Un piccolo favore di Paul Feig | Recensione
Pubblicato il 10 Dicembre 2018 alle 20:00
Un Gone Girl più trash e tragicomico, condito da due buone interpretazioni con un’ottima chimica femminile.
Dopo le critiche dovute al remake al femminile di Ghostbusters e dopo anni di commedia al cinema (Le amiche della sposa) come in tv (The Office), Paul Feig decide di sperimentare se stesso e i suoi interpreti con un thriller. Se si guarda bene in realtà Feig continua a giocare in casa e, proprio come le protagoniste del suo nuovo film Un piccolo favore, nasconde sotto una patina di thriller agitato, non mescolato a mystery una commedia dal sapore trash e dalle tinte tragicomiche, tutta sulle spalle di due protagoniste femminili forti e determinate.
In una storia che vuole essere un Gone Girl – L’amore bugiardo meno autoriale, una giovane vlogger, Stephanie (Anna Kendrick), impacciata quanto determinata, decide di scoprire la verità dietro la misteriosa scomparsa della migliore amica, Emily (Blake Lively), dopo che quest’ultima le ha chiesto il piccolo favore del titolo, ovvero prenderle il figlio da scuola. Solo che passano cinque giorni e di Emily non v’è traccia: nessuno sa dove sia, nè il marito (Henry Golding) nè il capo della donna (un Rupert Friend totalmente diverso da come siamo abituati a vederlo in Homeland).
Le due giovani donne protagoniste, a testimoniare lo sguardo al femminile che catterizza i film di Feig, non potrebbero essere più diverse: Stephanie è rimasta vedova molto giovane, madre single e precisina, sempre composta e che cerca di compiacere tutti. Emily al contrario è sfuggente, attra proprio per questo, per prima proprio Stephanie. Emily è elegante, ricca, beve Martini durante il giorno, ed è avvolta da un velo di mistero che tiene tutti a distanza, tranne Stephanie, complici i figli che vogliono giocare insieme e fanno così conoscere le rispettive mamme, che diventano migliori amiche.
Tutto il film si regge sulle performance delle due giovani ma oramai affermate attrici, sul loro essere opposti che si attraggono, quasi la loro fosse una storia d’amore più che di amicizia, e sui personaggi che gravitano loro intorno ma restano nella nebbia, volutamente di contorno perché solo Stephanie ed Emily a dover risplendere in questa storia.
Quasi uno specchio delle due interpreti: Anna Kendrick è vista dal pubblico – anche grazie ai ruoli che ha interpretato – come la carina, simpatica e rassicurante ragazza della porta accanto, mentre Blake Lively è la femme fatale bionda e irraggiungibile. Sono anche due tipi di madri molto diverse ma sembrano amare i propri figli più di ogni altra cosa.
Un piccolo favore ha il principale difetto di eccedere nelle sue caratteristiche peculiari, al netto però di trovate interessanti sia nello sviluppo della trama sia nella struttura a matrioska della stessa. Lodevole soprattutto la prima parte, una sorta di gioco a specchio fra le due che quasi ci vorrebbe dire che è Stephanie quella torbida e misteriosa; e l’ultima parte, un continuo plot twist volto a stupire continuamente lo spettatore facendo il verso agli stilemi e alle caratteristiche del thriller.
Tutto però, soprattutto l’ultima parte, vira troppo sul trash, troppo sul lasciare il pubblico a bocca aperta, e fin dalla “sigla” iniziale si punta molto sull’estetica, la fotografia come gli outfit delle due protagoniste, caratteristica soprattutto di Emily ma poi anche di Stephanie. Il ritmo del film è l’altro aspetto che preme troppo sull’acceleratore, quasi ad avere fretta di arrivare al succo della storia, invece di centellinarlo. Il film diverte e propone battute anche irriverenti, ma non tutto funziona come dovrebbe. Come diceva Mary Poppins, che tra poco rivedremo al cinema, “il troppo stroppia”. E questa regola vale sempre.