioranza decide cosa è meglio per se stessa, ma anche per le minoranze, le quali, non rientrando in questo artificioso meccanismo preconfezionato, vengono viste inevitabilmente come ostili.
Sarebbe davvero bello se questa cupa visione fosse solo un parto della fantasiosa mente di Andrzej Sapkowski, ma, ahimè, non è affatto così: l’autore vuole, attraverso la sua opera di fantasia, denunciare l’ipocrisia della società contemporanea che disprezza, repelle, rifiuta, non vuole comprendere ed emargina coloro che non vogliono sentircisi ingabbiati e, per questo, si rifiutano di sentirsi privati della propria libertà e del proprio individualismo.
Ma poiché la coerenza non è di questo mondo, il gregge defraudato di autocoscienza, raziocinio e individualità, che però si pone logicamente al vertice del sistema da esso stesso creato, non esita a correre con la coda fra le gambe dai reietti quando ha bisogno del loro intervento per affrontare, ancora una volta, qualcosa che non può e nemmeno vuole conoscere e comprendere.
Ma in questa melma oscura di dolore, rabbia, risentimento, emarginazione e solitudine che tormenta incessantemente creature come i martoriati Witcher, almeno una cosa è certa: individui come Gerald sono liberi di essere ciò che sono, senza timore di essere oggetto dei giudizi e dei pregiudizi di una società che, se è vero che li respinge, viene rifiutata con altrettanta forza da chi non ne fa parte per scelta, dunque, non solo della macchina, ma anche individuale.
Emblematica in tal senso la dichiarazione di Geralt quando viene tenuto prigioniero dagli Elfi: “Uccidimi pure, ma non chiamarmi umano“.
Ma perché gli Elfi, nonostante siano stati essi stessi emarginati, brutalizzati e decimati perché diversi, anziché aver tratto come Geralt insegnamento da queste loro vicissitudini si fanno invece portatori di quegli stessi pregiudizi di cui sono vittime?
Per farla breve, quando si subisce il pregiudizio fondamentalmente le reazioni che si possono avere sono due: comprensione di tutti coloro che lo subiscono, anche se appartenenti a categorie di individui diverse dalla propria, oppure farsi essi stessi carnefici.
Per fare un esempio concreto, pensate a come per secoli sono stati trattati i neri negli Stati Uniti d’America: portati via dalla loro terra natia con la forza, schiavizzati, emarginati, sfruttati, ancora oggi subiscono il peso del razzismo nei loro confronti, e mentre alcuni di loro cercano di combatterlo, altri si sono fatti a loro volta razzisti, per così dire, nei confronti dei bianchi che li sfruttano ed emarginano.
La presenza nell’opera di Andrzej Sapkowski di tematiche così complesse e delicate ci dimostra dunque quanto queste gli stiano a cuore e quanto profonda e matura sia la sua creazione, che viene rappresentata in maniera eccelsa e desolante nella serie The Witcher.
Detto questo, alla libertà di pensiero e di azione di Geralt, che non esita un solo istante a schierarsi dalla parte dei cosiddetti mostri contro i cosiddetti esseri umani, quando sa che queste creature diverse dal “normale”non possono nuocere (per via della propria esperienza personale sia come Witcher che come reietto), si contrappone la natura di altre persone che cercano di dimostrare di non avere paura affrontando pericoli in realtà inesistenti, massacrando senza alcun motivo razionale creature innocue il cui unico peccato è quello di avere un aspetto differente da quello ritenuto accettabile dalla maggioranza.
LOVE OF MY LIFE, DON’T LEAVE ME
In questi episodi conclusivi della prima stagione di The Witcher viene inoltre ulteriormente approfondito il complesso legame che unisce il suo indiscusso protagonista e la maga Yennefer.
Naturalmente, come mia consuetudine non è certo mia intenzione scendere nei dettagli per non rovinarvi il gusto della scoperta, ma i caratteri forti di questi due complessi e affascinanti personaggi a volte pongono delle barriere fra di loro, nonostante sia evidente che ormai i loro desini e le loro vite siano indissolubilmente connessi.
In particolare, fra i due la più individualista, probabilmente per via delle atrocità subite nel suo drammatico passato, è Yennefer, che oscilla fra il desiderio di vivere questa inusuale storia d’amore fra creature sterili e la brama di potere, a cui si unisce la sua ostinata volontà di remare contro il proprio destino avverso.
Geralt è invece un uomo reso più saggio, lucido e tollerante dalla propria altrettanto triste e violenta esistenza, e l’amore incondizionato che prova per Yen è la più grande dimostrazione che le voci che circolano sulla mancanza di sentimenti nell’animo di un Witcher siano decisamente infondate.
Del resto, sarà lo stesso Geralt a confidare a Yen, in un tenero momento di intimità, che gli esseri umani si raccontano ogni tipo di menzogna che sia atta a giustificare il loro odio nei confronti della razza dei Witcher (e in questo, ancora una volta, ci si ricollega alla tematica dei pregiudizi).
THE BATTLE OF EVERMORE
Infine, merita certamente di essere menzionata una straordinaria battaglia che presenta una certa peculiarità: la totale assenza di Geralt.
Sarebbe certamente stato ben più prevedibile e “ruffiano” fare in modo che vi prendesse parte il protagonista della serie, ma è certamente apprezzabile la coraggiosa scelta di tenerlo invece lontano dal campo di battaglia.
Dopo tutto, non c’è da meravigliarsi del fatto che resti fuori dagli schemi un autore che per tutto il corso della propria opera critica chi ne fa parte!
Gli appassionati del genere fantasy ne hanno viste davvero tante di battaglie e guerre, passando dal Signore degli Anelli al Trono di Spade, per cui è anche probabile che alcuni spettatori si approccino a questo scontro con qualche pregiudizio.
Ma se c’è una cosa che The Witcher deve insegnarci, è proprio abbandonare i pregiudizi: densa di momenti frenetici, drammatici, sanguinosi e caratterizzata da una struttura narrativa complessa e ricca di colpi di scena, questa battaglia, impreziosita da scelte stilistiche ed effetti speciali davvero degni di nota, vi terrà incollati allo schermo. Come anche tutto il resto della serie!
Ora però vi starete certamente chiedendo: ma che fine ha fatto Cirilla? Sarà riuscita alla fine a incontrare l’uomo a cui è, anche lei come Yennefer, legata dal destino? Beh, anche in questo caso vi lascerò scoprire da soli come si evolve anche questa sottotrama.
CONCLUSIONI
La prima stagione di The Witcher mi ha molto piacevolmente sorpresa sotto ogni singolo punto di vista: trama, struttura narrativa, uso degli effetti speciali, ambientazioni, caratterizzazioni dei personaggi e interpretazioni degli attori che li impersonano.
Se amate il genere fantasy, le storie profonde e dense di colpi di scena e, a tratti, perfino di sarcasmo e ironia, non potete assolutamente perdervi questo capolavoro: The Witcher è la summa di quanto di buono può offrire il genere, una serie assolutamente imperdibile, magistrale, meravigliosa. Anche se nessuno gioca mai a Gwent.
In Breve
Voto Complessivo
9