Il Silenzio dei Nostri Amici – Recensione
Pubblicato il 8 Maggio 2012 alle 11:34
Arriva una splendida graphic novel targata Bao Publishing imperniata su una vicenda di razzismo nel profondo Sud degli Stati Uniti! Quando fumetto, denuncia sociale e impegno civile si uniscono in un connubio ben riuscito!
Il Silenzio dei Nostri Amici
Autori: Mark Long, Jim Demonakos (testi), Nate Powell (disegni)
Casa Editrice: Bao Publishing
Provenienza: USA
Genere: Graphic Journalism
Prezzo: € 16,00, 16 x 24, pp. 192, b/n
Data di pubblicazione: febbraio 2012
Il fumetto inteso come forma espressiva si presta agevolmente, data la sua immediatezza, alla denuncia delle storture e delle pulsioni più negative dell’animo umano, e Il Silenzio dei Nostri Amici, pubblicato negli Stati Uniti dalla First Second Books e tradotto in Italia da Bao Publishing, ne è la dimostrazione.
Scritto da Mark Long e Jim Demonakos e disegnato da Nate Powell, affronta il tema del razzismo nella società americana, male mai del tutto debellato. L’opera risulta ancora più dirompente se si considera che l’azione si svolge nel 1968, in un periodo quindi in cui le tensioni, razziali e non, raggiunsero livelli di esasperazione notevoli.
La vicenda è inoltre basata sui ricordi di infanzia di Mark Long e in effetti si percepisce l’autenticità di ciò che viene raccontato pressoché in ogni momento della narrazione. Gli autori descrivono un tipico nucleo famigliare americano che sembra uscito da un quadro di Norman Rockwell: padre autorevole e lavoratore (fa il cronista in una stazione televisiva), moglie devota e di sani principi, e tre figli piccoli e vivaci che giocano a cowboy e indiani.
Ma ci troviamo nel vergognoso sud del segregazionismo e i neri vivono ai margini della società, senza contare la presenza minacciosa del Ku Klux Klan. Alcuni bianchi sono palesemente razzisti e non si peritano di esprimere apertamente i propri pregiudizi. Altri si limitano a fare battute offensive ma i limiti possono essere oltrepassati in qualsiasi istante e capita che le irreprensibili vecchiette tutte casa e chiesa di colpo sputino in faccia a una donna di colore, offese dal cosiddetto ‘potere nero’, e che altri magari facciano di peggio con i ragazzini dei ghetti.
Di conseguenza, quando un gruppo di militanti neri decide di organizzare una manifestazione in un college, la tragedia è in agguato, provocata dalla polizia, e tale tragedia diventa il pretesto per criminalizzare l’intera comunità afroamericana. Tra giornalisti corrotti, procuratori distrettuali in cerca di prestigio e uomini senza scrupoli, Long e Demonakos descrivono un’America divisa e compromessa dall’odio, in cui persino invitare in casa una famiglia all black è considerato un atto eversivo.
Ma Il Silenzio dei Nostri Amici è anche la splendida storia di un’amicizia, quella tra il giornalista bianco e idealista e un militante nero, entrambi imperfetti e non esenti da difetti (anzi, tali pecche sono ciò che li accomuna e li rende simili). Non mancano inoltre le contraddizioni nei vari personaggi della trama: i suprematisti bianchi ascoltano per esempio il soul di Sam & Dave mentre i bambini neri giocano a fare John Wayne e così via. In poche parole, il libro rappresenta la complessità e lo sconcertante amalgama razziale, ideologico e culturale di quella nazione chiamata Stati Uniti d’America che pensa al progresso e alle imprese spaziali, ben propagandate dai media, e ignora i suoi aspetti perversi e discutibili.
Peraltro, Long e Demonakos depistano il lettore con un falso lieto fine, legato all’esito di un processo, che prelude a una tragedia di portata collettiva riguardante Martin Luther King (il titolo dell’opera è tratto da uno dei suoi discorsi). Il senso che se ne ricava è che il razzismo è una malapianta che può essere estirpata in un luogo ma che può crescere altrove. La graphic novel dunque funge da monito ed è un invito a non abbassare la guardia e a rimanere vigili di fronte all’insorgere del male e soprattutto è un’esortazione a non dimenticare il passato, specie in epoca odierna in cui un nero risiede alla Casa Bianca e si può credere che certe aberrazioni siano superate (rammentiamo il motto di Santayana: ‘Chi non ricorda il passato è condannato a ripeterlo’).
I testi di Long e Demonakos sono intensi, con dialoghi sapientemente costruiti e incisivi, e la parte grafica, a un esame superficiale, potrebbe apparire grezza e dimessa; in realtà, il tratto di Nate Powell è altamente espressivo, influenzato da stilemi underground, e il penciler riesce abilmente a rappresentare le emozioni e gli stati d’animo dei character con indiscutibile bravura, spesso ricorrendo a una costruzione quasi televisiva del lay-out (del resto, la televisione e la disinformazione mediatica giocano un ruolo importante nella story-line!). Da segnalare l’ottima cura editoriale del volume e la qualità di stampa.
Se volete perciò leggere un fumetto in grado di far riflettere, questa è la proposta da tenere d’occhio.