Marvel’s The Punisher Stagione 2: una storia di redenzione | Recensione
Pubblicato il 4 Febbraio 2019 alle 18:00
Una stagione dedicata alla redenzione di tutti i personaggi compreso il Punitore di Jon Bernthal.
Sono tutti in cerca di redenzione nella seconda stagione di Marvel’s The Punisher, lo spin-off dedicato al Punitore di Jon Bernthal nato da una costola di Daredevil su Netflix.
Per primo lui, Frank Castle, che come dice lui stesso all’amico Curtis, non appena prova a non cercare guai o ad assaporare un barlume di normalità, sono i guai a trovare lui. Deve vivere col rimorso di non aver ucciso il migliore amico Billy Russo quando ne ha avuto l’occasione, dato che l’ex amico è miracolosamente sopravvissuto al coma con una faccia piena di tagli (Jigsaw) e una mente incasinata con un’amnesia che sembra sincera e tutt’altro che temporanea. In più Frank istintivamente aiuta una ragazza sedicenne e si trova invischiato in un gioco ben più grande di lui.
Billy Russo è invece costretto a fare i conti con le scelte discutibili che ha fatto e gli atti orribili che ha commesso. Il vero problema è che glielo ricordano tutti costantemente ma è lui a non ricordare e a dover vivere con le conseguenze. Sarà Krista, la psicologa che lo prende in cura in ospedale e poi inizia un rapporto morboso e anomalo con lui, quasi di co-dipendenza, ad aprire una breccia nel suo cuore e a dargli speranza per il futuro.
L’agente dell’Homeland Dinah Madani dal canto suo cerca la redenzione per non aver ucciso Russo, ma soprattutto per non essersi accorta del suo doppiogioco e che la stava usando, causando la morte di molti suoi colleghi. Deve fare una scelta e anche se usa Castle per far uccidere Russo “per procura”, il senso di colpa e di giustizia del giuramento che ha fatto col proprio lavoro non la lasciano mai.
Rachel… pardon Amy (Giorgia Whigham). La new entry sedicenne di cui sopra cerca pace e perdono, anche se mente costantemente per paura. Ha visto morire tutti i propri amici nella camera di un motel ben lontano da New York, dopo essersi invischiati in un gioco pericoloso.
A proposito di miracoli, anche la new entry John Pilgrim (Josh Stewart), quasi un Preacher ben più timorato di Dio e pericoloso, ha un rapporto morboso con la fede in relazione anche alla malattia che sta consumando la moglie a casa, e sembrare cercare disperatamente la redenzione per lei.
Attraverso Russo e la banda di ex soldati che mette in piedi per rapinare banche, torna il tema dell’homecoming già affrontato nel ciclo inaugurale e nella serie omonima del concorrente Amazon. Cosa aspetta i soldati una volta tornati e cosa sono disposti a fare per sentirsi davvero “a casa” e per mettere a frutto l’addestramento militare?
L’altro tema portante, legato al concetto di redenzione, è la religione. Ognuno dei personaggi ha il proprio Dio con cui fare i conti a fine giornata, Russo e Madami sono sopravvissuti per miracolo e Pilgrim e la sua “setta” hanno un legame molto forte con la Fede.
Tutte le strade portano a New York per i protagonisti. La seconda stagione di Marvel’s The Punisher, prediligendo l’aspetto psicologico a quello che fa vedere il sangue – che pur non manca nei nuovi episodi – sembra voler chiudere tutte le storyline, in modo un po’ ridondante e ripetitivo, in vista della probabile cancellazione del telefilm date le recenti decisioni di Netflix.