Unholy Grail – la leggenda “umana” | Recensione
Pubblicato il 17 Aprile 2019 alle 11:00
Lo sceneggiatore Cullen Bunn (Uncanny X-Men, Deadpool) e il disegnatore Mirko Colak (Punisher) presentano ai lettori la magica e leggendaria vicenda di Re Artù, “umanizzando” e caratterizzando in maniera nuova e intrigante veri e propri miti della cultura occidentale.
Le vicende di Re Arthur Pendragon, di Merlino e dei suoi cavalieri fanno parte, sin dal Medioevo, del patrimonio collettivo di miti e leggende della cultura occidentale. Non ci sono prove circa la vera esistenza del temerario monarca di Camelot, ma i romanzi cortesi di Chrétien de Troyes prima e di Thomas Malory poi hanno consegnato alla letteratura europea delle immagini fisse di personaggi, ognuno con delle determinate qualità e delle funzioni all’interno delle tematiche cavalleresche presentate.
Quello che fa dei miti delle storie così affascinanti e longeve è però, anche a distanza di secoli, la capacità di arricchirsi di nuovi significati attraverso nuove epoche e scrittori, rinnovandosi pur mantenendo sostanzialmente le invarianti che li rendono caratteristici e significativi.
E in questo contesto, sempre più spesso, recentemente, hanno provato ad inserirsi anche vari fumettisti: questa volta, è toccato allo sceneggiatore Cullen Bunn (Uncanny X-Men, Deadpool) e al disegnatore Mirko Colak (Punisher) cimentarsi nell’ardua impresa di portare un mito nel mondo del fumetto e il risultato, visti anche i rischi che si incorre nell’andare a lavorare su personaggi così amati come quelli del ciclo arturiano, risulta sorprendente e sconvolgente in senso assolutamente positivo.
Pubblicato negli USA per Aftershock Comics e quindi, di conseguenza, portato in Italia da saldaPress (la casa editrice di Reggio Emilia, ormai si sa, ha abituato i lettori alla pubblicazione di piccoli capolavori, specie nel genere epico – cavalleresco, visti gli illustri precedenti con Green Valley e Lake of Fire) Unholy Grail (confezionato, come sempre, con una cura editoriale tra le migliori in Italia e disponibile anche in una meravigliosa edizione cartonata) intinge di sangue e dolore tipicamente “umano” una storia fatta di magia e fantasticherie, mantenendone gli elementi che da secoli, ormai, permettono a Re Artu e ai cavaliere della Tavola Rotonda di incantare i lettori.
IL CONSIGLIERE DEL DIAVOLO
La storia di Arthur Pendragon è quella di un giovane destinato ad ereditare il trono del padre e a compiere, insieme alla spada Excalibur e ai cavalieri della Tavola Rotonda, nonché accompagnato e guidato dalla magia e saggezza di Merlino, straordinarie imprese nobili ed eroiche. Ma cosa succederebbe se il consigliere del Re fosse stato impossessato da un demone malvagio e se tutti i suoi consigli fossero solamente indirizzati a creare caos e terrore nel regno?
In questo nuovo ed inedito contesto, fatto di elementi fantasy indirizzati verso l’horror, la storia che noi tutti conosciamo prende una piega inaspettata, percorrendo una strada intessuta di sofferenza e dolore dove, le vere battaglie, vengono combattute all’interno della psicologia dei personaggi. Camelot sarà sull’orlo della distruzione e Arthur, Ginevra e Lancillotto sprofonderanno insieme a lei. Chi potrà salvare il regno? E soprattutto: chi salverà i nobili eroi?
IL PESO DELLA SPADA
Leggendo l’opera, qualsiasi lettore attento riconoscerà tutti i classici elementi riconducibili alla mitologia arturiana: Arthur, Ginevra, Lancillotto, Merlino, Morgana e persino la dama del lago, svolgono un ruolo attivo nelle vicende. Il colpo da maestro degli autori, la vera spinta innovativa data alla narrazione è spostare, con un pizzico di elemento horror ed un tono da thriller psicologico, il “campo di battaglia” dei personaggi, coraggiosi ed eroici cavalieri che non hanno altro compito se non quello di combattere una “crociata” tutta interiore contro i propri demoni. Il Merlino “demonizzato” è soltanto l’espediente che fa muovere la vicenda narrativa e non rappresenta altro che l’impulso umano, l'”oscurità fondamentale” che alberga in ogni uomo e lo spinge ad autodistruggersi.
Lo sa bene Artù, che lo ha vicino sin dalla gioventù e poi, in maniera esponenziale, durante il governo del regno, così come Lancillotto e Ginevra, i quali dovranno confrontarcisi in preda alla loro passione adulterina (sia dal punto di vista di Ginevra, adultera nei confronti del marito, sia da quello di Lancillotto, “adultero” nei confronti del sovrano e amico fraterno). Merlino non è che lo specchio della malvagità insita negli esseri umani, non è altro che la concretizzazione della loro latente possibilità di fare del male. Seguendo questa linea interpretativa, la dama del lago, Morgana ed Excalibur non sono altro che secondarie manifestazioni concrete di vizi e ambizioni dei personaggi. Ed è dunque forse per questo che, il Santo Graal, non può essere l’oggetto capace di salvare il regno e portare alla salvezza i personaggi della vicenda: l’unica speranza è, ed è sempre stata, dentro di loro.
In un’opera così intrisa di simbologia, con dei personaggi così tanto caratterizzati psicologicamente (e colpisce il fatto che, ad esserlo, siano personaggi mitici letterariamente resi celebri dalle loro gesta) e inseriti in un contesto onirico, fantastico, quanto crudo e reale, il mito di Re Artù acquista improvvisamente un sapore diverso, familiare ma allo stesso tempo straordinariamente sconvolgente. Unholy Grail è un meraviglioso incubo, un contenitore di emozioni reso magico da una sceneggiatura allusiva e un disegno sensuale e incantatorio, capace non solo di trasmette pagina dopo pagina la magia tipica del mondo bretone, ma anche di toccare picchi altissimi di sensualità e spettacolarità cinematografica (soprattutto con le scene erotiche).
Dopo questo fumetto, ci piace pensare che Artù, Ginevra, Lancillotto e gli altri cavalieri, nonostante le molte imprese realizzate, abbiano realmente sofferto, pianto e sanguinato (sempre interiormente parlando) per raccogliere ogni minima goccia della loro fama. Al di là che siano, o non siano stati, persone in carne ed ossa.