Triple Frontier di J. C. Chandor | Recensione

Pubblicato il 14 Marzo 2019 alle 15:00

Arriva su Netflix il nuovo film J.C. Chandor, Triple Frontier, con protagonisti Ben Affleck, Oscar Isaac, Charlie Hunnam, Garrett Hedlund e Pedro Pascal.

Sarebbe stato lecito aspettarsi un film fracassone e votato ad un semplicistico divertissement in salsa action solo qualora non si fosse stati a digiuno del cinema di J.C. Chandor, che in realtà di semplicistico non ha mai avuto nulla: e infatti il suo nuovo film Triple Frontier, a ben cinque anni dal precedente A Most Violent Year (1981: Indagine a New York per noi italiani) piuttosto che nascondersi dietro la patina del genere di riferimento (siamo dalle parti dell’heist movie, mescolate con atmosfere da film di guerra) preferisce sfruttarla come una lente di ingrandimento, da puntare verso i corpi dei suoi personaggi allo scopo di scavare dentro di loro fino a cavargli l’anima ed esaminarla per vedere cosa nasconde.

Con un cast d’eccezione che include Ben Affleck, Oscar Isaac, Pedro Pascal, Charlie Hunnam e Garrett Hedlund, il film schiva le aspettative da machismo da serie b anni ’90 e sfida lo spettatore proponendo una storia di avarizia e discesa morale, che mescola le atmosfere di Apocalypse Now con quelle classiche del cinema caper.

La storia è ambientata, come dice il titolo del film, nella tripla frontiera sudamericana: nella zona di confine tra Brasile, Paraguay e Argentina, immersa tra i verdeggianti paesaggi della giungla tropicale, sorge un luogo noto per essere una zona franca, culla della criminalità organizzata e crocevia di traffici di droga, riciclaggio di denaro e delinquenza. E’ qui che si trova la villa-fortezza di un noto narcotrafficante, da anni intoccabile per le forze dell’ordine: Pope (Isaac), stanco di vedergliela fare franca, decide di reclutare quattro suoi ex commilitoni non solo per ucciderlo, ma anche e soprattutto per portargli via i centinaia di milioni di dollari che il il signore della droga ha accumulato in quella casa.

Immersi in questo famigerato scenario di illegalità, il legame e la lealtà dei cinque amici verranno messi alla prova quando la loro azione criminale darà il là ad una serie di conseguenze accidentali ma inevitabili.

Nel cinema di Chandor si è sempre soli, che ci si trovi a Wall Street (Margin Call) o nell’oceano Indiano (All Is Lost), e anche se in gruppo i cinque protagonisti di Triple Frontier si scontreranno con questa verità: quando si parla di azione si muovono insieme, i personaggi al centro della vicenda, con la coordinazione ineccepibile di un gruppo d’elite ben addestrato e ancor più affiatato; ma quando c’è da marciare nella giungla, sotto la pioggia, quando bisogna valicare le montagne innevate nel gelo della notte, quando cioè l’azione finisce e inizia l’introspezione, sono tutti soli, ognuno coi propri pensieri, coi propri sensi di colpa, coi propri rimpianti.

La penna elegante e finissima di Mark Boal in sceneggiatura (co-scritta con Chandor) definisce con pochi ma indelebili tratti i cinque “eroi”, e poi orchestra situazioni e avvenimenti per metterli alla prova, quasi a voler scoprire  fino a che punto possono arrivare prima di spezzarsi. Tra tutti spicca un Ben Affleck davvero in parte, evidentemente coinvolto e affezionato al progetto: è il suo personaggio il centro emotivo del film, e quando lo sentiamo parlare di divorzi, occasioni mancate e rimorsi, il confine che lo separa dall’attore che lo interpreta è così sottile da sembrare inesistente.

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