Martin Mystère – Il Gatto che Usava il Computer | Recensione

Pubblicato il 28 Febbraio 2019 alle 16:00

Una raccolta che offre alcune delle più straordinarie e sorprendenti avventure del detective dell’impossibile.

Alfredo Castelli è il Rod Serling del fumetto italiano. Il creatore di Martin Mystère ha diversi punti in comune con l’autore della serie televisiva più seminale del ventesimo secolo, ovvero Ai Confini della Realtà. Entrambi hanno messo nelle loro creazioni un pezzo di sé stessi, cercando di spingere più in là il medium di riferimento utilizzato per la narrazione.

Le storie di Martin Mystère si caratterizzano per quel senso di avventura e d’ignoto, amore per la conoscenza e per ciò che ancora si fatica a conoscere, curiosità e mistero unite in un cocktail esplosivo. Quando Castelli propose il progetto di Martin Mystère a Sergio Bonelli in quei lontani primi anni Ottanta l’obiettivo iniziale era quello di creare un personaggio avventuroso, al pari di Tex, Zagor e Mister No. Ma Castelli, a mano a mano, conformò il detective dell’impossibile a sé stesso, rendendolo a sua immagine e somiglianza, incarnando in un fumetto tutto il proprio amore per scienza, conoscenza e mistero.

E l’ultima raccolta dedicata a Martin Mystère incarna al meglio queste caratteristiche del personaggio, e delle sue storie. In Il Gatto che Usava il Computer vengono presentati tre racconti, ognuno appartenente ad una decade diversa, uniti (soprattutto i primi due) da un filo conduttore.

In Una Storia di Natale (pubblicato per la prima volta nel 1990) il detective dell’impossibile ritrova fuori dalla porta di casa un neonato che sembra dimostrare un’intelligenza fuori dal comune per un essere della sua età. Questo racconto è strettamente correlato con la storia Il Gatto che Sapeva Leggere (pubblicato per la prima volta nel 2004), all’interno della quale Martin Mystère si mette a confronto con un felino capace di comprendere perfettamente le domande rivoltegli dalle persone (anche le più complicate), e di riuscirvi a rispondere. Queste due prime storie sono in continuità fra di loro, e risolvono definitivamente il caso del bambino dalle capacità cognitive sorprendenti.

L’ultimo racconto, intitolato Il Ritorno della Bestia (pubblicato nel 2010), mette un altro animale al centro del fumetto, anche se in questo caso si parla di un essere meno docile rispetto ad un gatto. La storia, ambientata nel Quebec, racconta di una bestia che si aggira tra i boschi, e che miete vittime su vittime tra gli abitanti della zona. Martin Mystère, assistito da Java, avrà il compito di comprendere cosa si nasconde dietro alla sanguinaria creatura.

Tutto il potenziale delle storie del detective dell’impossibile viene messo in evidenza in questa raccolta, che funge da mini-antologia per chi volesse approcciarsi per la prima volta al personaggio, oppure da volume di pregio in grado di arricchire la collezione degli amanti di Martin Mystère.

Alfredo Castelli ha un modo di narrare che forse non è nelle corde di tutti. Lo stesso autore si definisce verboso quasi quanto il suo stesso personaggio. Ma, nonostante il ritmo della narrazione venga a volte un po’ appesantito dalla prolissità di balloon e didascalie, le trame del maestro Castelli sono di un alto livello narrativo, capaci di attingere dal meglio della letteratura fantascientifica, horror e mistery.

Castelli è un monumento della letteratura e del fumetto italiano, uno di quei personaggi da preservare e dai quali imparare i segreti dell’arte narrativa. E ad accompagnarlo al meglio in queste storie ci sono i disegni Gino Vercelli, Franco Devescovi e degli  Esposito Bros. I primi riescono ad aderire ad uno stile classico che si rifà ai tempi della silver age, gli ultimi invece usano un tratto tondeggiante molto simile a quello di Magnus.

Il volume, come è tradizione nei fumetti di Martin Mystère, viene arricchito da un ampio apparato editoriale che racconta tutte le ispirazioni e gli spunti storici e documentaristici che hanno dato origine alle storie.

Gli amanti di Martin Mystère sono dei lettori curiosi, con tanta voglia di apprendere ed allo stesso tempo d’intrattenersi. E le storie del detective dell’impossibile riescono a insegnare, perché hanno sempre degli spunti storici ben definiti; a sorprendere, perché hanno un senso del fantastico capace di creare un certo sense of wonder; e d’interrogare, perché offrono sempre uno sguardo sulle ansie, i dubbi e le paure che ogni uomo pone nei confronti di sé stesso e di ciò che lo circonda.

Se si andassero a scandagliare queste tre tematiche all’interno della storia editoriale bonelliana si troverebbero i semi delle serie contemporanee più longeve della Sergio Bonelli Editore: Dampyr, Nathan Never e Dylan Dog. Questo tanto per far comprendere che l’importanza di Martyn Mystère e di Alfredo Castelli travalica la stessa serie, e va (così come Rod Serling insegna) fino ai confini della (nostra) realtà…letteraria.

 

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