X-Men Vitamorte – Grandi Tesori Marvel | Recensione
Pubblicato il 17 Dicembre 2018 alle 15:00
Panini Comics ripropone due storie degli X-Men entrate nella leggenda dei comics: Vitamorte! Non perdete una delle opere più profonde e intense del fumetto americano firmate da Chris Claremont e Barry Windsor-Smith!
Durante gli anni ottanta del cosiddetto Rinascimento Americano i lettori ebbero modo di scoprire autentici gioielli che si discostarono dalle convenzioni narrative e grafiche che in precedenza avevano caratterizzato il fumetto statunitense. Molti di questi lavori, tuttavia, furono pubblicati in miniserie o volumi appositi (vale perlomeno per case editrici come Marvel e DC e non tanto per le indipendenti). Per ciò che riguarda la Casa delle Idee, però, ci furono alcune importanti eccezioni.
Un’opera seminale come Born Again di Miller e Mazzucchelli, per esempio, fu pubblicata nel comic-book regolare di Devil. Una pietra miliare del calibro de L’Ultima Caccia di Kraven di J.M. De Matteis e Mike Zeck fu proposta nelle tre collane all’epoca dedicate all’Uomo Ragno. E sempre negli albi di Spidey la trasgressiva Ann Nocenti presentò un lavoro anti-convenzionale come Life in The Maddog Ward.
Vitamorte rientra pienamente nel discorso. Si tratta di una delle storie in assoluto più celebrate della lunga e gloriosa run di Uncanny X-Men firmata da Chris Claremont. In verità, Chris pubblicò un episodio con questo titolo nel n. 186 del mensile mutante, ma la storia suscitò un entusiasmo tale, sia da parte del pubblico che della critica, che lo stesso Chris si sentì stimolato a proporre un secondo capitolo nel n. 198 della medesima testata.
Benché le due storie siano inserite nella lunga e complessa story-line degli X-Men, sono comunque leggibili come episodi autonomi. Protagonista indiscussa è Tempesta, una delle X-Women più carismatiche e amate di sempre. Nei numeri precedenti ha perso i poteri e non è più in grado di controllare gli elementi. Ciò è accaduto a causa di un’arma creata dal mutante Forge. Quest’ultimo, tormentato dal senso di colpa e già sostanzialmente attratto da Ororo, la porta a casa sua, proponendosi di aiutarla.
La prima parte di Vitamorte, tranne alcune sequenze, ruota intorno a una lunga, struggente, emozionante conversazione tra Tempesta e Forge. Claremont ci presenta i personaggi nel loro momento più vulnerabile, in linea con il concetto di ‘supereroi con super problemi’ di Stan Lee. Nella sua versione, infatti, Tempesta non è più la donna invincibile e altera che le popolazioni africane reputavano una dea, ma una ragazza come tante, con le sue fragilità emotive. Forge, d’altro canto, non è semplicemente l’ideatore di congegni incredibili ma un uomo confuso, ossessionato dal rimorso e, in definitiva, fallibile.
In Vitamorte Claremont scrive alcuni dei suoi testi migliori (è rimasto celebre l’evocativo incipit: ‘C’era una volta una donna che sapeva volare’) e i dialoghi sono maturi, carichi di potenza espressiva, impensabili per un albo generalista degli anni ottanta. Il secondo capitolo è forse persino più sofisticato e coinvolgente. Anche stavolta Chris si concentra su Tempesta che, ancora priva di poteri, si è recata in Africa alla ricerca di sé stessa.
In questo caso, si trova in una situazione più difficile e buona parte della vicenda è basata su un lungo, angoscioso e inquietante delirio, con la presenza onirica degli X-Men che assumono una valenza spettrale.
L’autore svolge un’attenta e accurata analisi psicologica della donna, con risultati sorprendenti. Per giunta, affronta il tema della nascita e, in maniera indiretta, dell’aborto. Nell’episodio, infatti, una giovane africana dà alla luce suo figlio e questo dettaglio consente a Chris di scrivere testi di una bellezza travolgente che parecchi fan in America interpretarono in chiave anti-abortista (e altrettanti rifiutarono tale interpretazione).
Entrambe le storie sono illustrate dall’eccezionale Barry Windsor-Smith, lo straordinario artista di Conan The Barbarian, Weapon X e altri capolavori. I suoi disegni contribuirono al successo di Vitamorte. Le tavole sono caratterizzate da una grazia, un’eleganza e una raffinatezza assolute e, come è facile intuire, non mancano le influenze dello stile preraffaellita. Tempesta, specialmente nei primi piani, fa venire in mente certe figure femminili dei quadri di Rossetti o di Holman Hunt e ogni vignetta è impreziosita da un’attenzione nei confronti dei dettagli che ha dello sbalorditivo.
Nel capitolo ambientato in Africa Windsor-Smith si sbizzarrisce poi con un tripudio di colori e sfumature crepuscolari e cupe e delicati contributi pittorici che rendono il paesaggio ancestrale e selvaggio dell’entroterra africano a dir poco suggestivo. Insomma, se cercate un fumetto con testi profondi e disegni di qualità stratosferica, Vitamorte è ciò che fa per voi.