Umbrella Academy – Dallas | Recensione

Pubblicato il 15 Gennaio 2019 alle 11:00

Ritornano le bizzarre avventure dei supereroi più “freak” mai visto: la Umbrella Academy del frontman dei My Chemical Romance Gerard Way.

Il movimento emo-punk-rock è ormai ampiamente storicizzato. E per quanto abbia lasciato nel decennio scorso una dose ingente di gruppi musicali commerciali e con poco spessore artistico, ci sono state alcune band piuttosto sottovalutate, sol perché risucchiate in quel calderone di eyeline e capelli stirati. Ed i My Chemical Romance ne sono un esempio. Il frontman di quella band, ascesa al successo a metà degli anni Duemila, era Gerard Way, oggi cantante solista, e soprattutto curatore dell’etichetta Young Animal per la DC Comics.

La follia creativa di Gerard Way e quel senso così umano, vivo ed empatico nei confronti dei freak ha reso i personaggi partoriti dalla sua mente creativa delle vere e proprie raffinatezze. Già alcuni video musicali dei My Chemical Romance (“Black Parade” su tutti) evidenziavano un senso del “weird” molto forte. Ma trasportare tutto questo nel mondo dei fumetti (dove alcune delle più grande menti creative di sempre avevano già creato nei decenni precedenti personaggi di fantasia memorabili) non era semplice. Ma Gerard Way ce l’ha fatta al primo colpo, grazie a Umbrella Academy, la cui prima miniserie intitolata “La Suite dell’Apocalisseha dato a lui ed al disegnatore co-creatore Gabriel Gabriel Bà un Eisner Award, oltre alla possibilità di cimentarsi con le storie della Doom Patrol  per la DC Comics.

E se la prima miniserie di Umbrella Academy ha colpito autori del livello di Grant Morrison e Neil Gaiman, quell’opera fumettistica così weird e sgangherata, nonostante il fascino e l’originalità (si trattava di una sorta di Watchmen per freak e reietti), presentava ancora alcuni segni di immaturità e imperfezione. La trama di base era interessante ma non originalissima: uno dei membri della Umbrella veniva raggirato da un villain, diventando egli stesso un nemico dei suoi stessi compagni di squadra. Si tratta di un tema trattato spesso in miriadi di narrazioni, e che per questo motivo aveva bisogno di una maggiore incisività. Ma colpiva comunque quella storia di base (con i sette supereroi allevati fin dalla nascita da Sir Reginald Hargreeves) zeppa di personaggi freak, cartooneschi ed affascinanti. E con quei disegni di Gabriel Bà, capaci di far trasudare fantasia e immaginazione ad ogni singola pagina.

Ma tutte quelle imperfezioni della prima miniserie di Umbrella Academy sono state decisamente superate da questo secondo volume, intitolato Dallas. Gerard Way in questo fumetto ha voluto intrecciare il peso della Storia, con le vicende originali dei membri del team. Dopo il rinsavimento di Vanya (ora degente in ospedale), ed il disgregamento della squadra, c’è un personaggio che rivestirà un ruolo cardine: stiamo parlando di Numero 5. Le sue grandi doti da killer verranno rivelate in queste nuove storie, e saranno necessarie per realizzare (tramite un viaggio nel tempo) o evitare (lo si capirà solo successivamente) quello che è l’omicidio più noto del Ventesimo Secolo: l’uccisione del Presidente John Fitzgerald Kennedy.

Ai membri dell’Umbrella Academy toccherà ancora una volta il compito di rivoltarsi contro un compagno, e componente del team, per ribaltare la situazione ed evitare una catastrofe globale.

Tutto ciò che può risultare straniante in “Dallas” riesce comunque ad avere una sua coerenza narrativa, e a divertire. Le vicende dei membri dell’Academy sono ottimamente amalgamate. La trama di base che ripercorre alcune tappe dell’omicidio di Kennedy viene interpolata in maniera più che originale con le vicende della squadra. E in mezzo ci sono apocalissi, testate nucleari pronte ad esplodere, vampiri, la Guerra del Vietnam, lotte contro Abraham Lincoln giganti, e chi più ne ha più ne metta.

Gerard Way riesce a raccontare tutto questo con molto più mestiere e maturità rispetto alla miniserie precedente. La sua capacità di base è quella di creare intrecci e narrazioni che apparentemente risultano sconnessi, uniti con tagli repentini e riagganci sorprendenti. Il tutto è portato avanti a ritmi forsennati, e con una capacità di condensare tante trame e sotto-trame in maniera divertente e divertita, caotica ma non confusionaria. Un caos sistematico dal quale Way esce fuori con una storia fuori di testa e godibilissima.

Il disegnatore ideale per rendere concrete le strambe visioni di Gerard Way è Gabriel Bà, capace con il suo stile cartoonesco di riempire la pagina di dettagli e di dinamicità.

Anche i colori di  Dave Stewart fanno il loro, donando una vivacità più che obbligata per una storia che ha bisogno di tanto colore.

Insomma, “Dallas” è solo il proseguimento di un percorso fatto di tanta fantasia, senso del bizzarro, e no-sense. Lo stesso Way nella postfazione ha definito questa una storia che incrocia Doctor Who con Ai Confini della Realtà, e ci verrebbe da dire anche con Dirk Gently.

Le storie della Umbrella Academy saranno ancora tante (Gerard Way ha infatti dichiarato che complessivamente ci saranno nove cicli narrativi), e questa fase di mezzo sarà probabilmente la più godibile. Non esiste autore e serie a fumetti capace di conciliare in una maniera così armonica un condensato d’idee totalmente disarmoniche, ed allo stesso tempo divertenti, grottesche, e totalmente fuori di testa.

In pieno stile punk-rock insomma.

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