Adrian Quarta Serata | Recensione

Pubblicato il 5 Febbraio 2019 alle 14:15

Adrian, scritta (insieme a Vincenzo Cerami e alcuni ragazzi della scuola Holden di Alessandro Baricco) e diretta da Adriano Celentano, con i disegni di  Milo Manara e le musiche di Nicola Piovani, sbarca su Canale 5 portando alla ribalta temi sociali in un’avventura animata.

Dopo le prime tre serate ( di cui potete leggere le recensioni, QUI PER LA PRIMA SERATA,  QUI PER LA SECONDA SERATA e QUI PER LA TERZA SERATA) continua la storia dell’orologiaio Adrian su Canale 5. Constatata ormai la non proprio impeccabile realizzazione tecnica dell’animazione (sempre meno fastidiosa episodio dopo episodio, seppur oggettivamente non sufficiente) e un cast di doppiatori, invece, di grande livello, sono le tematiche portate dalla storia che spiccano: dopo aver introdotto concetti di grande caratura morale quali la rivoluzione contro il potere in nome di libertà e bellezza, l’emarginazione e la lotta contro la violenza sulle donne, nella terza serata è stata evidenziata la caratteristica troppo frequente della massa ad idolatrare la “personalità” di turno.

Come abbiamo visto infatti, l’identità del misterioso orologiaio è stata finalmente svelata a tutti i milanesi: grazie all’aiuto dei due agenti del governo Orso e Carbone, da tempo ormai sulle sue tracce e due dei pochi ad averlo visto al concerto, Adrian riesce a camuffarsi e a presentare come l’orologiaio un vecchio gobbo di nome Darian. Con un volto e un nome, l’amore per l’orologiaio Darian aumenta, con le persone che non fanno che ammirarlo in televisione e aspettarlo ad ogni ora del giorno fuori casa sua per poterlo incontrare. In quest’estasi totale verso la celebrità di turno, Gilda (non sapendo chi in realtà sia Darian) diventa sempre più sospettosa nei confronti di quello che lei crede un usurpatore del vero orologiaio (cioè Adrian) e rischia di cacciarsi nei guai tentando, inutilmente, di mettere in guardia le persone da questa “marionetta”, secondo lei, del regime.

TERRORISMO ARTISTICO

La fama di Darian mette alle strette il Governo dei Saggi che, per manipolare a suo vantaggio la situazione, decide di offrire all’orologiaio cinque minuti sul primo canale nazionale. Darian accetta, ma invece di effettuare la diretta in studio si fa seguire da un’altra emittente televisiva, spostando l’attenzione sulla gente, l’unica capace veramente di cambiare le cose. E, in nome della bellezza dell’arte da anni ormai coperta da pannelli pubblicitari, cominceranno a sollevarsi sommosse popolari in tutta Italia per riacquistare l’opportunità di ammirare le meraviglie artistiche del Bel Paese. Questi movimenti però, non possono che intralciare i piani del Dissanguatore, sempre coinvolto nella speculazione edilizia…la situazione richiede un intervento deciso e così, il capo della Mafia, decide di intervenire violentemente seminando falsità e distorcendo la protesta iniziata dall’orologiaio, creando caos e disordini che il regime non ha nessuna intenzione di sedare.

Così come i comuni cittadini si troveranno gli uni di fronte agli altri (per la gioia del governo che, in questo modo, si rende necessario e unico garante dell’ordine e, di conseguenza, rafforza il suo totale controllo sulla popolazione) il tema portante di questa quarta serata mette l’arte e la civilizzazione capitalista una di fronte all’altra: in una società imprigionata nella macchina del consumismo sfrenato, dove i centri commerciali vengono ammirati come fossero cattedrali, si perde il senso della bellezza dell’arte che non risponde alle regole del commercio, quanto piuttosto mira ad interrogare il fruitore in un rapporto sensibile che supera i limiti del reale. Adrian porta avanti quindi, in questa quarta serata, quell’analisi continua di temi che, tutt’ora, fanno discutere e dividere noi esseri umani; da constatare, stavolta totalmente fuori luogo, la presenza ingombrante della figura di Celentano stesso, che entra nella trama forzatamente (al contrario di quanto avviene con le canzoni invece, fino ad ora sempre calzanti) come personaggio storico rischiando di accentrare (infastidendolo) la visuale dello spettatore più sulla sua persona che sull’importante conflitto presentato durante la serata.

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