Royal City 3 di Jeff Lemire | Recensione

Pubblicato il 25 Gennaio 2019 alle 11:00

Si conclude con questo terzo volume Royal City, ambizioso progetto di Jeff Lemire. Scopriremo finalmente la verità sul morte di Tommy? e cosa ne sarà invece del resto della famiglia Pike nel presente?

Dopo aver concluso Descender – epopea sci-fi pubblicata sempre da BAO Publishing, cliccate QUI per le nostre recensioni – e continuando a portare avanti in maniera strepitosa Black Hammer – sempre edita da BAO, cliccate QUI per le nostre recensioni – Jeff Lemire conclude quello che è stato negli ultimi anni il suo lavoro più intimo ovvero Royal City con il terzo ed ultimo volume.

Nel precedente volume avevamo fatto un tuffo nel passato, nel 1993 per la precisione, e avevamo finalmente conosciuto Tommy, il minore dei fratelli Pike, morto in circostanze misteriose e vero e proprio “pomo della discordia” per la famiglia Pike, famiglia disfunzionale riunitasi per stringersi intorno al capofamiglia costretto in un letto d’ospedale.

Il tuffo nel passato ci aveva non solo fatto conoscere l’introverso Tommy ma anche tutto il resto della famiglia visti da un’angolazione ben diversa, meno “nevrotica” e filtrata soprattutto dallo sguardo dello stesso Tommy che aveva evidenziato la solitudine di ogni componente della famiglia. La finitezza poi, scoprendo forse di essere gravemente malato, aveva aperto Tommy, e con lui il lettore, ad un riflessione sullo sfondo di una inadeguatezza grunge che aveva soverchiato quello positivo e glitterato degli anni ’80 tipico della provincia americana.

Il secondo volume si concludeva quindi con il risveglio del patriarca Pike, episodio che apre questo terzo volume e indirettamente riunisce tutti i membri della famiglia costringendoli ad affrontare i propri demoni.

Il flashback sulla morte di Tommy si dissolve infatti in un presente in cui Tara e Richard affrontano il problemi di debiti e di dipendenza del secondo, i genitori Peter e Patti si confessano vicendevolmente i “peccati” durati 25 anni cioè sin dalla morte di Tommy e Patrick che, ricongiuntosi con la moglie, confessa la vera natura dell’ispirazione del suo primo ed unico libro di successo ma soprattutto il vero collante è l’ingresso in scena di Olive, nipote la cui provenienza spiazzerà tutti.

Il confronto, forte di questa new entry in famiglia, allontana forse il fantasma di Tommy ma non il suo ricordo sempre vivo nella famiglia Pike che però sembra essersi ritrovata aprendosi ad un nuovo inizio.

Jeff Lemire conclude il suo romanzo generazionale bilanciando perfettamente la componente magico-realistica di lavori come Il Saldatore Subacqueo con quella intimista di Essex County e Cani Sciolti in un opera ambiziosa che, pur risultando perfettamente coerente, avrebbe meritato sicuramente qualche episodio in più per svilupparsi in maniera più organica.

E’ però evidente anche come ad un certo punto della stesura di questa serie l’autore canadese abbia definitivamente maturato quella che era la riflessione sottesa all’opera stessa.

Se dal punto di vista formale l’idea di fondere il romanzo generazionale, la serialità televisiva e quella dei comics trovano compimento nella coerenza citata poco sopra, ed in un finale piuttosto chiuso anche per gli standard della narrativa attuale di qualsivoglia forma, dall’altro l’immagine della fabbrica che viene abbattuta e l’idea della “leggerezza” con cui i protagonisti possono finalmente riprendere le loro vite mescola malinconia ma anche una certa dose di positività dove il passato contribuisce a formarci ma non può definirci.

Ed è forse questa la vera lezione che con Royal City Lemire impartisce al lettore non senza prima strappargli qualche momento davvero devastante vedasi il walkman di Tommy ripreso da Olive.

E’ una sintesi perfetta fra i primi due volumi anche la parte grafica in cui il tratto sempre riconoscibile di Lemire adotta inedite soluzioni con riquadri più ampi e molte splash-pages dove la colorazione, sempre all’acquerello, fonde colori più accesi – i rossi e i verdi – mentre i grigi vengono utilizzati per sequenza oniriche e flashback.

Il volume è il cartonato divenuto formato prediletto da BAO Publishing per le opere di Jeff Lemire e che si contraddistingue oltre che per l’ottima resa di stampa e l’impeccabile traduzione di Leonardo Favia anche per un ottimo rapporto qualità-prezzo.

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