The End of the F***ing World – Stagione 2 | Recensione
Pubblicato il 8 Novembre 2019 alle 15:35
James e Alyssa sono tornati. E questa volta hanno compagnia…
Ideatore: Jonathan Entwistle
Regia: Jonathan Entwistle, Lucy Tcherniak
Sceneggiatura: Charlie Covell
Paese di origine: Regno Unito
Numero episodi: 8
Durata singolo episodio: 19-25 minuti
Genere: commedia nera, dramma adolescenziale, grottesco
Cast: Alex Lawther, Jessica Barden, Gemma Whelan, Wunmi Mosaku, Steve Oram, Christine Bottomley, Navin Chowdhry, Barry Ward, Naomi Ackie
Distribuzione: Netflix
Data di uscita: 5 novembre 2019
A due anni di distanza dalla messa in onda della sua prima stagione, giunta però in Italia nel 2018 e della quale potete trovare qui la mia recensione, torna su Netflix The End of the F***ing World, la serie televisiva prodotta da Netflix e basata sulla graphic novel omonima di Charles Forsman:
KILLING IS MY BUSINESS… AND BUSINESS IS GOOD!
Ambientata due anni dopo gli eventi narrati nella prima stagione, in questa stagione vedrete come i suoi protagonisti principali, i disturbati Alyssa e James, vivranno, almeno per un certo periodo di tempo, esperienze differenti in posti differenti, poiché non saranno insieme.
Come potete già vedere nel trailer qui in alto, incentrato principalmente sul personaggio di Alyssa, la ragazza tornerà a una apatica quotidianità senza alcuno stimolo per lei se non il suo imminente matrimonio (se sarà con il ritrovato James o con un altro ragazzo, lo lascerò scoprire a voi).
Ma qualcosa, anzi, qualcuno, è sulle tracce dei due ragazzi: si tratta di Bonnie, una loro coetanea che per qualche misterioso motivo vuole a tutti i costi rintracciare la strana coppia.
Inutile dire che anche Bonnie non ci sta tanto con la testa, e lo vedrete nelle brevi scene dedicate alla biografia di questa nuova aggiunta. Insieme a lei, Alyssa e James vivranno una serie di disavventure che culminerà in un finale di stagione aperto, ma decisamente molto meno incisivo dell’ultimo episodio della prima stagione.
PICTURES AT AN EXHIBITION
Omicidi, sangue, apatia, depressione, traumi, visione fortemente distorta del mondo e della realtà, il tutto corredato da una atmosfera volutamente statica che in determinati frangenti ricorda le più desolate e desolanti opere dell’artista statunitense Edward Hopper, sono gli elementi caratteristici di questa opera che ritornano anche in questa seconda stagione della serie televisiva.
Una delle caratteristiche peculiari di The End of the F***ing World è la sua capacità di concentrare un gran numero di informazioni non soltanto in pochissimi episodi (entrambe le stagioni sono composte da soli 8 episodi), ma anche nella brevissima durata degli stessi (si parla di 19-25 minuti a puntata).
Non solo: The End of the F***ing World riesce anche a prendersi tutto il tempo per poter raccontare la propria storia concentrandosi moltissimo sulla desolazione degli ambienti e paesaggi in cui è girata e soprattutto su quella che permea le vite dei protagonisti, imprigionati in una sorta di limbo inerte nel quale tutto ciò che in qualche modo può animare la situazione è quasi sempre un evento negativo, magari anche fortemente traumatico.
THE PICTURES HAVE ALL BEEN WASHED IN BLACK. TATTOOED EVERITHING
La vita di Alyssa e di James è talmente assurda, incasinata e oscura che uno dei pochi modi che trovano per poterla affrontare è un umorismo nero come la mia anima (già, anche io adoro il black humor), che non manca nemmeno nei momenti più drammatici, anzi, è proprio in quei momenti che si fa più forte il bisogno di sdrammatizzare con qualche bella battuta sui morti.
Alyssa a un certo punto dice che è facile sentire di non avere il controllo sulla propria vita perché è così, e non possiamo fare altro che adattarci, riflessione, questa, che deriva certamente dalla sua esperienza personale, ma che non tiene conto del fatto che moltissimi dei suoi problemi in realtà non sono cose orribili che semplicemente le sono capitate, ma in realtà sono le sue stesse azioni a provocarle.
Trattandosi di una ragazza molto giovane, però, è anche plausibile che non sempre abbia voglia di prendersi le proprie responsabilità, anche perché quando lo fa il suo umore sprofonda ancor più nel baratro della depressione. Ma in questo è in ottima compagnia.
James ha un temperamento passivo-aggressivo nella prima stagione, al punto che arriva a pensare più volte di uccidere Alyssa, ma in questa seconda stagione di The End of the F***ing World il ragazzo sembra essere maturato: guarda più in profondità dentro il suo cuore e prende atto dei propri sentimenti, anche se spesso è comunque costretto a tenerli dentro di sé, ed è decisamente molto più protettivo nei confronti di Alyssa.
E Bonnie? Beh, non starò certo qui a raccontarvi per filo e per segno i suoi trascorsi e i motivi per cui è alla disperata ricerca di James e Alyssa, m anche lei ha avuto una vita molto difficile che l’ha portata a essere una persona molto diversa da quella che era un tempo.
Nel suo caso specifico, poi, la causa di tutti i suoi problemi più grandi saranno l’amore e la sua mancanza, che contribuiscono a farle vedere il mondo attraverso una lente distorta da un sentimento a sua volta distorto, malsano e ingannevole.
CONCLUSIONI
Questa seconda stagione di The End of the F***ing World si concentra maggiormente sull’introspezione dei personaggi, la cui profondità è certamente merito anche delle performance dei giovani attori che danno loro vita sullo schermo.
Se amate i drammi adolescenziali, il black humor, la riflessione sui problemi della vita e, in generale, le storie “marce”, non potete assolutamente perdervi la seconda stagione di The End of the F***ing World, decisamente più interessante e matura della precedente, un viaggio nel lato oscuro della mente e dei sentimenti umani che non mancherà di toccare le corde dei vostri cuori.
In Breve
Voto complessivo
7.8