God Country di Donny Cates e Geoff Shaw | Recensione

Pubblicato il 23 Febbraio 2019 alle 16:00

Panini Comics porta in Italia God Country, la mini-serie che ha consacrato Donny Cates come la “next big thing” del fumetto USA.

Arriva finalmente in Italia God Country, e grazie a Panini Comics, la mini-serie firmata da Donny Cates – autore ormai sulla bocca di tutti grazie al suo esplosivo lavoro in Marvel – e Geoff Shaw che lanciò definitivamente i due autori dopo alcune fruttuose collaborazione (The Paybacks, Buzzkill) che attirarono l’attenzione degli addetti ai lavori e dei lettori più attenti ma che mancavano di quella spinta commerciale e creativa che invece questa mini, targata Image, fornirò loro soprattutto di fronte al grande pubblico.

Texas. Emmet Quinlan ha l’alzaheimer, suo figlio Roy si trasferisce da Austin si trasferisce nuovamente nel deserto per accudire il padre incrinando il rapporto con la moglie Janey e la figlia piccola Deena. L’ennesima crisi dell’uomo infatti costringe Janey ad un decisione estrema: andare via. Quando però un improvviso tornado si abbatte sulla zona, Emmet riemerge dalle macerie della sua casa come un uomo perfettamente in sé… e dotato di una enorme spada abbatte una creatura dalle fattezze demoniache.

Chi è questo “nuovo” Emmet e che ruolo ha la spada in tutto questo?

Valofax, questo il nome della spada, spiega alla famiglia Quinlan la sua vera natura e come sta agendo su Emmet. Tuttavia la ritrovata pace sembra essere temporanea: un patheon di divinità provenienti da un altra dimensione reclama la spada ma Emmet non ha alcuna intenzione di cederla perdendo la sua sanità anche se questo significa scendere letteralmente all’inferno per salvare la sua nipotina.

Circa due anni fa sentivo parlare per la prima volta di questo eclettico ragazzo del Texas, tale Donny Cates e a scatola chiusa acquistai il volume americano di God Country spinto da recensioni e pareri entusiasti. Il rischio fu ripagato in maniera strepitosa. Poi Cates ha firmato in esclusiva per la Marvel, non senza qualche gustoso retroscena, e il grande pubblico si è decisamente accorto di lui, ma questo, come si dice in questi casi, è un’altra storia. Come mai la mini-serie che lo ha consacrato arrivi con un po’ di ritardo in Italia è un mistero quello che importa è che sia arrivata.

God Country è una storia che unisce una certa sensibilità southern con l’epicità cosmica dell’epopea del Quarto Mondo di Kirby – non a caso c’è anche un vistoso easter-egg dedicato al Re.

Quello di Emmet e di suo figlio Roy è senza ombra di dubbio un dramma famigliare in cui si intrecciano i sensi di colpa del figlio, la crisi con la moglie Janey e soprattutto l’incomunicabilità fra padre e figlio che viene prima amplificata dalla terribile malattia del primo e poi viene fatta deflagrare dall’elemento “di rottura” rappresentato dalla spada.

E’ proprio l’elemento fantastico/epico a generare un corto circuito incredibile in cui gli dei si fanno uomini – con tanto di chiacchierate sul portico della sgangherata dimora dei Quinlan – mentre gli uomini si fanno dei rifiutando di obbedire a leggi “divine” e precetti cosmici.

La sensibilità southern di cui parlavo poco sopra però non si esplica solo nel rapporto schivo fra padre e figlio ma soprattutto nel personaggio di Emmet che, rifiutandosi di “restituire” la spada, dimostra tutta la sua tenacia, il suo attaccamento alla vita e a quello che lui stesso definisce i connotati necessari per potersi definire un uomo – ricordare il suo nome e il volto di sua moglie – lasciando così, con l’epica battaglia finale e il drammatico confronto con Roy, un solco indelebile nelle vite di chi l’ha circondato ma non perché abbia salvato il mondo quanto perché ha salvato il suo di mondo. Concetto “semplice” per quanto astratto ma che senz’altro troverà maggior risonanza, come per altre opere del genere basta citare nuovamente Southern Bastard, per chi condivide radici del sud, di qualunque sud si tratti.

Ad accompagnare Cates c’è Geoff Shaw il cui lavoro è perfetto riuscendo a catturare, grazie ad uno stile fortemente impressionista e ad un tratteggio fitto e particolarmente attento all’uso del chiaroscuro, le atmosfere sospese di una storia che viaggia a metà fra registro drammatico/quotidiano e fantastico. L’impostazione della tavola è ordinatissima, prediligendo riquadri orizzontali, che, quasi a voler fare eco con un certo cinema western tradizionale, allargano la visuale sul deserto texano prima e su mondi fantastici poi; il disegnatore non rinuncia però alla spettacolarità con plastiche scene d’azione e splash-pages.

Il volume cartonato confezionato da Panini Comics è davvero lussuoso anche grazie alle dimensioni leggermente più grandi dello standard evidenziando come anche l’editore modenese voglia coccolare l’autore texano. La cura carto-tecnica è impeccabile da segnalare solo qualche passaggio troppo “imballato” nella traduzione dei primi due capitoli in cui la traduttrice impiega qualche dialogo per trovare il giusto registro, nulla che comunque infici la lettura. Il volume infine è corredato da una puntuale introduzione firmata da Aurelio Pasini, da un corposa gallery di copertine variant e studi e bozzetti del disegnatore Geoff Shaw.

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