Jump Force e la storia di Weekly Shonen Jump

Pubblicato il 1 Febbraio 2019 alle 11:00

Il videogioco di prossima uscita Jump Force celebra il cinquantesimo anniversario della rivista Weekly Shonen Jump di Shueisha, anche conosciuta semplicemente come Jump, probabilmente la più celebre delle riviste di manga pubblicate in Giappone.

La rivista, come indicato dal nome stesso (shonen), è dedicata ai ragazzi e gode di edizioni anche nel Mondo occidentale, grazie a Viz Media. Come tutto il fenomeno manga in generale, Jump affonda le sue radici in una tradizione secolare, che ha fatto dell’immagine uno dei segni di espressione della cultura giapponese e che si fonde anche con la tradizione religiosa del Paese.

La storia delle riviste di manga in Giappone, se si vuole considerare il passato più recente, ha i suoi diretti predecessori già nelle riviste con illustrazioni come Japan Punch e Nihon Boeki Shinbun dell’era Meiji (1868-1912), che costituirono grazie alla stampa i primi mezzi di comunicazione di massa. Ma si tratta ancora di illustrazioni singole, che verranno soppiantate presto da Rakuten Kitazawa, che pubblicherà nel 1902 la prima striscia a fumetti giapponese.

Solo nel 1914 avremo le prime riviste di manga propriamente dette, ma rivolte ai più piccoli, e questo grazie a Kodansha, la più grande casa editrice del Giappone, che lancia i mensili Shonen Club (1914) e poi Shojo Club, nel 1923, e, infine, Yonen Club, nel 1926; tuttavia questi primi esperimenti, poiché appunto rivolti a bambini e per questo comprate dai loro genitori, contengono molti elementi pedagogici ed articoli rassicuranti. La Seconda Guerra Mondiale decreterà  la fine di questi primi esemplari, che tuttavia hanno già  messo in atto la caratteristica che farà la fortuna del manga moderno: la diffusione di massa.

Nel 1946, dopo la fine della guerra, in un Giappone distrutto, Kodansha riesuma le sue riviste prebelliche. Ma anche le altre case editrici, fiutando un mercato florido, decidono di tentare in questo settore favorito dal boom delle nascite e Shueisha lancia finalmente Omoshiro Book negli anni immediatamente successivi. Anche qui abbiamo un passo ulteriore rispetto ai loro predecessori: si sviluppa lo story manga, in cui gli autori creano storie caratterizzate da episodi che non sono più indipendenti, ma concatenati, permettendo sceneggiature più complesse.

Una ulteriore fondamentale tappa è avvenuta nel 1956, quando i bambini del baby boom arrivano alla scuola media e Shogakukan crea le prime riviste settimanali, presto seguita da Kondansha: Shonen Sunday e Shonen Magazine avevano segnato una tappa fondamentale nella creazione di Jump.

Nel 1968, un lunedì non qualunque, nasce finalmente Shonen Jump, la rivista (all’inizio bisettimanale) che batterà  tutte le altre per vendite e fama. Il periodo in cui nasce è favorevole, perché è il periodo della contestazione studentesca  (che tuttavia in Giappone si concluderà con pochi risultati) e il manga non viene sottoposto a censure di alcuna misura; è su Shoenn Jump che Go Nagai pubblica per ben 4 anni il suo Harenchi Gakuen (La scuola senza pudore, in Italia per J-POP) o Joji Akiyama pubblica Ashura, che verrà  però presto boicottato da associazioni di genitori e insegnanti.

Gli anni Sessanta videro anche il legarsi dei manga alle produzioni televisive e al merchandising: questo porterà le riviste a crescere esponenzialmente portando Shonen Jump ad avere il record assoluto di vendite, con 6 milioni 530 mila copie per il suo numero dell’ultima settimana di dicembre 1994, ma non prima di avere subito varie crisi di assestamento, come quella del 1971.

Ma sono per l’appunto crisi temporanee, almeno fino agli anni Novanta, che non inficiano una crescita costante che riesce ad adattarsi ai gusti dei lettori, che negli anni Ottanta hanno ormai dimenticato la ribellione e, come le riviste che voracemente leggono, si sono adattati ad una logica commerciale, che vede regnare Shonen Jump grazie al suo stretto collegamento con le versioni animate dei suoi personaggi più famosi, oltre che grazie agli OVA ed ai videogiochi.

Come detto è negli Anni Novanta che la crisi inizia a farsi sentire, con una contrazione delle vendite di oltre un terzo. Ma ancora il manga sembra riuscire a reinventarsi e le case editrici aumentano le riviste per non dover diminuire i profitti. Nel frattempo anche Jump negli anni si reinventa, con serie digitali, con le riviste gemelle Shonen Jump + e Jump LIVE e la forte diffusione nel mercato estero, che porta alla creazione di Viz Media.

Nel corso degli anni Shonen Jump ha pubblicato alcuni dei manga più famosi della storia, tra cui ricordiamo Kujira Daigo, Kochira-Kame, Dragon Ball, Saint Seiya, Naruto, Bleach, Death Note, One Piece, Hunter x Hunter, Capitan Tsubasa, Hokuto no Ken, Slam Dunk, Le bizzarre avventure di JoJo e My Hero Academia; serie note anche in Occidente, soprattutto grazie alle loro versioni animate.

Questo testimonia innanzitutto il prestigio della rivista, che è riuscita a raccogliere negli anni tra i migliori talenti del manga e ad indirizzarli nella creazione delle loro opere; basta considerare, ad esempio, Yu-Gi-Oh!, che all’inizio era una manga su giochi di intelligenza, mentre successivamente si è spostato a trattare del gioco di carte; senza dubbio l’influenza di un editor della casa editrice può aver fatto la differenza nello scegliere la strada giusta per un manga di successo (del resto la prima parte del manga è stata addirittura omessa nel creare una versione animata). In secondo luogo la rivista è riuscita sempre ad intercettare i gusti del suo pubblico di riferimento, anche adattandosi agli eventi del mondo reale, come quelli sportivi, pubblicando manga con varie tematiche ed ambientazioni, ma sempre rispondenti alla domanda che i lettori esprimevano attraverso i sondaggi.

Questo è evidentemente stato aiutato anche dal fatto che in Giappone il manga viene considerato una creazione commerciale e che non è inammissibile piegare gli autori alla volontà della casa editrice (anche se questo è vero soprattutto dagli Anni Novanta in poi, con la scomparsa dei grandi maestri), seppure con il rischio concreto (e verificatosi) di creare autori fotocopia.

La struttura di Jump è quella classica di ogni rivista, con una copertina dedicata di solito ad uno dei maggiori titoli; seguono varie pubblicità  legate ai suoi manga, le quali comunicano ai lettori le novità legate ai videogiochi ispirati ai titoli pubblicati. Successivamente iniziano finalmente i vari capitoli dei manga, anch’essi pubblicati su carta di bassa qualità, partendo dalla serie che si è guadagnata la copertina e che presenta anche delle pagine a colori.

Verso metà rivista ci sono le pagine dedicate alle versioni anime, particolarmente apprezzate in quanto forniscono informazioni circa la produzione di nuove serie, le date delle premiere delle serie più attese e notizie sui cantanti che interpretano le sigle e le colonne sonore presenti. Successivamente vengono date invece le informazioni riguardanti l’uscita in home video.

Infine si ha l’indice della rivista, con indicate le pagine extra. Nella pagina dell’indice ci sono anche dei commenti degli editor di Shonen Jump e spesso anche di alcuni mangaka. Dopo l’indice sono inserite alcune informazioni riguardanti i manga che saranno pubblicati la settimana successiva (per esempio one-shot o capitoli speciali) o le nuove serie in procinto di essere serializzate.

Se volete approfondire l’argomento, potete leggere Jean-Marie Bouissou, Il Manga – Storia e universi del fumetto giapponese, 2011, Tunué, e Brigitte Koyama-Richard, Mille anni di manga, 2007, Rizzoli.

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