Mercurio Loi – Il Piccolo Palcoscenico | Recensione

Pubblicato il 18 Febbraio 2019 alle 14:00

Arriva in libreria e fumetteria il secondo cartonato di Mercurio Loi con due storie sospese tra sogno e realtà, dramma e commedia, in un nuovo avvincente viaggio nell’Italia pontificia del XIX secolo.

Nel primo volume cartonato – intitolato La Roma dei Pazzi – avevamo reincontrato, dopo l’avventura introduttiva apparsa su Le Storie 28 e successivamente ristampata in volume, Mercurio Loi. Professore, perdigiorno, filosofo, ma soprattutto curioso. Nella Roma papalina di metà ‘800 Mercurio ama risolvere misteri e riflettere sull’esistenza, nel primo volume aveva affrontato – affiancato da Ottone, suo giovane aiutante e fervente carbonaro –  la sua “nemesi” il geniale e perfidio Tarcisio che voleva far sprofondare la città nel caos grazie ad una elaborata rete criminale. Successivamente era stata la volta del bizzarro Contrappasso, un criminale che, nei giorni del carnevale, stava seminando il panico tra la popolazione con delitti che rispecchiavano la legge dantesca.

In questo secondo cartonato intitolato Il Piccolo Palcoscenico – in cui vengono raccolti gli episodi 3 e 4 della serie regolare – il Professor Loi dovrà risolvere due misteri di natura relativamente poco criminosa ma senz’altro non meno avvincenti.

Nella prima storia, che dà il nome al volume, Mercurio incontra il burattinaio Augusto intento a costruire un burattino ispirato nelle fattezze proprio a lui. Man mano che il burattinaio aggiungere dettagli al burattino perfezionandone le movenze però Mercurio sembrerà di colpo perdere tutte le sue capacità deduttive. Molto grave se Mercurio deve indagare su una serie di furti oltre che badare alla ricerca di un nuovo domestico.

Quando però verrà rivelata la vera identità del burattinaio nonché la natura dei furti, le capacità di Mercurio sembreranno magicamente tornare.

Nella seconda storia, invece, intitolata Il Cuoco Mascherato, Mercurio accetta una sfida su uno dei suoi terreni preferiti: il cibo. Assaggiare i piatti di un misterioso cuoco che non si mostra e non mostra la preparazione dei suoi piatti. Quando un ingrediente della trippa al sugo sfugge al professore inizierà una incredibile caccia all’ingrediente sullo sfondo di una visione angelica di una ragazza dai lunghissimi capelli biondi.

Come un amaro regalo d’addio – ricordiamo che Mercurio Loi chiuderà la sua corsa in edicola con il numero 16 previsto a marzo – arriva in libreria e fumetteria il secondo volume cartonato che raccoglie quelli che ad oggi, e assolutamente a parere di chi vi scrive, non solo sono le due storie migliori del personaggio creato da Alessandro Bilotta ma riescono anche ad incarnare pregi e difetti di una serie di cui si è spesso discusso fuori dai canoni usuali del fumetto popolare italiano e chiamando in causa anche le strategie commerciali ed editoriali della Sergio Bonelli Editore.

Il perché è presto detto: sono due storie che non hanno una fine. Non perché abbiano un finale aperto ma perché da un lato la scomparsa delle capacità di Mercurio e dall’altra l’identità del cuoco mascherato non vengono risolte, non viene cioè rispettato un percorso narrativo “comune” che vuole nella risoluzione dell’intreccio la sua cifra narrativa e talvolta stilistica prediletta.

I perni su cui ruotano le storie infatti sono meri espedienti per riflessioni più ampie. Nel prima storia Bilotta intreccia – nel senso più puro del termine – diversi filoni narrativi che si incastrano in apparentemente semplice sistema di scatole cinesi e si esplicano in due passaggi cruciali “i racconti influenzano la vita e viceversa” e “non si pensa mai alle cose che si danno per scontate… solo quelle che non abbiamo ci fanno tribolare”.

Cos’è allora una Idea? E’ un Ideale – come quello rincorso da Ottone e dalla sua Carboneria e che si traduce nel divieto papale agli spettacoli di burattini – ma è anche Creativa cioè plasma ed influenza il mondo. Che in qualche Mercurio si sia fatto semplicemente “influenzare” dalla figura di Augustino e dal suo burattino?

Bilotta poi innesta sapientemente una riflessione su tutto il medium fumetto accostandolo giustamente al teatro, mostrandone il carattere radicalmente diverso da cinema e televisione, ovvero sottolineando quella dimensione propria, personale e “chiusa” che necessità di estrema partecipazione e sincreticità per trovare senso ancora prima che senso compiuto.

Quest’ultima riflessione collega idealmente le due storie del volume. Premesso che nel corso della storia l’importanza di scoprire l’identità del cuoco viene soppiantata da quella di trovare gli ingredienti segreti della trippa, il nucleo tematico della storia è senza ombra di dubbio il concetto di razionalità inteso qui come “dare senso” ad una serie di ingredienti che compongono una ricetta prima e un prelibato piatto poi. La somma è davvero più importante delle singole parti in definitiva?

In queste due avventure – che forniscono più domande che risposte – Bilotta poi trova due compagni di viaggio davvero eccezionali ovvero Onofrio Catacchio e Sergio Gerasi.

L’approccio dei due disegnatori è simile con risultati differenti eppure ugualmente efficaci. Catacchio, più classico nel tratto, predilige un approccio più espressionista in cui è evidente il richiamo del grande Magnus scelta azzeccatissima per una storia che fa dell’equivoco, del teatro e dell’apparenza le sue spinte narrative. Gerasi invece è più attento al tratteggio e ha un approccio più realistico accompagnando idealmente la “scientificità” con cui Mercurio si approccia alla cucina.

Le matite dei due vengono poi esaltate dal lavoro dei coloristi Erika Bendazzoli – che distente i colori della sua paletta vibrante in maniera omogenea – e Andrea Meloni – più attento alle sfumature e dai colori più “smorzati” ed “autunnali” che si sposano benissimo con i colori delle cucine dell’epoca con il legno e il ferro a farla da padrone e delle pietanze ricche di rossi della cucina romana.

L’edizione cartonata, lussuosa, esalta le due storie. La cura carto-tecnica della Sergio Bonelli Editore è come sempre eccellente così come la resa grafica. Le introduzioni firmate dall’autore e già presenti negli albi da edicola vengono ampliate fornendo un corposo apparato redazionale che, travalicando la funzione meramente introduttiva delle storie, offrono sempre spunti di riflessione tanto pungenti quanto pregnanti.

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