Le 5 peggiori periferiche per console

Pubblicato il 23 Luglio 2019 alle 21:00

Dopo gli add-on più inutili della storia dei videogiochi, vediamo oggi le periferiche che hanno rischiato di rovinare i sogni dei videogiocatori, dopo che nelle pubblicità le vedevano invece come la tappa fondamentale per diventare dei maghi con la console…

INTERACTOR

Larry Shultz di Aura voleva che i giocatori non solo vedessero, ma anche sentissero i videogiochi, in una epoca in cui si parlava molto di realtà virtuale. Il 5 settembre 1994 portò con sé l’Interactor sul mercato, commercializzato come “gioco di realtà virtuale”. L’idea del dispositivo era che calci, pugni e colpi nei videogiochi grazie alla sua tecnologia elettromagnetica sarebbero stati convertiti da onde sonore in vibrazioni. Come prima tuta tattile disponibile in commercio, ebbe un buon riscontro in termini di vendite. In realtà, il giubbotto era essenzialmente un Rumble Pak da indossare…

TV TUNER (GAME GEAR)

Se hai una console portatile a colori (e il tuo maggior concorrente domina il mercato con una console in “bianco e nero” che si chiama Game Boy), marketing vuole che tu calchi la mano su questo fatto; quindi che c’è di meglio di realizzare un accessorio che consenta di far diventare il tuo handheld una TV portatile? Questo semplice ragionamento ha portato dunque Sega a lanciare sul mercato nei primi anni Novanta il TV Tuner, che trasformava appunto il Game Gear in una TV portatile; che, a parte qualche problema di ricezione in relazione all’area in cui si trovava l’utente, doveva fare i conti anche con il problema insito nel Game Gear stesso: la brevissima durata della batteria, che con il TV Tuner veniva ridotta ancora di più (in pratica, se non si collegava la console ad una presa, la durata era di circa un’ora). A ciò si aggiunga che la TV analogica doveva fare i conti con i diversi standard, NTSC, PAL, SECAM (per il quale ultimo il TV Tuner non era stato studiato) e che la resa video non faceva gridare al miracolo; se ci aggiungete un prezzo poco popolare, il gioco è fatto…

ACTIVATOR (MEGA DRIVE)

Molto prima che Kinect entrasse nei pensieri di Microsoft, Sega aveva fiutato le potenzialità che una periferica basata sul movimento avrebbe potuto garantire per una esperienza di gioco più coinvolgente. Così, ecco che nel 1993 lancia Activator per Mega Drive, una periferica di forma ottagonale basata sul movimento di tutto il corpo che utilizzava raggi infrarossi. E quindi addio caro vecchio pad? Eh, non proprio…

A parte il prezzo tutt’altro che concorrenziale, il vero problema era che la tecnologia del tempo (soprattutto se doveva fare i conti con un mercato di massa) non garantiva dei controlli accurati come invece i giochi richiedevano e così i raggi infrarossi rischiavano in realtà di non far comprendere al giocatore se l’azione era stata recepita o meno. L’esperimento durò pochi mesi, prima che la periferica fosse definitivamente ritirata, con soli 4 giochi specificamente dedicati all’Activator.

POWER GLOVE (NES)

Ispirato ad un progetto che vedeva coinvolta anche la NASA (ma che richiedeva fibre ottiche), il Power Glove è in realtà un prodotto molto meno pretenzioso rispetto all’originale, sviluppato da Mattel, che utilizzò una tecnologia meno precisa e meno costosa al fine di agevolarne il successo sul mercato. Tanto poi per mandare l’hype a mille il prodotto è stato anche il protagonista di una scena iconica (praticamente una pubblicità) nel film Il piccolo grande mago dei videogames, a sua volta una pubblicità Nintendo della durata di un film (il film svelò al mercato USA anche Super Mario Bros. 3).

Date queste premesse, chi non avrebbe voluto un Power Glove? La periferica funzionava utilizzando una serie di sensori collegati al televisore, che raccoglievano trasmissioni sonore trasmesse dal Power Glove per triangolarne la posizione nello spazio. Peccato che fosse necessario programmare il guanto in base al gioco che si andava a giocare e che, a conti fatti, tutto si risolveva nel muovere su e giù il dito (come se si stesse schiacciando un pulsante del pad)… Addio hype…

R.O.B. (NES)

La crisi del 1983 del mercato dei videogiochi aveva lasciato il segno soprattutto negli USA, così Nintendo decise che per presentare al meglio il suo NES sul mercato, soprattutto americano, la cosa migliore fosse presentarlo come un giocattolo; a tal fine, pensò di aggiungere alla console un robot dal nome R.O.B. (che sta per Robotic Operating Buddy), già lanciato in Giappone.

R.O.B. era in pratica un “controller che funzionava con tecnologia fotosensibile” (e che avrebbe svolto le funzioni di secondo giocatore), con la stessa elettronica ottica di una pistola Zapper per NES; ovviamente funziona correttamente solo se accoppiato con un televisore a tubo catodico (CRT) e non un LCD.  I giochi potevano inviare sei comandi distinti a R.O.B. facendo lampeggiare lo schermo. Il robot purtroppo aveva solo due giochi creati per lui (ne erano stati annunciati altri quattro, ma non furono mai distribuiti), ovvero Gyromite e Stack-Up che includevano una funzione di test, che inviava un flash ottico.

Nonostante adesso l’accessorio faccia ridere, in realtà al tempo il suo successo fu davvero prodigioso e fondamentale per il rilancio dell’intera industria dei videogiochi, dato che molti utenti compravano la console per avere il robot, che, a conti fatti, non aggiungeva nulla all’esperienza di gioco, ma anzi spesso la rendeva frustrante, data la necessità di coordinare i movimenti fisici del robot.

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