Doomsday Clock 1-3 di Geoff Johns & Gary Frank | Recensione

Pubblicato il 22 Aprile 2019 alle 11:00

Arriva l’iniziativa editoriale più discussa e controversa di sempre: Doomsday Clock, il sequel del capolavoro Watchmen! Geoff Johns ci spiega cosa è successo dopo la conclusione della maxiserie di Moore e Gibbons con una storia che segna l’ingresso ufficiale del Dottor Manhattan e soci nel DC Universe!

Tutti sanno che Watchmen, capolavoro assoluto di Alan Moore e Dave Gibbons, ha rappresentato uno spartiacque nell’ambito dei comics americani. Dopo quello sconvolgente lavoro di revisionismo supereroico, i fumetti dei giustizieri in calzamaglia non furono più gli stessi. Il Bardo di Northampton non solo evidenziò con acume l’intrinseca natura ambigua del concetto stesso di supereroe, con i propri pregi e difetti, ma propose modalità narrative che in seguito influenzarono, e continuano a influenzare, tantissimi autori.

Il successo di Watchmen fu epocale e la maxiserie ottenne riscontri e attenzione anche al di fuori dell’ambito fumettistico (il supplemento letterario del Times l’ha inserita addirittura nella lista dei cento romanzi in lingua inglese più importanti del Novecento). Per questa ragione la DC cercò in tutti i modi di convincere Alan Moore a ideare un seguito, senza successo. Le polemiche tra il Magus e la casa editrice non sono un mistero e a un certo punto la DC, in possesso dei diritti dei personaggi, ha deciso di utilizzarli con l’iniziativa Before Watchmen che proponeva miniserie collocate in un periodo precedente quello dell’opera di Moore e Gibbons, realizzate da cartoonist di grande livello.

Nessuno, però, aveva il coraggio di scrivere un sequel, perché non intendeva essere messo a confronto con colui che, all’unanimità, è considerato il più importante scrittore di comics a livello mondiale. Alla fine, però, qualcuno il coraggio l’ha trovato: Geoff Johns, sceneggiatore che, al pari di Grant Morrison, negli ultimi anni ha fatto la fortuna della DC con la sua acclamata run di Green Lantern e altri ottimi lavori. Johns ha incominciato a impostare l’idea del sequel, chiamato Doomsday Clock, da parecchio tempo. Le premesse implicite si trovano nella saga Flashpoint ma di fatto gli eventi della maxiserie sono anticipate nello speciale DC Universe Rebirth.

Doomsday Clock, inoltre, segna l’ingresso ufficiale dei personaggi di Watchmen nel DCU vero e proprio (la storia di Moore si svolgeva in un mondo diverso da quello di Superman e Batman). Si tratta forse di una provocazione e bisogna dire che l’idea è stata accolta in maniera contrastante dai fan. Ma se è per questo, l’intera operazione è destinata, per sua natura, a suscitare controversie. Lion sta traducendo la serie e con questi primi tre numeri finora usciti ci si può formare un’opinione.

Di sicuro Johns è in buona fede e intende rendere omaggio alla pietra miliare di Moore. Parte dal punto in cui Watchmen si era concluso. Ozymandias aveva inscenato una finta invasione aliena, allo scopo di far cessare i contrasti tra Stati Uniti e Unione Sovietica e spingere le due potenze ad abbandonare le ostilità e unirsi contro un nemico comune. Il prezzo da pagare, però, è stato alto, considerando che il folle piano di Ozymandias ha provocato milioni di morti.

Johns ci mostra una realtà sconvolgente. Ozymandias ha fallito nel suo compito perché la verità è trapelata e il mondo rischia di nuovo di essere distrutto. L’unico che potrebbe forse salvare la situazione è il Dottor Manhattan ma quest’ultimo è scomparso. Ozymandias, tuttavia, crede di aver scoperto il luogo in cui si nasconde e cioè nel DC Universe di Batman e compagni. Non è ancora chiaro, ma sembra che il Dottor Manhattan sia stato il responsabile di tutti gli eventi accaduti nel DCU, dal Flashpoint al New 52 fino al Rebirth.

Johns, inoltre, colloca la trama in un periodo successivo a quello degli albi DC attualmente in corso di pubblicazione e il contesto è decisamente diverso. La comunità supereroica, infatti, sta affrontando grossi problemi a causa di una teoria complottista, i supereroi della Golden Age pare che non siano mai esistiti (comunque, nessuno si ricorda di loro) ed è evidente che anche il DCU è in pericolo, magari per colpa dello stesso Dottor Manhattan.

Ozymandias, con l’ausilio di un nuovo Rorschach e di due criminali, Mimo e Marionetta, giunge nel DCU con l’intento di trovare Manhattan. Ma le cose non saranno facili e non mancheranno sorprese e colpi di scena. Johns concepisce una trama di ampio respiro, dall’incedere narrativo lento, più o meno come nel caso dei primi episodi di Watchmen, e dalla struttura complessa. In alcuni momenti si diverte a mimare lo stile di scrittura di Moore e ne segue pure l’impostazione meta-narrativa.

In Watchmen, infatti, c’era una storia all’interno di una storia, quella di un fumetto di pirati cupo e inquietante le cui vicende avevano parallelismi con quella principale. Qui accade qualcosa di analogo. Alcune persone vedono una serie di film incentrati su un detective, Nathaniel Dusk, e anche in questo caso esistono analogie tra la storia di Doomsday Clock e quella delle pellicole. Inoltre, il detective era stato in passato protagonista di vari comic-book DC firmati da Don McGregor e Gene Colan. Nella story-line di Doomsday Clock un ruolo importante lo giocherà Carver Coleman, l’attore che interpreta Dusk nei film e che probabilmente ha la stessa funzione dello scrittore scomparso di Watchmen.

Ogni episodio è poi corredato in appendice da materiale in prosa che chiaramente rimanda al lavoro di Moore e Gibbsons. Il penciler Gary Frank ha uno stile naturalistico e dettagliato, volutamente sporco, e non segue il modello di Gibbons; ma la struttura delle tavole è quella a nove vignette che contraddistingueva Watchmen. Frank, quindi, non rinuncia alla sua personalità d’artista ma in parte si collega a Gibbons, facendo un ottimo lavoro, valorizzato dai colori oscuri e suggestivi di Brant Anderson.

Arrivati a questo punto, però, che giudizio dare su Doomsday Clock? Bisogna lodare Geoff Johns per aver fatto qualcosa che, lo ripeto, nessuno finora aveva avuto il coraggio di tentare. Scrive sicuramente testi e dialoghi curati. Il mestiere non gli manca e ciò è innegabile.

Per il momento, tuttavia, la trama non emoziona e ho la sensazione che si ridurrà a un esercizio di stile sterile e superficiale, basato su finalità commerciali. Va anche specificato che già molte cose di Watchmen in questi primi tre numeri vengono modificate e rinnegate. Forse certi capolavori non andrebbero toccati; e forse sarebbe stato preferibile non realizzare Doomsday Clock.

 

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