I Divoratori di Peter Milligan – Recensione
Pubblicato il 28 Marzo 2012 alle 12:18
Arriva una delle opere più bizzarre e controverse di Peter Milligan, il geniale autore di Shade: I Divoratori! Seguite le vicende di una famigliola americana non tanto tipica, caratterizzata da… inquietanti abitudini alimentari!
Vertigo Classic n. 3 – I Divoratori
Autori: Peter Milligan (testi), Dean Ormston, Eduardo Risso, Duncan Fegredo, Sylvain Savoia (disegni)
Casa Editrice: RW-Lion
Provenienza: USA
Genere: grottesco
Prezzo: € 10,95, 16,8 x 25,7, pp. 96, col.
Data di pubblicazione: marzo 2012
Peter Milligan appartiene a quella schiera di scrittori britannici che hanno svecchiato e innovato i fumetti americani e basta leggere buona parte della sua produzione DC e Marvel per accorgersene. Dopo aver esordito negli Stati Uniti con la miniserie Skreemer, Peter ottenne successo di pubblico e critica con Shade The Changing Man, serial che riproponeva in chiave trasgressiva e adulta un supereroe inventato negli anni settanta da Steve Ditko. Nel giro di poco tempo, il comic-book divenne un cult nonché uno dei mensili di punta della divisione Vertigo, al pari di Sandman, Animal Man ed Hellblazer.
Nelle storie di Shade Milligan analizzò in maniera impietosa e sarcastica le contraddizioni e le storture della società statunitense e, ogni volta che gli è stato possibile, è tornato sull’argomento. È il caso, per esempio, de I Divoratori, one-shot Vertigo originariamente intitolato The Eaters e che ben rappresenta il lato trasgressivo e iconoclasta della sua ispirazione.
Milligan si concentra su una tipica famigliola americana: il padre è autorevole, attento ai valori morali e strenuo sostenitore del capitalismo e dello stile di vita USA; la madre la classica casalinga servizievole e amorosa che sembra uscita da un’illustrazione di Norman Rockwell; il figlio un ragazzino che ha un debole per il pugilato; e la figlia una bellissima ragazza, propensa a farsi sedurre da ragazzi biondi, muscolosi, non troppo intelligenti e dotati di ottime capacità amatorie.
Tutto normale, quindi? Più o meno. Il nucleo famigliare in questione, infatti, ha una peculiare caratteristica legata alle abitudini alimentari. I suoi componenti si cibano di carne umana. Sono, in poche parole, cannibali; ma non si considerano criminali; meno che mai depravati. Anzi, si reputano giusti e onesti, fedeli a una rigida lettura della Bibbia e ad una personale interpretazione del concetto di Eucarestia. Cittadini responsabili, insomma: ligi alle regole e integrati nella società capitalistica dominante.
Milligan fa un’incisiva satira della realtà contemporanea, delineando il ritratto di una nazione ossessionata dal mercato e dal successo e condizionata dal sistema mediatico, utilizzando la metafora del cannibalismo per evidenziare le brutture dell’American Way of Life. E il paese da lui descritto è dominato da politici corrotti, giornalisti televisivi cinici e spietati, dipendenti di compagnie commerciali desiderosi di guadagno. E non mancano le tematiche eversive e non mi riferisco solo al cannibalismo ma anche all’incesto.
È evidente l’influsso della comicità grottesca dei Monty Python ma l’autore si collega pure alle suggestioni horror, benché mediate da una costante ironia che alleggerisce i momenti più crudi, e nel complesso Eaters non lascia indifferenti. Milligan, inoltre, dimostra abilità nei dialoghi irriverenti, spiazzanti e inclassificabili, al punto che non si sa se prenderli sul serio o considerarli una presa in giro di certe farsesche sit-com con una dose abbondante di umorismo nero.
Alle matite c’è Dean Ormston che qualcuno ricorderà per Lucifer. Il penciler fa un buon lavoro, caratterizzando in modo egregio i personaggi e costruendo in maniera inventiva le tavole. Il volume è poi corredato da brevi storie, sempre scritte da Milligan e pubblicate su vari mensili antologici della Vertigo. E Peter rivela una fantasia poco convenzionale, inserendo strani individui (donne che vivono love story immaginarie con poeti defunti; anziani tormentati dal ricordo della guerra che compiono atti discutibili ai danni di teppisti; maschi frustrati che vivono fantasie alla John Wayne; amici che non riescono a distinguere la realtà dall’immaginazione) in contesti quotidiani e uggiosi, in linea con la narrativa British di Ian McEwan e Hanif Kureishi. E la parte grafica è valida, considerando che ad illustrare le back-up stories c’è gente del calibro di Eduardo Risso, Duncan Fegredo e Sylvaine Savoia. In poche parole, l’albo è di qualità e non dispiacerà ai fan di Milligan e della Vertigo.