I 10 migliori film del 2019 – Prima Parte

Pubblicato il 30 Giugno 2019 alle 21:00

Come di consueto, MangaForever traccia una linea per tirare le somme di questi primi sei mesi dell’anno cinefilo, tra blockbuster campioni di incasso, horror d’autore dallo sguardo conturbante, opere sperimentali che abbattono il confine fra cinema e tv ed epici kolossal che segnano la fine di un’era. E dato che è già da un paio d’anni che il mercato audiovisivo si è evoluto naturalmente vale tutto, senza sciocche distinzioni tra esperienza in sala o visione da salotto tramite piattaforme di streaming varie ed eventuali.

Segnatevi questi titoli e tornate fra sei mesi, quando a dicembre stileremo la classifica definitiva dei più bei film del 2019. Secondo voi quale fra le opere che state per scoprire riuscirà ad entrare nella top finale? Leggete l’articolo e poi fatecelo sapere nella sezione dei commenti!

NOTA: i titoli sono presentati in ordine temporale di uscita e non di gradimento, prerogativa che sarà affidata alla futura classifica definitiva.

Suspiria, di Luca Guadagnino (1 gennaio)

“Come in un film di Guillermo Del Toro gli orrori della Storia si fondono con gli orrori della vicenda narrata, ma l’opera resta saldamente nel territorio della sofisticazione (da sempre peculiare del cinema di Guadagnino) per la capacità con la quale infonde alla mitologia stregonesca immaginata da Argento e da Daria Nicolodi una base retorica che parte dall’arte, e dalla sua vibrante potenza. E’ un’ossessione tipica del suo cinema, il parlare dell’arte: Io Sono L’Amore lo faceva con la gastronomia, A Bigger Splash con la musica, Chiamami Col Tuo Nome con la poesia; in Suspiria è la disciplina è ovviamente la danza, che a differenza dei film precedenti piuttosto che uno sfondo elegante diventa un personaggio, più metafisico che di carne ed ossa ma che è letteralmente capace di possedere corpi e compiere azioni (spesso e volentieri crudelissime).”

[Recensione Suspiria]

La Favorita, di Yorgos Lanthimos (24 gennaio)

“In pratica l’infatuazione per Kubrick continua, nella filmografia di Lanthimos, ma se ne Il Sacrifio del Cervo Sacro la forma veniva adattata al contenuto (il film con Colin Farrell e Nicole Kidman portava nell’era moderna le atmosfere infauste della tragedia greca), ne La Favorita è molto di più il contenuto a prevalere: siamo infatti dalle parti di un Barry Lyndon al femminile (anche la fotografia al naturale è figlia di quell’opera), con il senso di tragica epicità che circondava quel tipo di arrivismo che qui viene leggermente affievolito dai toni farseschi tipici della poetica dell’autore.”

[Recensione La Favorita]

Il Corriere – The Mule, di Clint Eastwood (7 febbraio)

“C’è questa cosa che hanno i film di Clint Eastwood che è davvero, davvero rara riscontrare in altri registi, per lo meno con una cadenza tanto regolare da fare statistica: emanano cinema da ogni singolo fotogramma, e rimandano a così tanti sotto-testi e così tante chiavi di lettura che tutti questi brevi articoli, fatti di poche parole e pochi paragrafi, che noi e nostri colleghi ci affrettiamo a pubblicare e lanciare per le sconfinate strade dell’internet nei giorni immediatamente precedenti e immediatamente successivi all’uscita delle sue opere, evidentemente non possono bastare.”

[Recensione Il Corriere – The Mule]

La Casa di Jack, di Lars Von Trier (28 febbraio)

“Ci ha provato in passato, con risultati altalenanti, ma è con La Casa di Jack (in originale The House That Jack Built) che ha finalmente sfornato il suo capolavoro, il film per il quale sarà ricordato dopo aver attraversato l’Acheronte e consegnato la sua anima nera alle tenebre cui appartiene. “Ammirate la mia opera, o potenti, e disperate!” diceva l’Ozymandias di Percy Shelley, ed è esattamente questo grado di onnipotenza artistica che Von Trier vuole raggiungere tramite le efferate gesta del personaggio di Dillon, qui nel ruolo della vita.”

[Recensione La Casa di Jack]

Noi, di Jordan Peele (4 aprile)

“Un montaggio eccezionale scandisce i ritmi di un racconto dilatato nel primo atto e poi via via sempre più convulso, che si dirige a perdifiato verso un finale narrato attraverso uno storytelling da applauso. Noi è la prova definitiva che il cinema di Jordan Peele non è stato solo un caso isolato, ma una realtà crudissima e quanto mai necessaria, politicamente e artisticamente.”

[Recensione Noi]

Avengers: Endgame, di Anthony e Joe Russo (24 aprile)

“E’ un film epocale Avengers: Endgame di Anthony e Joe Russo, filosoficamente, concettualmente e letteralmente: e non solo per l’indubbia qualità tecnica – narrativa e di messa in scena – che ne sostiene lo straripante e mutaforma apparato filmico, e neanche per la sua essenza minacciosa e mistica e già quasi mitologica da “capitolo finale di un’era” che gli ha assicurato preventivamente lo status di oggetto di culto per milioni di fan in tutto il mondo; lo è per come si dimostra in grado di portare scientemente a compimento un discorso cinematografico unico, innovativo e irripetibile, che è nato undici anni fa con Iron Man di Jon Favreau e che qui trova il suo estremo e irraggiungibile potenziale”.

[Recensione Avengers: Endgame]

The Long Night, di Miguel Sapochnik (29 aprile)

“La puntata è un capolavoro di tensione e di liberazione, di audacia e di irripetibilità, di pelle d’oca e cardiopalma, di grandiosità e intimità. Come nessun altro dei migliori episodi della serie – e come nessun altro episodio di ogni altra serie mai prodotta – riesce a mescolare diversi generi (horror, azione, fantasy, guerra, melodramma, tragedia) su diversi substrati narrativi, proseguendo – o in alcuni casi terminando – l’arco narrativo di ogni personaggio nel contesto di un impianto filmico che si alterna di continuo tra grande e piccolo, tra vasto e ristretto, tra immenso e intimo: dal caos del campo di battaglia ai cieli sopra Grande Inverno, dalla sommità delle mura alle profondità claustrofobica delle cripte, dal punto cieco del Parco degli Dei alla piazza, dai cunicoli della struttura interna alle ampia sale.”

[Recensione The Long Night]

I Fratelli Sisters, di Jacques Audiard (2 maggio)

“Eternamente ma elegantemente in bilico funambolico fra uno humor nero sagace e una profonda e fenomenica analisi caratteriale, il film di Audiard riprende con sensibilità umanista i codici e le convenzioni del genere per riflettere sulle storture e gli abissi del mondo moderno e della natura umana, indorando l’amara pillola con atmosfere leggere, spesso divertenti, a limite del grottesco ma sempre incredibilmente vere.”

[Recensione I Fratelli Sisters]

Dolor y Gloria, di Pedro Almodovar (17 maggio)

“C’era una piscina con dentro uno sceneggiatore morto che voleva essere vivo all’inizio di Viale Del Tramonto di Billy Wilder e c’è invece un regista vivo che forse vorrebbe essere morto nella scena d’apertura di Dolor Y Gloria, nuovo film di Pedro Almodovar, che a tre anni dal non proprio esaltante Julieta torna con quello che è probabilmente il suo miglior film del XXI secolo, neanche troppo felice per lui se non con le eccezioni di Parla Con Lei, Volver e La Pelle Che Abito.”

[Recensione Dolor y Gloria]

Too Old To Die Young, di Nicolas Winging Refn (14 giugno)

“La poetica nichilista dell’eterno anti-eroe che osserva silente la brutalità che lo circonda e che la accoglie immergendosi in essa con una sorta di ‘rassegnata enfasi’ viene tutta dall’oriente – fondamentale per Refn è il lavoro di Takeshi Kitano – e lo sguardo visionario e psichedelico di jodorowskyana memoria non fa che enfatizzare il distacco tra il nostro mondo e questo mondo, un mondo dove apollineo e dionisiaco entrano in contatto attraverso una messa in scena che vuole rappresentare con matematico ordine visivo il caos più ancestrale che brucia nell’animo umano.”

[Recensione Too Old To Die Young]

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