Black Clover: la formula perfetta dello shonen | Recensione
Pubblicato il 30 Marzo 2019 alle 10:00
Se è possibile avere una licenza artistica per quando riguarda la grammatica italiana, il modo perfetto per descrivere, definire e presentare il fenomeno Black Clover è IL shonen.
Serializzato sulla rivista manga per eccellenza già dal 2015, l’opera di Yuki Tabata ha scalato la classifica un posto dopo l’altro, nel 2016 ha ricevuto un adattamento anime che continua ancora oggi e l’apprezzamento del pubblico verso Black Clover cresce di mese in mese.
La trama è molto semplice. C’è un’ambientazione fantastica in cui tutti possono usare la magia elementare e due orfani cresciuti insieme in un convento che da subito sono amici/rivali. Uno è Yuno, alto, bello, dotato di grandi poteri magici, intelligente e misterioso; l’altro, il protagonista, è Asta, basso, ottuso e senza un briciolo di potere magico.
Il sogno di entrambi è diventare Imperatore Magico, la figura più influente, forte e di spicco dell’intero regno di Clover in cui vivono. Se per Yuno la strada per diventare prima Cavaliere Magico e poi Imperatore sempre semplice, per un giovane senza poteri magici come Asta è una montagna da scalare. Tuttavia Asta possiede la magia più forte di tutti, la volontà di non arrendersi mai.
Al pari di tanti ottimi prodotti che sono usciti prima di lui, e che usciranno anche dopo, guardando Black Clover si ha l’impressione che l’autore sia riuscito a convogliare nella sua opera tutti gli elementi necessari per dare vita ad un grande shounen. Per essere definito shounen un prodotto deve per forza avere determinate caratteristiche, questo è vero, ma sono tante le serie che hanno provato ad inserire qualcosa di nuovo, di innovativo, giusto per dare un tocco personale al genere.
Black Clover decide di non farlo, parte da tutti gli elementi che accomunano un grande shounen, li unisce insieme, li rimodella e da vita al suo prodotto, limitandosi a cavalcare l’onda che il pubblico ha già tracciato per lui. Ecco quindi il perché del ragazzo che non si arrende mai (One Piece), la magia che possiedono tutti (Fairy Tail), spade (Sword art online) i combattimenti (qualsiasi shounen), un ragazzo deriso, sbeffeggiato da tutti (Naruto) e senza nessun potere magico (My Hero Academia).
Se è veramente così allora potrebbe riuscirci chiunque verrebbe da pensare? Non è così semplice, ed è qui che il tocco dell’autore fa la differenza.
Per quanto tutto in Black Clover abbia l’odore di già visto: dalla trama ai personaggi, dagli avversari agli amici, dalle ambientazioni alle avventure; c’è sempre quel qualcosa che piace e cattura lo spettatore. I personaggi secondari sono ben definiti e caratterizzati, le avventure non sono lunghe e interminabili, bensì lineari, scorrevoli e ricche di impatto.
Per non parlare dei continui colpi di scena, molti dei quali prevedibili bisogna ammetterlo, e della grinta di Asta che sa come coinvolgere e attirare a sé gli sforzi di tutti i suoi compagni. Vedere un perdente nato come lui combattere contro nemici e scogli insuperabili e riuscire nell’intento è qualcosa che piace e appassiona in ogni dove.
La colonna sonora è degna di nota, soprattutto per quanto riguarda opening ed ending, veramente notevoli.
Per il momento Black Clover è sicuramente una serie animata notevole, interessante da vedere anche se non è possibile stabilire se riuscirà, o meno, a rivaleggiare con gli altri big della sua generazione. Le prospettive ci sono e se l’anime riuscirà a continuare a coinvolgere il suo pubblico prima o poi potrebbe fare il balzo in avanti che ancora gli manca.
Prima di passare alla vera nota dolente dell’anime è doveroso fare un confronto con il manga. L’adattamento animato, per il momento, è fedele all’opera cartacea, il che è un bene, se non fosse che… e qui arriviamo al vero problema di Black Clover come anime.
Lo standard qualitativo del manga è impeccabile, veramente ben realizzato in ogni sua parte e capitolo, lo stesso non si può dire dell’anime che, soprattutto nelle puntate di transizione tra una saga e l’altra, ma non solo, hanno una qualità grafica spesso ai limite dell’accettabile.
Purtroppo è il problema di tutti gli anime che hanno la scadenza settimanale dell’episodio per lunghi periodi senza interruzione. Da qualche parte, per rispettare la fitta tabella di marcia, bisogna velocizzare i lavori e ciò implica poca cura nel dettaglio, animazione distorte, mancanza di profondità e volti deformati o troppo semplici.
Nelle prime puntate è un difetto che passa inosservato, man mano che lo spettatore prende familiarità con le animazioni e i contorni dei personaggi è un aspetto sempre più vistoso e fastidioso.