Io Sono Capitan Tsubasa Vol. 1 | Recensione
Pubblicato il 1 Luglio 2019 alle 11:00
Lo spokon più amato dagli italiani ritorna in una nuova gigantesca edizione targata Mondadori. Siete pronti a rivivere le interminabili sfide di Tsubasa alias Holly Hutton?
Autori: Yoichi Takahashi (testi & disegni)
Casa Editrice: Mondadori
Genere: spokon
Provenienza: Giappone
Prezzo: € 26, 383 pp., colore, cartonato
Data di pubblicazione: 21 maggio 2019
Nel progetto di riproposizione dei manga “storici” per il nostro paese, dopo Noi Siamo I Cavalieri dello Zodiaco – la nostra recensione QUI, Mondadori non poteva ignorare quello che il più importante, o uno dei più importanti, spokon arrivati da noi sul finire degli anni ’80 sotto forma di serie animata ovvero Captain Tsubasa, o se preferite Holly & Benji, con il volume Io Sono Capitan Tsubasa di Yoichi Takahashi.
Replicata migliaia di volte in televisione la serie animata ha tenuto incollate almeno 3, 4 generazioni di piccoli e grandi telespettatori che, complice l’egemonia sportivo-culturale del calcio in Italia, sono stati da subito coinvolti dalle imprese sul campo di Tsubasa (Holly) e dei suoi amici e rivali.
In questo primo volume facciamo la conoscenza del piccolo Tsubasa, 11 anni, ragazzo allegro ma un po’ introverso ossessionato dal calcio. Il trasferimento in una nuova città porta il ragazzino a sfidare l’imbattibile portiere, e vero idolo della città, Genzo Wakabayashi per l’utilizzo del campo comunale.
Quando Tsubasa fa gol a Genzo si innesta un incredibile cortocircuito agonistico che troverà sfogo nel torneo interscolastico in cui si affronteranno la Shutetsu di Genzo e la Nankatsu di Tsubasa. La sfida è condita dall’arrivo sulla panchina della Nankatsu di Roberto Hongo, centravanti di origini giapponesi del Brasile, che diventerà il mentore di Tsubasa.
La partita, che occupa più di metà del volume, sarà durissima e vedrà la squadra di Tsubasa prendere più volte di sorpresa la Shutetsu. La svolta sarà però dettata dall’ingresso in campo di Taro Misaki per la Nankatsu con il risultato finale inaspettato e che suggellerà l’inizio di una amicizia storica.
Nella storia del manga vi sono, soprattutto per i generi più “commerciali”, opere che segnano una cesura netta fra ciò che c’è stato fino a quel momento e quello che verrà stabilendo un nuovo standard che perdurerà per parecchi anni.
Capitan Tsubasa è senza ombra di dubbio una di queste opere.
Quando Yoichi Takahashi inizia a pubblicarlo, siamo nel lontanissimo 1981, il genere spokon è ancora fortemente ancorato a quelli che erano gli stilemi degli anni ’70 il cui nucleo tematico era il sacrificio, la disciplina e il duro lavoro dentro e fuori dal campo.
Takahashi esautora questi valori capovolgendoli. Il protagonista Tsubasa è un protagonista sorridente il cui talento è subito lampante e che bisogno solo di essere indirizzato nella maniera più corretta. Il duro allenamento c’è ma è finalizzato all’agonismo che si esplica in avversari che stimolano lo spirito competitivo.
Non c’è approfondimento dei personaggi nel senso più letterale del termine, i personaggi sono quello che sono quando sono in campo e come affrontano le varie sfide. L’aspetto da sempre “criticato” e mira di divertenti sberleffi di quest’opera sono le sue interminabili partite che si susseguono a ritmo frenetico ma in realtà è proprio questa la ventata di freschezza dell’opera: il gesto atletico come gioiosa espressione dello sforzo sportivo e in cui l’allenamento è una parte non più preponderante.
Questo approccio segnerà il genere per tutti gli anni ’80 affievolendosi poi ad inizio anni ’90 con una virata verso territori quasi seinen e con l’agonismo che verrà concentrato in pochi e mirati momenti mentre il fulcro della narrazione saranno i rapporti e gli stati d’animo dei personaggi basti vedere opere come Slam Dunk o Rookies.
Dal punto di vista grafico, pur risentendo di quelli che era il gusto degli anni ’70 soprattutto per quanto riguarda la prossemica e le espressioni facciali, Takahashi predilige un tratto dinamico e sinuoso con pose plastiche e spesso dalla fisica poco realistica. Poco importa se spesso le proporzioni non sono equilibrate perché il tratto deve essere più utile che bello. Dal punto di vista dalla costruzione della tavola invece lo schema è assolutamente irregolare con una predilezione per figure intere inserite nella tavola, doppio pagine che amplificano il senso di azione e cineticità.
L’edizione Mondadori è un cartonato di grande formato di fattura pregevole edito ovviamente in collaborazione con Edizioni Star Comics. La lettura è alla orientale ma non sono presenti le pagine a colori che fanno da introduzione ai vari capitoli. Esclusa qualche svista adattamento e traduzione sono ancora scorrevoli e hanno resistito alla prova del tempo.
In Breve
Storia
7.0
Disegni
7.0
Cura Editoriale
7.5
Sommario
Nella storia del manga vi sono, soprattutto per i generi più "commerciali", opere che segnano una cesura netta fra ciò che c'è stato fino a quel momento e quello che verrà stabilendo un nuovo standard che perdurerà per parecchi anni.
Capitan Tsubasa è senza ombra di dubbio una di queste opere.
L'aspetto da sempre "criticato" e mira di divertenti sberleffi di quest'opera sono le sue interminabili partite che si susseguono a ritmo frenetico ma in realtà è proprio questa la ventata di freschezza dell'opera: il gesto atletico come gioiosa espressione dello sforzo sportivo e in cui l'allenamento è una parte non più preponderante.