Black Mirror – Stagione 5 | Recensione
Pubblicato il 6 Giugno 2019 alle 20:00
La nuova stagione di Black Mirror strizza l’occhio più al passato e al presente che al futuro, con un risultato finale non del tutto soddisfacente.
Sceneggiatura: Charlie Brooker
Regia: Owen Harris, James Hawes, Anne Sewitsky
Cast: Anthony Mackie, Yahya Abdul-Mateen II, Pom Klementieff, Nicole Beharie, Ludi Lin, Andrew Scott, Damson Idris, Topher Grace, Miley Cyrus, Angourie Rice, Madison Davenport
Distribuzione: Netflix
Data di uscita: 5 giugno 2019
Sapevamo già che la stagione di più recente uscita di Black Mirror sarebbe stata più ottimistica e meno distopica, come potete leggere anche in questo nostro articolo, il che però non deve necessariamente coincidere con un calo della qualità. O meglio, non dovrebbe.
Mi spiego meglio: personalmente, non apprezzo questa virata verso lidi più ottimistici e, in generale, la decisione di affrontare tematiche più “soft”, ma sto parlando ovviamente solo del mio gusto personale; tuttavia, sono aperta a qualsiasi tipo di cambiamento: per quel che mi riguarda, Black Mirror potrebbe anche trasformarsi in un medical drama, ma se fosse un buon medical drama non potrei certo valutarlo negativamente.
Purtroppo per questi ultimi episodi, però, il problema non è la decisione di provare ad esplorare nuove soluzioni, poiché non solo le tematiche, ma anche la narrazione delle stesse è nel complesso decisamente debole, con spunti di riflessione piuttosto banali e che sanno di già visto altrove, senza contare che i vecchi fan della serie si aspettano di vedere in Black Mirror delle storie che siano un po’ più “estreme” di quelle che potrebbero esistere nella vita reale, creando quindi un cortocircuito bizzarro per cui guardare un’edizione qualunque di un telegiornale qualunque si rivela un’esperienza più distopica della visione di uno di questi episodi.
La sensazione di avere già una certa familiarità con i temi trattati e un generale senso di noia permangono preoccupantemente. Almeno fino a quando non arriviamo al terzo e ultimo episodio, a mio avviso di gran lunga il migliore fra i tre che compongono questa controversa quinta stagione, composta da soli tre episodi, come ai vecchi tempi. Ma procediamo per gradi.
Vi anticipo però un paio di cose:
- la mia recensione è del tutto priva di spoiler di rilievo, per consentirne la lettura a coloro che non hanno ancora visto gli episodi;
- ho usato i titoli originali degli episodi anche se sono stati tradotti in italiano, poiché tali traduzioni sono del tutto arbitrarie e inopportune.
EPISODIO 1: STRIKING VIPERS
Il titolo dell’episodio è stato tradotto in maniera letterale in italiano, per cui si intitola Il morso della vipera; in questo caso, ho scelto di mantenere il titolo originale perché si tratta semplicemente del titolo di un videogioco, per cui non si spiega davvero come mai si sia sentita la necessità di tradurlo. Ora scusatemi, vado a giocare ad Anime Oscure: Rimasterizzato.
Sarcasmo a parte, in tutti gli episodi di questa quinta stagione di Black Mirror sono presenti attori e personaggi celebri di un certo rilievo, a iniziare proprio dal primo, Striking Vipers, nel quale il protagonista, Danny, un uomo sposato e con un figlio, è interpretato da Anthony Mackie, già presente in The Hurt Locker e giunto più di recente alla notorietà per il grande pubblico grazie al suo ruolo di Falcon nei film del Marvel Cinematic Universe, personaggio, questo, presente in Captain America: The Winter Soldier (2014), Avengers: Age of Ultron (2015), Ant-Man (2015), Captain America: Civil War (2016), Avengers: Infinity War (2018) e Avengers: Endgame (2019).
Karl è un vecchio amico di Danny, con il quale amava condividere la passione per i picchiaduro in giovane età, e a cui presta il suo volto l’attore Yahya Abdul-Mateen II, già presente nel film del 2017 Baywatch e nel film DC Extended Universe Aquaman, nel quale interpreta il ruolo del villain Black Manta.
Theo, la moglie di Danny, è interpretata da Nicole Beharie, la Abbie Mills della serie televisiva Sleepy Hollow.
Dieci anni dopo le scene iniziali dell’episodio, Karl regala a Danny per il suo compleanno il nuovo capitolo della saga di videogiochi picchiaduro a cui giocavano da ragazzi, Striking Vipers (da cui il titolo dell’episodio), e un dispositivo per la realtà virtuale fortemente immersivo, grazie al quale i due amici, ormai vicini ai 40 anni, possono impersonare i personaggi del gioco in maniera diretta, sentendo tutte le sensazione provate dai personaggi; Lance è l’alter ego videoludico di Danny ed è interpretato da Ludi Lin, il Murk di Aquaman (2018), mentre Roxette (ogni riferimento al duo pop svedese omonimo non è per nulla casuale), il personaggio femminile controllato da Karl, è impersonata da Pom Klementieff, ovvero Mantis nei film Marvel Cinematic Universe Guardiani della Galassia Vol. 2 (2017), Avengers: Infinity War (2018) e Avengers: Endgame (2019).
Un cast di supereroi e villain, insomma, messo insieme per costruire una storia con un paio di spunti interessanti, ma nulla di più: fino alla prima scena in cui i due protagonisti principali vengono mostrati mentre si accingono a provare i nuovi dispositivi per la realtà virtuale, ovvero per i primi 20 minuti circa, nulla vi farà pensare che state guardando un episodio di Black Mirror, il che già di per sé è alquanto spiazzante.
Gli argomenti fondamentali sui quali l’episodio vuole concentrare l’attenzione degli spettatori vertono fondamentalmente sul rischio concreto di estraniazione quasi totale dal mondo esterno reale in virtù di quello interno, irreale e virtuale. Si tratta però anche di una rappresentazione e di una analisi dei rapporti interpersonali, dell’amore e dell’attrazione sessuale, con tutti i possibili quesiti e dubbi che possono accompagnare tali riflessioni.
A causa di uno stile narrativo a tratti per nulla intrigante e di una storia tutto sommato senza colpi di scena o particolari picchi di creatività, le seppur ottime interpretazioni dei suoi protagonisti non bastano a farne un prodotto di buona qualità, per cui la visione di Striking Vipers non è, nel suo complesso, quasi per nulla soddisfacente.
EPISODIO 2: SMITHEREENS
In italiano il titolo dell’episodio è In pezzi, tuttavia ho deciso di non tradurlo perché nella nostra lingua si perde il gioco di parole al suo interno, che verte sul fatto che Smithereens coincida sia con il nome di una importante azienda presente nell’episodio che con un termine inglese il cui significato letterale è per l’appunto “in pezzi”.
Anche per quanto riguarda questo episodio, la sua grande forza è il cast di interpreti, sempre all’altezza delle aspettative: in Smithereens, grande protagonista è Andrew Scott, l’incredibilmente espressivo e intenso interprete qui di Christopher ‘Chris’ Gillhaney e anche di Moriarty, l’arcinemico di Sherlock Holmes nella serie televisiva Sherlock.
Chris è un ragazzo fortemente disturbato a causa di un trauma molto forte avvenuto qualche anno prima degli eventi narrati e che, un giorno, decide di rapire uno degli stagisti che lavora per la compagnia di social media Smithereens: si tratta del giovanissimo Jaden Tommins, del quale veste i panni l’attore inglese Damson Idris, già visto nella serie televisiva Snowfall.
Scopo del rapimento è per Chris la possibilità di parlare con il CEO dell’azienda, Billy Bauer, interpretato da Topher Grace, già Venom nel film del 2007 Spider-Man 3.
Questo episodio è molto vicino al genere thriller, anche perché per gran parte del tempo non farete che chiedervi come mai Chris sia così ossessionato da Billy Bauer, mentre naturalmente la tensione salirà all’interno del veicolo nel quale il terrorizzato Jaden è purtroppo per lui prigioniero, e all’esterno, in cui le forze di polizia e i collaboratori di Bauer stanno cercando di capire come fare sa tirare fuori Jaden da quella situazione e da quella automobile.
Anche in questo caso l’episodio si pone come obiettivo quello di portare chi lo guarda a riflettere sulle conseguenze di determinate azioni, riproponendo in parte una tematica per la verità già presente in Striking Vipers, ovvero il pericolo insito in un abuso o in un uso non appropriato dei mezzi tecnologici più moderni, che si tratti di dispositivi per la realtà virtuale o di un social network.
Nonostante in definitiva la soglia dell’attenzione non cali troppo spesso durante la visione di questo Smithereens, le tematiche trattate risultano piuttosto banali, anche perché a volte si ha l’impressione che alcune scene siano state dilatate per poter coprire la durata di un’ora.
EPISODIO 3: RACHEL, JACK AND ASHLEY TOO
Questa volta è proprio il caso di dirlo: dulcis in fundo. So di essere fra i pochi a ritenere questo l’episodio migliore fra i tre (basta guardare IMDB, in cui Rachel, Jack and Ashley Too risulta invece come il meno gradito dagli utenti), ma credo che qui siamo di fronte alla puntata che più si avvicina all’ideale distopico tipico delle prime serie di Black Mirror, senza contare che questo è anche l’episodio più divertente fra i tre, forte anche di un certo senso dell’umorismo a volte quasi nonsense e fuori luogo, il che dà maggiore forza alle battute di spirito.
Il titolo dell’episodio in italiano è Rachel, Jack e Ashley, ma anche in questo caso si perde il gioco di parole per il quale il terzo nome è ambiguo: si tratta di Ashley o della bambola parlante e danzante Ashley Too a lei ispirata. O forse di entrambe?
Ashley O è una cantante pop incredibilmente famosa fra i ragazzi; a vestire i suoi panni è Miley Cyrus, e non soltanto per lo schermo: il dramma interiore vissuto da Ashley O, la quale vorrebbe uscire dal personaggio che le è stato cucito addosso, coincide con il medesimo desiderio provato da Miley Cyrus, per molti ancora oggi indissolubilmente legata al suo personaggio più famoso, Hannah Montana. Miley Cyrus presta anche la sua voce alla bambola Ashley Too, protagonista insieme alle due sorelle Rachel e Jack di una rocambolesca quanto drammatica avventura.
Rachel Goggins è una grandissima fan di Ashley O, ed è interpretata dalla giovane attrice australiana Angourie Rice, già vista in The Nice Guys, film del 2013.
Sua sorella è un bel po’ diversa da lei, a cominciare dall’abbigliamento e dai gusti musicali: Jack Goggins è interpretata da Madison Davenport, presente anche in Dal tramonto all’alba – La serie.
Scopo di questo episodio finale è quello di portare gli spettatori a riflettere sui possibili scheletri nell’armadio delle celebrità, che possono essere nella propria vita privata persone decisamente diverse dai loro personaggi; lo sguardo si volge anche amaramente verso la spietatezza del business in ambito musicale, che spinge gli artisti oltre il limite, portandoli sempre più vicini al centro di una “spirale verso il basso”, per citare i Nine Inch Nails; ma ci si spinge ancora oltre: la critica in questo caso è rivolta contro coloro che sfruttano l’immagine e le vecchie incisioni di artisti deceduti, sempre e solo per il Dio Denaro.
Grandi protagonisti della puntata sono oserei dire inspiegabilmente Miley Cyrus e Trent Reznor: tutto potevo aspettarmi dalla vita, ma mai avrei pensato che un giorno avrei ascoltato una cover fatta da Miley Cyrus di Head Like a Hole, brano storico dei Nine Inch Nails presente in Pretty Hate Machine, primissimo album datato 1989 della one man band industrial fondata proprio da Sua Maestà Trent Reznor. Ma ciò che rende il tutto ancor più distopico è il fatto che la suddetta cover sia pure una bomba! Ma come si è arrivati a tanto?
All’inizio dell’episodio potrete ascoltare una canzone dal sound decisamente pop: si tratta invece di una versione pesantemente riarrangiata di Head Like A Hole con un testo riscritto per l’occasione da Charlie Brooker, il creatore di Black Mirror, e che qualsiasi fan dei Nine Inch Nails avrà riconosciuto inorridendo. Tuttavia, il brano funge da filo conduttore per tutto l’episodio: più volte ne ascolterete degli estratti, e lo stesso seguirà di pari passo l’evoluzione della sua protagonista. Il testo riscritto da Brooker per il brano, reintitolato On A Roll, recita:
Oh honey, I’ll do anything for you
Oh honey, just tell me what you want me to
Oh honey, kiss me up against the wall
Oh honey, don’t think anything just have it all
Yeah I can take it, so don’t you fake it
I know your love’s my destiny
Yeah I can take take it, please demonstrate it
Coz I’m going down in history
Hey, yeah, whoha-ho
I’m on a roll
Riding so high, achieving my goals
Hey, yeah, whoha-ho
I’m on a roll
Riding so high, achieving my goals
I’m stoked on ambition and verve
I’m going to get what I deserve
So full of ambition and verve
I’m going to get what I deserve
Ecco qui la mia traduzione:
Oh, dolcezza, farei qualsiasi cosa per te
Oh, dolcezza, dimmi solo cosa vuoi che faccia
Oh, dolcezza, baciami contro il muro
Oh, dolcezza, non pensare a nulla, solo prenditi tutto
Sì, posso prenderlo, perciò non fingere
So che il tuo amore è il mio destino
Sì, posso prenderlo, perciò non fingere
Perché passerò alla storia
Hey, yeah, whoha-ho
Vado alla grande
Ho un sacco di successo
Sto raggiungendo i miei obiettivi
Sono così eccitata dall’ambizione e dall’energia
Sto per avere ciò che merito
Così piena di ambizione ed energia
Sto per avere ciò che merito
Il testo riscritto e la musica riarrangiata rendono il pezzo decisamente credibile per una pop stare come Ashley O. Ma perché è stata scelta come base proprio Head Like a Hole? È presto detto: come si evince già dal trailer di Rachel, Jack and Ashley Too, la zia e manager della giovane pop star non vuole ascoltare le ragioni della ragazza, che sempre più si chiude in se stessa, in nome della sua sudditanza al Dio Denaro. Ebbene, ecco la sezione del testo originale di Head Like A Hole utilizzata per creare il brano di Ashley O On A Roll, anche questa volta seguito da una mia traduzione, ma preceduto dal video ufficiale del brano:
God money I’ll do anything for you
God money just tell me what you want me to
God money nail me up against the wall
God money don’t want everything he wants it all
No you can’t take it
No you can’t take it
No you can’t take that away from me
No you can’t take it
No you can’t take it
No you can’t take that away from me
Head like a hole
Black as your soul
I’d rather die
Than give you control
Bow down before the one you serve
You’re going to get what you deserve
Dio Denarto, farei qualsiasi cosa per te
Dio Denaro, dimmi solo cosa vuoi che faccia
Dio Denaro, inchiodami contro il muro
Dio Denaro, non vuole ogni cosa, vuole tutto
No, non puoi prenderlo
No, non puoi prenderlo
No, non puoi portarmelo via
No, non puoi prenderlo
No, non puoi prenderlo
No, non puoi portarmelo via
Testa come un buco
Nera come la tua anima
Preferirei morire
Che darti il controllo
Inchinati dinanzi a colui che servi
stai per avere ciò che meriti
La musica percorre l’intero episodio, dunque, non solo come mera colonna sonora, ma come specchio di un percorso di crescita e di una nuova presa di coscienza da parte della sua tormentata protagonista, che finalmente potrà dare sfogo alla sua incazzatura attraverso Head Like A Hole, che nella finzione dell’episodio sarà la nuova “hit” di Ashley “Fucking” O.
In Breve
Striking Vipers
5.6
Smithereens
6.2
Rachel, Jack and Ashley, Too
8.3