Star Trek: Discovery 2×04 – An Obol for Charon | Recensione

Pubblicato il 8 Febbraio 2019 alle 20:00

Sulle tracce di Spock, la Discovery viene attirata da un planetoide che manda in tilt i suoi sistemi. Il fungo che aveva infettato Tilly invece rivela la sua vera natura.

L’episodio della scorsa settimana di Star Trek: Discovery – la nostra recensione QUI – era stato un perfetto raccordo fra i temi della prima stagione e le “intenzioni” di questa seconda. Da un lato le influenze della serie classica dei primi due episodi si erano “scontrati” con quelle più belligeranti e politiche della prima stagione fornendo così diversi, possibili, percorsi narrativi per la prosecuzione della stagione che di fatto deve entrare ancora nel vivo.

L’episodio di questa settimana, intitolato An Obol for Charon, Pike riceve da Numero Uno – la sua prima ufficiale della Enterprise – nuove informazioni su Spock. Se nell’episodio precedente avevamo scoperto che il vulcaniano aveva tracciato con largo anticipo la posizione delle distorsioni, avevamo anche scoperto che dopo essere stato ricoverato in un istituto psichiatrico dal quale era fuggito uccidendo tre persone. Pike ha però ora la rotta di Spock e comunica a Burnham la volontà di mettersi all’inseguimento.

La Discovery però viene attirata fuori dalla curvatura da un planetoide, apparentemente senziente, che manda in tilt i sistemi della nave. Questa situazione permette al fungo che aveva attaccato Tilly di liberarsi e cercare nuovamente di legarsi alla sua ospite mentre non è solo la tecnologia ad essere influenzata dal planetoide. Saru infatti confessa di avere tutti i sintomi di una malattia mortale per la sua specie.

Sembra quindi di vitale importanza liberarsi dalla sfera gravitazionale del planetoide. La condizione di Tilly sembra essere la chiave: Stamets infatti vuole mettersi in contatto con il fugo per capire cosa realmente vuole e Burnham decide di utilizzare la stessa soluzione per comunicare con il planetoide che emette una persistente vibrazione di fondo.

Mentre Burham e Saru comprendo che il planetoide vuole solo trasferire i suoi dati alla Discovery prima di morire, Stamets apprende la verità sul fungo chiaramente collegata alle spore.

Mentre Saru lotta fra la vita e la morte scoprendo una inquietante verità sulla sua specie, Tilly viene “rapita”.

Con An Obol for Charon si ritorna nettamente alle atmosfere classiche filtrate però da una prospettiva decisamente “cinematografica”. Lo svolgimento dell’episodio, supporto da una regia precisa e molto “tradizionale”, ricorda proprio gli schemi usuali degli episodio della Serie Classica concentrandosi molto su Burnham e mettendola in contrasto, forse apertamente per la prima volta, con Pike.

Il gioco delle parti fra i due viene bilanciato poi da Saru, pretesto per inserire una forte componente drama per tutto l’episodio il cui climax sul finale però è forse un po’ troppo prolungato perdendo di reale efficacia.

Quello che invece durante i precedenti tre episodi sembrava un filone narrativo ormai arido, ovvero quello delle spore, viene riproposto e rivitalizzato con un twist totalmente sci-fi che potrebbe fornire alla Discovery, e alla serie, davvero una frontiera estrema dell’esplorazione.

E’ evidente come Star Trek: Discovery stia crescendo, con una curva evidentemente meno spettacolare della precedente stagione ma non per questo meno solida ed efficace. Gli ultimi due episodi inoltre hanno dimostrato non solo di poter fondere anima diametralmente ma anche di poter viaggiare lungo il filo conduttore della scomparsa di Spock resta quindi da vedere quanto e come il tutto verrà amalgamato.

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